Storie di B | Fabio Grosso, esordiente in panchina e vincente per forza
Il coraggio di un campione del mondo che deve fare diventare realtà il sogno dei tifosi del Bari.
Fabio Grosso ha compiuto pochi giorni fa 40 anni. Oggi lui e il suo Bari guardano tutti dall’alto, solitari e felici in testa alla classifica di Serie B. Non si può dire, ma c’è un solo sogno che cova tutta la città, quello di tornare in Serie A a distanza di otto anni dall’ultima volta. Dopo un fallimento, dopo due playoff persi e tante, troppe illusioni disattese. Fabio Grosso sembra essere l’uomo giusto. L’allenatore che sa solo vincere e con il gioco e i risultati ossigena l’enorme cuore biancorosso che da diverse settimane è tornato a battere forte. Al San Nicola domenica nel derby contro il Foggia c’erano quasi 35mila tifosi. C’era un primo posto da difendere e il Bari ha risposto presente. Vittoria e primato. Grazie anche a quell’uomo di ghiaccio che sembra non conoscere la parola sconfitta.
Tutta l’energia da mettere in campo.
Glaciale, coraggioso e vincente. Basterebbero questi tre aggettivi per descrivere Fabio Grosso. Da giocatore prima e da allenatore adesso, con l’anno 2006 come spartiacque di una carriera: Avanti Mondiale/Dopo Mondiale. La provincia e le serie minori prima della Germania. Poi le grandi squadre, le vittorie e la gloria eterna con l’acuto di Berlino. Un percorso vincente continuato sulla panchina della Primavera della Juventus e che tutti a Bari sperano non si interrompa mai. Con il coraggio come minimo comun denominatore.
Avere un focus sull’obiettivo.
Da calciatore con la forza d’animo di credere in se stesso, non mollando mai. Quando San Siro e l’Olimpico erano solo stadi da guardare in televisione e la Serie C il presente da vivere. La maglia numero 10 e il ruolo di trequartista la strada da percorrere, non immaginando la fama mondiale da terzino sinistro. Poi la crescita, con il lavoro e il sudore. L’esordio in Serie A a 24 anni, la Nazionale, l’Europa e i primi trofei alla soglia dei 30 anni. Una strada diventata in un attimo in discesa e culminata con la vittoria del secondo scudetto in carriera nell’estate del 2012. La fine di una carriera da “self made man”, la storia perfetta sulla quale cullarsi per una vita intera.
Mente e corpo sul campo di gioco.
Fabio Grosso a 35 anni ha deciso di chiudere una parentesi – dorata, vincente e irripetibile – per aprirne un’altra. Diversa, rischiosa, ma stimolante. Perché serve coraggio per rimettersi in gioco. Orgoglioso di quel che è stato e affamato di quel che sarà. Una costante ricerca di migliorarsi subito che è stata premiata. Pronti, partenza e vittoria. Da vice sulla panchina della Primavera della Juventus con la Supercoppa, poi la vittoria del Viareggio, insieme a due finali perse (Scudetto e Coppa Italia). Questa estate il salto tra i professionisti. Bari chiama, Fabio risponde. L’idea della dirigenza biancorossa è chiara: serve il ghiaccio come antidoto al fuoco passionale di una città. Serve il coraggio di chi ama vincere le sfide impossibili. L’azione da rigore contro l’Australia, il gol alla Germania, il rigore decisivo contro la Francia. Cosa potrà mai essere gestire l’amore di una città e di un popolo per la propria squadra?