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Sette operazioni al ginocchio, il ritiro, la nuova vita. Iovine: “Il mio sogno continua”

“Stasera mi trovavo a giocare con dei ragazzini di 12 /13 anni in una piazzetta, con le porte fatte dalle loro felpe. Di punto in bianco il mio istinto mi ha portato a chiedere se potevo giocare anche io…”. E’ la storia di Marco Iovine, che nel 2002 condivideva la stanza e un sogno con chi poi è riuscito a realizzarlo, Fabio Pisacane. Due storie per certi versi parallele, fatte di sacrifici, sofferenza, voglia di non arrendersi. Fabio  è riuscito a giocare in serie A. Marco, invece,  ha dovuto rinunciare al suo sogno. Il motivo? Ce lo spiega Iovine  stesso nel corso di questa bella intervista concessa a GianlucaDiMarzio.com.


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“Quel post viene dal cuore”- dichiara Marco – “E’ successo a Imperia, la scorsa estate. Quella sera vedendo dei ragazzi giocare mi tornarono in mente le immagini di quando ero ragazzino e come loro facevo i pali con le felpe, nella piazzetta del mio quartiere, a Cava de’ Tirreni. Un flashback di quando sognavo di diventare come Xavi o il ‘puma’ Emerson, i miei idoli. Di colpo mi è venuta voglia di giocare e così…”. Nei primi anni 2000 Marco era una promessa del Genoa: “E quante rinunce per arrivare lì. Ho imparato fin da piccolo che per coltivare un sogno devi sacrificarti. Non uscivo mai con i miei amici perché tra scuola, allenamenti e partite la domenica mattina non potevo fare tardi. Già a 13 anni fui chiamato dalle giovanili del Torino, ma i miei genitori rifiutarono perché ero troppo piccolo. Alba Cavese, Cavese, Angri: a sedici anni ero già titolare in serie D“.


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Marco Iovine con la maglia dell’Angri

Poi cosa è successo? “Il 20 settembre del 2001 segnò per sempre la mia carriera. Feci un incidente con il motorino e mi ruppi la gamba. Da lì iniziò il mio calvario, tra operazioni, riabilitazioni, ricadute. L’estate successiva arrivò la chiamata del Notts County, che all’epoca giocava in Championship. Facemmo una parte del ritiro a Madonna di Campiglio e lì mi notò Claudio Onofri. Dato che ancora non avevo firmato con gli inglesi mi accordai con i rossoblù. In squadra c’erano Pisacane, Renzetti, VolpeCriscito. Con Domenico ho vissuto assieme il primo anno e mezzo, poi sono diventato compagno di stanza di Fabio. Mi fecero 5 anni di contratto. Nel 2004 fui aggregato alla prima squadra da Serse Cosmi. A novembre arrivò la convocazione dell’Under 20 di Berrettini, dove trovai anche Giuseppe CozzolinoGraziano Pellè. Tutto troppo bello…”.


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Iovine in ritiro con l’Under 20

Piccola pausa, poi Marco riprende: “Con il Genoa Primavera disputammo un’annata strepitosa. Arrivammo in finale del Viareggio. La Juventus di De Ceglie, Giovinco, Masiello, Marchisio, Criscito riuscì a spuntarla per due a uno, ma ci annullarono due gol.  Fui uno dei migliori giovani del torneo e si fece sotto la Fiorentina. Ma il ginocchio era già a pezzi. I mondiali Under 20 stavano per cominciare e Berrettini chiamò Landini, il direttore sportivo del Genoa, per chiedere di me, delle mie condizioni. Chiamò anche l’Under 21 di B, ma non ci fu nulla da fare. Il giorno che tornai dall’ultima convocazione Landini mi disse, testuali parole: ‘hai il ginocchio di un sessantenne’. Fiorentina, Under 20, c’era anche l’interesse della Juve: svanì tutto. La beffa arrivo anche dal fatto che il Genoa fu retrocesso d’ufficio: dalla serie A mi ritrovai di nuovo in C”.


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Finale torneo di Viareggio del 2005

Nuova operazione e nuove speranze: “Mi ripresi abbastanza bene e Attilio Perotti mi fece esordire con la maglia rossoblù. L’anno dopo passai alla Sambenedettese. Sembravo perfettamente recuperato, risultai il miglior giovane del girone C della Lega Pro, nella categoria dei centrocampisti. Questi premi attirarono l’Hellas Verona: firmai un triennale. Andai così bene che a gennaio mi chiamò lo Spezia in B. Quando sembrava tutto alle spalle il ginocchio tornò a darmi problemi. Non riuscivo a caricare, mi cedeva spesso, dolore e gonfiore: totalizzai solo 7 partite. Ero in comproprietà tra Genoa e Spezia. Si aprì la possibilità di andare a Pescara, ma alcuni ‘mostri’ come Verratti preferirono rimanere un altro anno e così per me non ci fu posto. I rossoblù non mi riscattarono, lo Spezia fallì e io mi ritrovai senza squadra e con un ginocchio distrutto”.


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Marco Iovine con la maglia dello Spezia

Era il 2008… :”Ad agosto andai a Bologna e mi feci operare dal professor Marcacci: innesto di menisco da donatore. Provarono con questa nuova tecnica. Lì incontrai Carmine Longo, mio concittadino, che mi disse che se l’operazione fosse andata a buon fine e mi fossi ripreso mi avrebbe fatto ripartire dalla serie A, dal Bologna. A febbraio arrivo un’offerta dal Botev Plovdiv e accettai: speravo di tornare pronto per la A. Durò poco. Il menisco si lesionò subito e alcuni frammenti bloccavano la rotula. Risultato? Terza operazione. Ormai me ne feci una ragione: l’opportunità nel professionismo era andata. Condropatia di quarto grado, il massimo dell’usura della cartilagine. Sono arrivato a sette operazioni allo stesso ginocchio, ma non sono mai riuscito a tornare come prima. Poi a un certo punto mi hanno anche marchiato: ‘Buon giocatore, ma…’ “.

Lo scorso anno Marco ha avuto la forza di smettere: “Ho resistito fino a gennaio della scorsa stagione: il destino ha voluto così. Adesso mi mancano quattro esami alla laurea in Scienze Motorie: ho deciso di intraprendere la carriera da preparatore atletico. Farò anche la magistrale come biologo nutrizionista. In molti dicevano che avevo le qualità per sfondare, adesso proverò a entrare nel mondo del calcio dalla porta posteriore: è la mia vita. Del professionismo porterò sempre con me alcuni ricordi. L’esordio con il Genoa, il passaggio dalla Sambenedettese all’Hellas, l’esordio al Bentegodi. E soprattutto il giorno che mi arrivò la lettera della convocazione della Nazionale. Fare parte di una rosa di 22-23 giocatori è una soddisfazione e una gioia che nessuno potrà mai togliermi, neanche la sfortuna”.


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Iovine con la maglia dell’Hellas Verona

L’Intervista sembra chiudersi qui, poi Marco aggiunge: “C’è tanta gente che ha lottato e si è sacrificata in ugual modo ma purtroppo, come me, non c’è riuscita. Voglio vedere ragazzi che dimostrano tutti i giorni che se sono lì è perché, oltre a essere più bravi, fanno qualcosa più degli altri. Uno di questi è Fabio Pisacane, un amico, che merita tutto quello che gli sta capitando: il 18 settembre ha vinto lo sport. Quel giorno l’ho sentito e gli ho detto che il suo esordio in A è anche il mio. Nulla gli era dovuto e non gli è stato regalato nulla: se l’è conquistato”. Una lezione di sport e di vita.