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Vincenzo Torrente si racconta: “Il tempo mi darà ragione. La Sicula? Un’isola felice”

L’allenatore ex Gubbio ha parlato per gianlucadimarzio.com: “La mia carriera come un’altalena. A Lentini lanciati tanti giovani. Ho ancora un sogno da realizzare”

Nel calcio come nella vita. Una frase che spesso abbiamo ascoltato. Letto. C’è chi ci si rispecchia, chi invece sorride. A volte però queste cinque parole possono identificare una carriera. Basta chiedere a Vincenzo Torrente. Partito dalla sua Cetara in piena Costiera Amalfitana, alla ricerca del suo sogno, eppure confessa: “Quello bravo era mio fratello”. Seguiva la Cetarese, squadra di suo padre, di cui era anche magazziniere: “Aiutavo mia madre a lavare le divise”. Poi aggiunge: “Si giocava in un campo a Vietri sul Mare. C’erano solo tre palloni e io ero il raccattapalle”. Segni particolari? “Spesso capitava di andare a recuperarli in mare”. Un vero racconto di calcio romantico. Cosa ricordo di casa mia? “Il primo pallone regalatomi sotto l’albero”. Non è facile ripensare al passato – ammette Torrente – eppure ogni bella storia parte da un ricordo. A 15 anni arriva la Nocerina, prima del passaggio al Genoa. L’amore di una vita marchiata a fuoco dai colori rosso e blu: “Per me il Genoa è tutto”. Con quei colori è stato amore a prima vista. Dal campionato vinto nell’88-89 fino al match contro il Liverpool ad Anfield. Passando per l’incontro con il suo maestro Franco Scoglio: “Ricordo quando giocammo contro il Napoli. Assegnò le marcature e il mio nome non c’era sulla lavagnetta. Venne da me e sotto voce mi disse – inutile scriverlo, tu marchi Maradona ”.

DA GENOA A GUBBIO: TORRENTE SCRIVE LA STORIA

Dal campo alla panchina. Due ruoli totalmente diversi: “Non basta il vissuto. Serve studiare, avere delle idee”. Tanti i talenti da lui battezzati. Da Perin a El Shaarawy, passando per Sturaro. Una parola l’allenatore di Cetara la spende per Fabio Pisacane: “É arrivato in Serie A grazie al lavoro costante, all’abnegazione e all’impegno. Mi sono rivisto in lui”.

Dal rosso-blu, al…rosso-blu. Dal Genoa al Gubbio. Arriva la chiamata di Gigi Simoni, suo ex allenatore e direttore tecnico del Gubbio. Cosa mi colpì? “Il progetto. Si poteva lavorare nel modo giusto. Poi abbiamo scritto la storia”. Già perché Torrente centra due promozioni di fila. Un ricordo del primo anno? “Prima della partita con la Giacomense. Dissi ai ragazzi che vincendo quel match poi avremmo vinto i playoff”. La profezia si materializza, ma neanche il più ottimista avrebbe potuto immaginare l’exploit del secondo anno: “Eravamo partiti per una salvezza tranquilla”. Invece i “ragazzi terribili” del Gubbio sorprendono tutti , forse anche loro stessi. Una squadra che si rispecchiava totalmente nel suo allenatore: “C’era un’alchimia speciale tra i ragazzi, lo staff, la società e i tifosi”. La partita della stagione? “Contro l’Hellas in trasferta. Quel successo ci fece capire che avremmo potuto fare l’impresa. Parlai con Simoni a fine partita dicendogli che questi ragazzi ci avrebbero portato in Serie B. Detto fatto. Il Gubbio centra la promozione. Storica. Inaspettata. 


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DAL BARI AL NULLA: IL CALCIO COME ESPERIENZA DI VITA

Vincente. É questo l’appellativo che si associa a Vincenzo Torrente. Non a caso è anche il significato del suo nome. Dopo la promozione in Serie B del Gubbio è identificato come l’allenatore del futuro. Tanti gli interessamenti nei suoi confronti come ci confessa: “Ebbi un contatto con il Catania”. All’orizzonte la Serie A. Alla fine scelse Bari: “Ero totalmente attratto dalla possibilità di allenare in una piazza così importante”. Poi aggiunge: “Il direttore Angelozzi era stato chiaro con me. Mi aveva messo al corrente di tutte le difficoltà”. Da Cetara al Bari. La trama di un film? No. Semplicemente la carriera di Vincenzo Torrente. Il primo anno si concluse con una salvezza tranquilla nonostante i 6 punti di penalizzazione. La situazione non migliora l’anno successivo, ma l’ex Gubbio non abbandonò la nave: “Avevamo gettato basi importanti”. Poi ci confessa: “Per restare mi ridussi lo stipendio del 30%”. La seconda stagione si rivelò migliore della precedente, nonostante i 7 punti di penalizzazione. Tante le iniziative sperimentate insieme al suo staff: “Ricordo che proponemmo di andare a correre per le strade di Bari vecchia. Era un modo per sentire il calore della gente”. A fine anno era sicuro di avere una squadra pronta per essere protagonista: “Con me in panchina il terzo anno avremmo lottato per la Serie A”. Eppure le cose non andarono così. Il rapporto con il Bari si interruppe sul più bello. Poi la Cremonese. Una scelta che non rifarebbe: “Accettai la chiamata di Gigi Simoni. L’obiettivo era di tornare in B, e giocarsi qualcosa di importante”. Ma ammette: “E' stata l’unica scelta sbagliata della mia carriera. Il calcio non è una scienza esatta e quando torni indietro rischi poi di non andare avanti”. Il destino gli sorride. Vincenzo torna a casa: a Salerno. Dieci chilometri da Cetara: “Quando firmai con i granata mi emozionai”. L’esperienza non fu delle migliori. Sfortuna, infortuni. Torrente é costretto a ripartire e ricostruire la sua carriera.

LA SICULA LEONZIO UN’ISOLA FELICE

A dicembre arriva la chiamata della Sicula Leonzio: “Ho trovato una società piccola ma piena di persone serie, che hanno voglia di lavorare e lo fanno al meglio. Il presidente, il direttore sono persone squisite che vogliono bene a questa squadra e alla gente”. Poi aggiunge: “Ho accettato anche perché sapevo di poter lavorare in un ambiente sano, puro e di raggiungere determinati obiettivi”. Quello principale é stato la crescita dei giovani: “Qui ci sono ragazzi dal futuro importante, di proprietà della società, come Ferrini e Vitale”, o altri giovani come Megelaitis e Dubickas che sono del Lecce ma a Lentini si sono messi in mostra facendo notare tutte le loro qualità: “Abbiamo valorizzato questi ragazzi”. La Sicula, infatti, non vuole fermare la sua crescita, proprio come negli ultimi anni.

Salutiamo Torrente, che ammette: “Continuerò a credere nel mio sogno di allenare in Serie A”. Perché in fin dai conti finché c’è la passione, non bisogna mai smettere di credere e lottare per i nostri sogni.

Credits Cristian Costantino, fotografo ufficiale Sicula Leonzio