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Alla conquista dell’Europa. L’Ucraina di Sheva raccontata da Maldera

Allenatore delle giovanili e match analyst del Milan di Massimiliano Allegri, Leonardo, Pippo Inzaghi e Clarence Seedorf. A fianco di Tassotti e Shevchenko, oggi Andrea Maldera ci racconta la sua Ucraina, tra talenti e sogni europei.

 

“L’esempio è più forte delle buone regole” diceva Gogol, grande scrittore ucraino. E chi può darlo più di Andriy Shevchenko? Non tanto per i trofei alzati al cielo, o per quella classifica cannonieri vinta già il primo anno con la maglia rossonera, quanto per l'onore guadagnato. Perché non basta un piede letale per salire sull'Olimpo del calcio e Sheva lo sa. Grande in campo, ancora di più al di fuori.

Davanti alla porta sembrava arrivare da un altro pianeta. Lontano da quel rettangolo verde si dimostrava estremamente umano. Nel 2004 stringeva tra le mani il pallone d'oro e lo dedicava al suo paese, dove la gente già viveva una triste e tormentata situazione politica. Dopo il rifiuto di allenare la sua Nazionale nel 2012, come se la sua grandezza non fosse abbastanza, quattro anni dopo finalmente ne prende le redini. Sheva è sul trono d’Ucraina. Ma si sa, anche i più grandi re hanno bisogno di consiglieri, uomini di fiducia con cui condividere battaglie. Andriy porta con sé Mauro Tassotti, ora suo vice sulla panchina della Nazionale e Andrea Maldera, assistente tattico, due che nel cielo della Milano rossonera hanno visto alzare trofei su trofei. E oggi quest’Ucraina che sa tanto di Milan, viaggia a vele spiegate. Direzione Euro 2020.


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COME DAVIDE E GOLIA – Il 14 ottobre l’Ucraina tremava, non solo per il freddo. Il termometro segnava i 10° e in campo c’era Cristiano Ronaldo. Complicato, quasi impossibile credere in un’impresa. Ma a Lisbona quello 0-0 strappato all’andata, forse, dava una speranza. Il colosso portoghese poteva essere battuto e quel muro di sfiducia doveva essere abbattuto. “Non marcavamo a uomo Ronaldo ma sapevamo di dover stare attenti ai tiri da fuori e alle punizioni dal limite”. Arriva da un suo rigore il gol che rimette il Portogallo in partita. Letale, devastante come sempre. CR7 diventa in un attimo CR700 e continua a fare la storia. Ma se c’è una cosa che proprio la storia ci ha insegnato, è che le battaglie non le vince un condottiero, ma un esercito, in questo caso l’esercito di Sheva.

 

LA CHIAMATA – Un telefono squilla, il numero sullo schermo non sembra italiano. “Ho bisogno di voi con me in Nazionale”. Inaspettata ma bellissima. Se mi avessero detto tre anni fa che avrei allenato l’Ucraina e partecipato all’Europeo del 2020 non ci avrei mai creduto. Non vogliamo accontentarci di questo primo traguardo. L’obiettivo è andare lontano”. E Andrea Maldera sa bene cosa vuol dire. In un modo meno metaforico certo, ma lui lontano ci è davvero arrivato. A occhi chiusi, solo con un compagno di viaggio e la certezza di avere un amico ad attenderli.

 

“ANCORA” INSIEME – 2.097 kilometri, da Milano a Kiev. Nel 2016 Maldera abbandona le guglie grigie del Duomo di Milano per quelle dorate del Monastero delle Grotte. “Io e Mauro partivamo per un paese che non conoscevamo. Andriy era la nostra unica garanzia”. Come giocare a mosca cieca con una benda sugli occhi. In Ucraina il triangolo si completa. Ad aspettarli c’è Andriy Shevchenko. Unica sicurezza, unico volto amico in una gelida Kiev. In inverno tutto si ferma, anche il calcio, come se il pallone venisse congelato in attesa della primavera, quando il freddo si attenua ma non scompare. “Cerchiamo di allenarci nelle ore più “calde” e i campi sono tutti riscaldati. Indossiamo indumenti che ci permettono di sopperire al freddo, altrimenti sarebbe impossibile”.


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GLI UOMINI GIUSTI “Andriy è stato bravissimo a creare un gruppo motivato e pieno di ottimi elementi. Molti di loro giocano insieme anche in campionato, quindi è facile creare un gruppo coeso”. E infatti, lo Shaktar Donetsk si rivela un mazzo di carte dal quale è facile pescare assi. Dall’istinto di leadership di Pyatov e Stepanenko, il primo custode della porta, l’altro del centro campo, alle spiccate qualità tecniche di Konoplyanka. Fino ad arrivare a Marlos, trequartista mancino di grande classe e Junior Moraes, cecchino e  finalizzatore, entrambi brasiliani e primi giocatori nella storia dell’Ucraina ad essere naturalizzati. Talenti affermati, altri in forte ascesa. È il caso di Tsygankov, classe 1999, qualità innate e maglia della Dynamo Kiev, la stessa indossata nel 1994 dal baby prodigio Shevchenko. Ma il talento va cercato anche lontano, va osservato, fatto proprio e  coltivato.

È il caso di Yarmolenko, oggi tra le file del West Ham, ("fuggito” nel 2017 dal Borussia Dortmund per tornare in patria alla Dinamo Kiev) e quello di Zinchenko, con le sue esultanze stravaganti ed esagerate, anche con la maglia dei Citizen. Ma in quest’Ucraina che sente già il profumo dell’Europeo, c’è anche un po’ d’Italia. Ovviamente guardiamo sempre Malinovskiy giocare con l’Atalanta. Qui gioca più basso, in Serie A è utilizzato in posizione più avanzata dietro le punte, come alternativa a Ilicic o Gomez. Ci piace molto anche Shakhov del Lecce, lo trovo un ragazzo molto interessante”.

Accento milanese e sorriso. Andrea Maldera è incontro tra passato e presente, tra ricordi un San Siro in festa e la realtà di un’Ucraina alle prese con una guerra infinita, come il legame che lo unisce a Tassotti e Shevchenko. A Milano Mauro difendeva, Andriy attaccava, lui analizzava. A Kiev guidano insieme quella macchina perfetta che è la Nazionale Ucraina. Oltre la nebbia prima, oltre il freddo oggi. Oltre i confini di un’Italia che in modi diversi li ha portati dove sono ora. Ma comunque, sempre insieme.

A cura di Lavinia Saccardo