Thuram: “Quando giocavo in Italia ricordo episodi di razzismo, non è stato fatto nulla. In Francia cose simili non accadono”
Calcio e…razzismo. Un binomio che mai dovrebbe esistere, destinato tuttavia a viaggiare ancora in coppia anche nei tempi più recenti: l’episodio sulle fotografie in maglia Roma di Anna Frank, ideato da alcuni tifosi della Lazio, a destare indignazione, di fronte ad un argomento ricco di più sfaccettature e (sfortunatamente) episodi sul quale cui anche Lilian Thuram, intervistato dal Corriere della Sera, ha voluto soffermarsi:
“Leggere una parte del diario di Anna Frank? Tutte le iniziative in questa direzione sono importanti, non c’è altra scelta. Quando succedono situazioni così gravi non si può fare finta di niente. Bisogna fare qualsiasi cosa per fare capire che non ci si comporta così. Qualche giorno fa ho parlato con una persona, un tifoso della Lazio, qua a Parigi. Eravamo un gruppo di amici, tutti stupiti e indignati, ma la cosa strana è che lui ha detto subito ”ehi, guardate che succede anche nelle curve delle altre squadre, non è solo un problema della Lazio”. Gli ho risposto che da tifoso della Lazio per prima cosa avrebbe dovuto riconoscere che gli autori degli adesivi con Anna Frank in maglia giallorossa avevano sbagliato, non provare ad attenuare le colpe dicendo ”ma lo fanno anche gli altri”. Quando ci si sente attaccati si reagisce ma non sempre nel modo giusto. È molto importante combattere l’ideologia che invoca la morte e isolare quelli che fanno gesti così stupidi.
Padre di una fondazione contro il razzismo ed autore di due libri sul tema, Thuram si è poi soffermato sul tema razzismo anche ai tempi vissuti dal francese in Italia: “Già alla mia epoca mi ricordo degli episodi di questo tipo. E siamo di nuovo a parlarne. C’è da chiedersi che cosa hanno fatto e fanno le società, la federazione, il governo, per togliere queste manifestazioni di odio dagli stadi. Da ex calciatore e da tifoso di calcio mi chiedo come sia possibile non riuscire a cambiare le cose. Non ho la risposta, però mi sembra incredibile. Mi chiedo se c’è una vera volontà politica di smetterla con l’odio. Certo che se tra 10 o 20 anni ci ritroveremo a fare gli stessi discorsi sarà un vero peccato, sarà grave per la società civile e per lo sport. Quelli che usano Anna Frank per insultare, sanno esattamente cos’è il fascismo”.
Ma in Francia…esiste lo stesso problema? “No. Il che non vuole dire che dentro gli stadi non ci siano antisemiti, attenzione. Però nessun gruppo potrebbe dare una dimostrazione così sfacciata davanti a tutti. Non so se sia per maggiori controlli o per altri motivi, non sono in grado di identificare esattamente le cause. Però in Francia una cosa simile negli stadi è impossibile. Perché i politici, i media e la società in generale sarebbero così sconvolti che non potrebbe succedere una seconda volta. Lo stadio è lo specchio della società. Se in curva troviamo l’antisemitismo e il razzismo è perché esistono prima di tutto fuori. Penso che ci debba essere ovunque una educazione intransigente contro l’antisemitismo e il razzismo. Noi tutti non dovremmo fare passare niente, nella vita di tutti i giorni. Se tu senti un tuo amico che dice qualcosa di sbagliato su un gruppo di persone, devi avere il coraggio di dirgli “guarda che non si fa, non puoi dire questo”. È un compito che abbiamo tutti. Quante volte c’è qualcuno che fa una battuta sugli omosessuali, per esempio, e quelli che gli stanno intorno si mettono a ridere anche se sanno benissimo che non è giusto? È lo stesso meccanismo. Chi non reagisce, di fatto, accetta. La vicenda è stata seguita anche all’estero e mi dispiace perché dà un’immagine sbagliata, negativa dell’Italia. Anche per questo dico che le persone di buona volontà devono prendere le distanze e denunciare questi fatti”.