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Cosmiback: il ritorno di Serse nella sua Perugia

Aspettava questo momento da un decennio e mezzo. Seduto sulla riva, come da bambino quando papà Antonio pescava nel Tevere. Serse ha trascorso questi anni aspettando che tornasse il suo tempo. “L’uomo del fiume” torna a sedersi sulla sua panchina. Serse Cosmi di nuovo al Perugia.


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Come in quelle quattro stagioni a inizio millennio: gli anni delle vittorie a San Siro, della semifinale di coppa Italia, dell’Intertoto vinta, della coppa Uefa. E di quel maledetto doppio spareggio con la Fiorentina del 20 giugno 2004: la sua ultima volta da allenatore del Grifo nel giorno della retrocessione in B. 

Non è un cerchio che si chiude. È il fiume che riprende a scorrere verso il mare. È una vena che esce dal collo, è l’irrazionale desiderio di tornare dove quella favola finì. Un inedito playout lo mandò in serie B nel 2004, fra sei mesi magari un playoff potrebbe riportarlo in A. Stessa maglia, stesso stadio, un presidente diverso. Ieri Luciano Gaucci, oggi Massimiliano Santopadre.


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Si sono guardati negli occhi e hanno capito che l’uno aveva bisogno dell’altro. I sogni hanno bisogno di sostanza. E di storia: 136 panchine in serie A col Perugia. Nessuno come lui. Nessuno più di lui voleva quel posto. La gente del Curi ha bisbigliato il suo nome dopo ogni rovescio. Il nome, non il cognome. Perché in quello stadio è stato spettatore e attore, tifoso e guida tecnica. Non è mai stato Cosmi, è sempre stato semplicemente Serse. 

In quelle cinque lettere decise da papà Antonio c’era l’elogio della fatica: un omaggio a Serse Coppi, gregario della bici, fratello meno dotato rispetto a Fausto. Uno capace di pedalare nell’ombra arrivando in cima. Forse è nel suo esempio che è riuscito a portare in alto il Perugia. Su quella panchina non batte mai il sole. Le zolle che la circondano spesso diventano una palude. Per molti sono sabbie mobili, per chi è abituato a risalire sono un’occasione. Quella del 2020 è come quella del 2000. 

Vent’anni fa Gaucci affidò la squadra a un uomo di 42 anni che aveva fatto grande l’Arezzo portandolo in C1 dalla D. Un sogno per Serse, che nel ’79 aveva iniziato ad allenare il Bar Bruna nel torneo dei bar di Ponte San Giovanni. Aveva 21 anni e vinse subito. In quel 1979 andava al Curi a vedere il Perugia di Castagner. Quello che finì secondo dietro la Juventus, senza perdere una partita. Dal torneo dei bar a quella panchina, che storia. 

Al suo primo anno scelse la difesa a 3 parlandone con Materazzi, che quell’anno segnò 12 gol. Il record per un difensore in serie A. Le sue urla a Liverani divennero un’icona, così come la coppia Saudati-Vryzas: un duo che firmò il blitz di San Siro contro il Milan. Cappellino in testa e gestualità ruspante. L’imitazione di Crozza e le convocazioni in nazionale dei suoi ragazzi: Baiocco, Liverani, Materazzi, fino all’esplosione di Miccoli. Anni ruggenti, weekend finiti senza voce e spesso con una corsa sotto quella curva che è pronta a riabbracciarlo.

Gli lascia la panchina Massimo Oddo e questo forse sì è un cerchio che si chiude. 9 giugno 2016, Trapani-Pescara, finale playoff per la A. Gli abruzzesi di Oddo strappano la promozione ai granata di Cosmi. Al 90’ Serse piange in panchina, Oddo corre ad abbracciarlo. Scena madre di una notte siciliana. Il calcio regala sempre seconde possibilità. E la gioia più grande di Serse oggi coincide con le “lacrime” di chi lo abbracciò quel giorno. Seduto sulla riva del fiume, forse Cosmi sperava di non vedere questo corpo passare. Ma quel “corpo” oggi vale un ritorno. 


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Sta per iniziare una nuova vita. Farà l’esordio ufficiale a Napoli in coppa Italia il 14 gennaio. Contro Gattuso, un ex perugino. Poi andrà a Verona contro il Chievo. E finalmente lunedì 27 gennaio tornerà sulla sua panchina. Sfida al Livorno, altro suo pezzo di cuore. 

Ce ne vuole tanto per tornare in cima. Come faceva Serse Coppi, serve pedalare nell’ombra. Oggi il Perugia è ottavo, farebbe i playoff di rincorsa. Santopadre lo ha scelto perché nel girone di andata ha visto Iemmello capocannoniere e troppi mugugni del gruppo. E allora ha voluto Serse. Uno capace di portare i suoi giocatori a Brufa nella sua villa e organizzare un party in mezzo a uno spareggio playout. Mettendo i dischi lui, come sempre.


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Perché per Serse la techno a volte funziona più della tattica. Salvò così l’Ascoli dall’inferno. Oggi il Paradiso è lontano sei mesi. Perderà la voce, darà tutto se stesso e la curva Nord urlerà il suo nome. L’uomo del fiume ha detto che si può fare. Sfociare in serie A, dove osano i grifoni.

(Foto 1 e 2 nel pezzo – Credit: Settonce)