“Simo, ti porto in Serie A”. Un bicchiere di vino, le giacche rotte, gli sms: i segreti del primo Inzaghi
Una promessa è una promessa: “Tranquillo, ti porto in Serie A”. Parola d’onore. Giochi di speranze, sogni. E quello di Simone Inzaghi si è realizzato giusto un anno fa: “allenatore della sua Lazio”. La squadra di “cui è diventato tifoso”. Cronache di un “detto, fatto”. E di un retroscena che parte da una stretta di mano coraggiosa. In breve: Inzaghi, Lotito e “un’offerta rifiutata” per seguire l’istinto. Anche il cuore, forse. E adesso? Adesso “bene bene” per dirlo alla Strama, quarto posto in campionato e un derby con la Roma che vale la finale di Tim Cup: “Testa, cuore, umiltà (leggi qui la conferenza)“. Dogmi di vita e di carriera. Perché Inzaghino, ora, è diventato Inzaghi: “Ma ha ancora tanta strada da fare”. Gavetta già appurata però, vero “Simo?”. Primo ritiro in Abruzzo, a Caramanico, battesimo in amichevole contro la squadra locale di prima categoria. Risultato? “Beh, abbiamo vinto”. Tutto iniziò da lì, proprio da dove siamo partiti; da un bicchiere di vino prima di ogni gara, una giacca “distrutta” e un sms post-partita. Un flashback di ricordi raccontati in esclusiva su Gianlucadimarzio.com attraverso le parole del suo primo dirigente, Luigi de Sanctis: “Gli serviva una persona d’esperienza, rimasi con lui fino alla Primavera…”. Start.
“SIMO, TI PORTO IN SERIE A…”
“Gigi” inizia forte: “Partiamo da un concetto”. Eccoci: “Simone è un tipo carismatico, secondo me ha più stoffa di Pippo. E parla uno che li ha conosciuti entrambi”. Cronache del primo trofeo vinto: “Ad Amatrice! Sai, io sono di lì, ci è tornato anche con la prima squadra qualche mese fa, dopo il terremoto. Abbiamo lasciato un bel ricordo, andammo anche in quel ristorante dove morirono diverse persone…“. Meglio parlar d’altro, magari del rapporto tra i due: “Ci siamo sentiti dopo la partita col Sassuolo, mi risponde sempre anche se non sono più con lui, ora sto con l’U17”. Una vita con Inzaghi però: “Iniziammo con gli Allievi Regionali e vincemmo subito il titolo, allora Lotito andò da lui e gli disse che l’avrebbe portato in Serie A”. La promessa di cui parlavamo prima: “Dopo l’annata con gli Allievi Nazionali, Inzaghi aveva tante offerte, anche da squadre di B. Ma Lotito ha sempre detto no”. Fiducia: “In estate voleva mandarlo a Salerno….”. Ma Bielsa non arriva neanche a Fiumicino, sliding doors: “Inzaghi si è sempre rimesso alla società”. Promessa mantenuta, sogno realizzato. Grazie a una giusta dose di sacrifici che non guasta mai: “Questi li conosco” diceva sempre. E’ sempre stato molto preparato, poi si è affidato ad uno staff di professionisti come Ripert, Farris o il suo match analyst, Cerasaro”. Ragazzi che lo accompagnano fin dagli Allievi Regionali e oggi sono ancora con lui. Inutile dirlo, squadra che vince… no? Guai a cambiarla. “Anche se una volta fece mandar via un fisioterapista perché portava male”. Scaramantico: “Lasciamo perdere…”.
IL BICCHIERE (PORTA-FORTUNA) DELLA STAFFA
Gigi custode di segreti: “Prima della partita la cena fuori coi ragazzi era d’obbligo”. Stesso menù: “Riso in bianco e petto di pollo, mentre lui ha sempre amato la Nutella, prima o dopo non importava Poi…”. E continua: “Per lui portava bene bere una bottiglia di vino, riempiva i bicchieri di tutto lo staff e continuava finché non era finita. Su Whatsapp ho ancora la foto di lui che mi riempie il bicchiere!”. Difetti? Forse uno: “E’ un po’ tirchio, pagavo sempre io”. E sorride, ricordando un amico sincero e una persona vera: Quando parla si emoziona: “Mi è sempre stato vicino, anche quando ho avuto qualche problema di salute”.
GLI SMS POST PARTITA: “CIAO BOMBER!”
Due aggettivi: “Carismatico, maniacale”. Maestro nella gestione dei ragazzi: “Aveva un grande potere sullo spogliatoio, l’ha imparato quand’era calciatore, restava con quelli esperti a migliorarsi”. Fissato per il calcio: “Di solito nelle cene tra calciatori non si parla mai di pallone – racconta Gigi sempre in esclusiva – ma con lui e il fratello invece no, solo di quello!”. Dopo la partita arrivavano sempre due messaggi: “Uno del padre, l’altro di Pippo. “Ciao bomber!” gli diceva. E parlavano di tutto. Poi lo veniva sempre a vedere, ricordo quando lo battemmo al Torneo Arco di Trento”. Molto legato alla famiglia: “Il padre era sempre a Formello, ma Simo diceva che non era per lui…”. Battute: “Non viene per me, ma per i cinghiali!” raccontava, Giancarlo era un cacciatore”. Per lui, i suoi ragazzi, erano tutti dei figli: “Voleva il massimo impegno, ma non abbiamo mai perso un giocatore per strada. Erano legatissimi tra loro, tutti uniti. E lo divennero ancora di più dopo la morte di Mirko Fersini”. Tasto dolente, Gigi racconta quel ragazzo scomparso nel 2012 a causa di un incidente col motorino. Una tragedia: “Inzaghi rimase molto scosso, tutt’ora è rimasto in contatto con la famiglia. Ricordo che quei giorni eravamo sempre in ospedale, dalla mattina alla sera. Fu il segreto di quel gruppo lì, tanti ragazzi se lì è portati fino in Serie A, vedi Crecco o Lombardi”. Anche Pace, oggi al Trastevere in Serie D: “Indispensabile, l’ha portato avanti lui”. Quante vittorie poi: “Abbiamo battuto tutti nei vari tornei, Milan, Inter, Juventus”. Due Coppe Italia e una Supercoppa Primavera , il successo vien dal basso: “Anche da un giacca rotta, sai che ha combinato una volta?”. Altra storia
GRUPPO UNITO, GIACCA DISTRUTTA
Un’accusa in amicizia: “Mi ha rovinato due giacche e un cappotto!”. Come? “Nell’intervallo mi diceva “ecco, guarda come vinciamo la partita, ora faccio un casino, ma dammi la giacca!”. Io gliela davo e la sbatteva ovunque, lo faceva per motivare i ragazzi, che infatti entravano in campo con un altro spirito”. Proprio come ora: “Tutti si sentono partecipi di un gruppo”. Parola chiave nell’Inzaghi style, che ora insegue una finale e sogna un trofeo con la sua Lazio. Pizzico d’ansia forse. Suo fratello, quand’era teso, beveva un sorso da una bottiglietta d’acqua. A “Simo” basta un bicchiere di vino.