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Lo scudetto, il gol al Camp Nou. Serturini, cinque anni di Roma: “L’Olimpico? Una svolta. Ci meritiamo tutto questo”

Dal primo gol della Roma femminile in Serie A alla rete al Barça. Serturini si racconta, dal giorno uno al tricolore; poi la fascia da capitano, il suo #15 e quel legame speciale con la città e con De Rossi

Raccontare la carriera di Annamaria Serturini è come ripercorrere le tappe della Roma femminile. Dalla sua nascita ai successi recenti. Un susseguirsi di prime volte e traguardi. Sogni diventati obiettivi. Raggiunti con il lavoro svolto negli ultimi cinque anni. Culminato in questa stagione in cui la Roma ha vinto prima la Supercoppa poi il primo scudetto della sua storia. E’ in finale di Coppa Italia, ha giocato per la prima volta la Womens Champions League, è arrivata ai quarti di finale, ha portato quasi 40mila tifosi paganti all’Olimpico ed è stata ospite nel tempio del Barcellona. Dallo scendere i gradini di Piazza di Spagna al salire quelli che conducono al terreno di gioco del Camp Nou, la costante – oltre alla voglia di migliorarsi – è una: la presenza di quegli elementi che ci sono dal giorno uno, come Serturini. 

 

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Per lei, attaccante classe ’98 nata ad Alzano Lombardo ma romana d’adozione, è facile tornare a quel 7 settembre 2018, giorno della presentazione ufficiale della squadra femminile proprio nella cornice della famosa piazza romana: “Mi ricordo quel giorno come fosse oggi – racconta a gianlucadimarzio.com -. Scendere quelle scale davanti a tutto quel pubblico… Avevo anche paura di cadere perché mi tremavano le gambe da quanto ero felice ed emozionata. Io scesi con Ante Coric e quando scese Elisa (Bartoli, ndr) con De Rossi fu un’emozione indescrivibile. Dentro di me pensavo: ‘Mamma mia, fino a ieri non avevo mai visto un giocatore dal vivo e oggi sono tutti qui con noi’. La Roma già da allora aveva fatto capire quanto eravamo uniche. Una famiglia, noi e la squadra maschile”.

 

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“Dopo il 3-2 alla Juventus abbiamo capito che di lì a poco avremmo vinto lo scudetto”

Una festa. Ma di festeggiamenti Serturini se ne intende. Il più inaspettato della stagione? “Sicuramente lo scudetto. A inizio stagione volevamo arrivare lì ma sapevamo che la Juve aveva una squadra molto forte e c’erano anche altre squadre ben attrezzate da battere. Ma più andavamo avanti, più questo sogno diventava realtà”. L’aritmetica ha consegnato questa Roma alla storia dopo il successo contro la Fiorentina ma nello spogliatoio giallorosso la consapevolezza di essere davvero a un passo dal titolo ha iniziato ad aleggiare da una settimana prima: “Dal 3-2 sulla Juventus al Tre Fontane abbiamo capito che di lì a poco saremmo diventate campionesse d’Italia – confessa Serturini -. Contro di loro non avevamo mai vinto in campionato. Ci caricavamo l’una con l’altra, ci guardavamo negli occhi dicendoci: ‘Quest’anno siamo forti’. Ce lo meritiamo, per tutto il lavoro fatto da inizio stagione e anche nei 4 anni precedenti”. 

 

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2018-2023, dal primo gol alla centesima presenza in Serie A con fascia al braccio: “Nemmeno lo sapevo…”

Questione di attese, di tempo e di prime volte. Serturini nel 2018 ha segnato il primo gol della Roma femminile in Serie A: “Betty Bavagnoli mi aveva designato come rigorista e quel pallone pesava tanto. Avevo appena 18 anni e potevo realizzare io il primo gol della storia della Roma. Avevo anche un po’ paura di sbagliarlo a dire la verità. Ma alla fine mi son detta: ‘Tiro, vada come vada, se non si tirano non si sbagliano e non si fanno’. Oggi dico che se non l’avessi calciato l’avrei rimpianto tanto”. Novantanove partite di campionato e cinque stagioni dopo quel rigore, Serturini sabato 13 maggio 2023 contro il Milan è entrata nel club dei ‘centenari’ della Roma e ha indossato la fascia da capitano per la prima volta nel giorno in cui ha compiuto 25 anni. “Io non lo sapevo nemmeno. Finita la riunione tecnica il mister mi ha detto che sarei stata vice capitano nel giorno del mio compleanno. E’ stata una cosa inaspettata, a fine partita Bartoli mi ha abbracciato e mi ha fatto i complimenti. Un’emozione enorme nel giorno del mio compleanno e davanti ai miei genitori. Per me vale tantissimo”. 

 

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L’Olimpico e il Camp Nou in una settimana

Emozioni no stop. E il pensiero torna al doppio confronto con il Barcellona. “La squadra più forte d’Europa” secondo Serturini. Quarto di finale d’andata allo stadio Olimpico, ritorno al Camp Nou. L’unico gol della Roma, in trasferta, l’ha segnato proprio lei. E se potesse rigiocare una delle sue oltre 100 gare con la maglia giallorossa, Serturini ne sceglierebbe… due. Queste contro le blaugrana. Ma la gara dell’Olimpico un po’ di più. Una partita che ricorda come “una svolta non solo per la Roma ma per il calcio femminile in generale. Però ho sofferto molto di più Roma-Barcellona che Barcellona-Roma. I tre giorni prima della partita praticamente non ho dormito, mi svegliavo di notte, ero super agitata. E a me non capita mai. Anche con finali di Coppa Italia o Supercoppa, con il Mondiale.

Quei giorni lì invece sono stati pieni di adrenalina e di tensione. Il giorno della partita ci siamo radunate insieme prima di andare allo stadio, io ero in stanza con Elisa ed eravamo piene di tensione, sentivamo il peso della partita. E’ stata la prima gara in cui non sono riuscita a gestire alcuni momenti e i primi 10/15 minuti mi sentivo come in una gabbia. Ma era bellissimo, pazzesco, indescrivibile. Il secondo tempo è stato più tranquillo, eravamo a nostro agio. Non mi è mai capitato di vivere una partita così. Io di solito mi concentro con la musica, magari scherzo anche, faccio qualche battuta. Ma prima di quel Roma-Barcellona ero di ghiaccio. Quindi sì me la vorrei rigiocare perché non me la sono goduta al 100% e secondo me si poteva fare molto di più. Avevamo un po’ il freno a mano tirato ma è anche comprensibile visto che per molte era la prima volta in un contesto del genere”.

 

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Il suo 15 e il #16, Daniele De Rossi: “Uno dei primi ad avvicinarsi al calcio femminile. E quell’incontro a Trigoria…”

Tanta corsa ma non solo. “Spugna dice sempre che ho molta velocità e molta forza fisica. Quando è arrivato i primi 6 mesi ho giocato a sinistra, poi è arrivata Haavi e ho giocato a destra. Per me non è cambiato nulla, la fascia destra o sinistra è indifferente. Ma da quando c’è lui sono migliorata molto in fase difensiva; prima pensavo solo ad andare avanti. Con lui ho imparato a giocare a 5 e a rientrare molto in fase di non possesso”. Fotografia delle caratteristiche di un attaccante che per quasi tutta la sua carriera ha indossato il #15. Numero di maglia e tatuaggio. “E’ stato il primo numero che mi hanno dato quando ho iniziato a giocare alla squadra del paese a Gorno con i maschi. Poi l’ho sempre usato finché non sono passata all’Atalanta. Lì, come nel Brescia Primavera, c’era l’obbligo di scegliere un numero tra l’1 e l’11 quindi ho indossato il 10 e la fascia da capitano. Quando l’ho potuto scegliere, a Brescia in prima squadra, l’ho fatto. E anche in nazionale, al Mondiale, ho sempre avuto il 15 dalla prima convocazione in Under15. Poi ho segnato una doppietta contro lo Zambia e da lì ho sempre continuato a prendere il mio 15″.

 

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Dal suo 15 al 16 che a Roma, sponda maschile, ha un nome e cognome: Daniele De Rossi. Più di un simbolo: “Da quando sono arrivata a Roma lui è stato un punto di riferimento, uno dei primi che si è avvicinato al calcio femminile dandoci dei suggerimenti, scrivendoci per ogni partita. Mi ricordo quando un giorno l’ho visto a Trigoria, avevo appena tirato un rigore e mi ha detto: ‘Ti insegno io come si battono per la prossima ma complimenti per il gol’. Una persona così che ci scrive ogni domenica per la partita e ci segue tuttora, perché ancora oggi ogni tanto ci sentiamo, per me è importante. Quando mi arriva un suo messaggio sorrido. Penso: Cavolo, allora ci segue davvero! Tre anni fa a fine stagione mi regalò la sua maglietta con una dedica. E’ un bel rapporto quello nato con un simbolo di questa città”. 

Dal legame con Roma al calcio femminile in Italia: “Spero che i 40mila dell’Olimpico diventino la normalità” 

A proposito di simboli, sul polso di Serturini ci sono quattro lettere. Amor. Roma, al contrario. Perché il suo legame con la città è “unico. Perché Roma è unica. Ha i suoi pro e contro ma una città così bella non l’ho mai vista. Quando ho del tempo libero vado in centro e ogni volta mi innamoro sempre di più. In questo tatuaggio ci sono questi cinque anni e tutte le cose belle ottenute sul campo e ricevute dai tifosi che il primo giorno erano in 100 e all’ultima partita che sono diventati 2700 e 40mila all’Olimpico, ci hanno seguito al Camp Nou quando abbiamo perso 5-1 ma non hanno mai smesso di cantare. Soprattutto quando ho segnato mi ricordo che erano felicissimi, più di me. In questo tatuaggio è racchiuso tutto. Le persone e tutto quello che ho sentito in questi cinque anni di lavoro e legami qui a Roma”. Testa, cuore e gambe, come ribadisce sui social. “Il cuore è qualcosa che riconduco anche ai miei genitori perché senza di loro nulla sarebbe potuto succedere, con tutti i sacrifici che hanno fatto. Mia mamma ha lasciato il lavoro per potermi accompagnare tutti i giorni agli allenamenti. E poi testa e gambe sono due parole che uso spesso perché ci vogliono nel nostro lavoro. Ma anche qui poi è il cuore ci fa vivere delle sensazioni e delle emozioni che niente altro ci regala”. Quelle in campo e quelle extra, come il passaggio del calcio femminile al professionismo nell’estate 2022. Una data spartiacque che Serturini ha ‘celebrato’ sui social postando una sua foto da bambina.

 

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Tuta, un sorriso accennato e uno sguardo verso il pallone. Il suo lavoro. “Come me tanti anni fa in quella foto, spero che tante altre bambine possano iniziare a rincorrere questo sogno. E’ vero che secondo me in Italia siamo ancora molto indietro rispetto a tanti paesi del nord Europa dove il calcio femminile è molto più seguito. Ma penso anche che sono qui da 5 anni e in questo arco di tempo la Roma già dal primo giorno per me era professionismo. Ci ha dato strutture, servizi, uno staff preparato e si è sviluppato tutto in maniera enorme. Però spero che vedere all’Olimpico 40mila persone per una nostra partita diventi la normalità e non sia un’eccezione. La differenza tra noi e le altre squadre europee c’è e si è vista con il Wolfsburg quando abbiamo perso 4-2 in Germania e si è vista al Camp Nou. Ma penso che con lavoro dedizione possiamo arrivare a quel livello. Perché ce lo meritiamo”.