Sef Torres, cosa succede? Lo sfogo di un tifoso, una bandiera e un ex dirigente
“Alcuni credono che il calcio sia una questione di vita o di morte. Posso assicurarvi che è molto di più”. Basterebbe questa frase di Bill Shankly per capire cosa stanno passando i tifosi della Torres in questi momenti. Amore viscerale per quei colori, quel simbolo e i suoi 113 anni di storia, calpestati dalla situazione delle ultime due stagioni. Prima la retrocessione dalla Lega Pro alla serie D legata alla vicenda calcio-scommesse. Poi i problemi societari (si parla di un debito di più di 800 mila euro) che hanno accompagnato il club tutta la passata stagione. Fine dell’incubo? E’ solo l’inizio. La squadra quest’anno si è presentata con un gruppetto di 5-6 giocatori esperti (alcuni ultratrentenni) e tante promesse, ragazzi che per la prima volta si sono trovati ad affrontare un campionato di serie D. I risultati rispecchiano il brutto momento. Petizioni, pagine facebook, manifestazioni di piazza. Sassari ha già fatto sentire la sua voce e noi di GianlucaDiMarzio.com abbiamo accettato l’invito di alcuni tifosi: ci siamo fatti raccontare come vivono la situazione un tifoso storico, un ex dirigente e una bandiera del club sassarese.
Dal risultato della Torres dipende l’umore di chi di quella squadra ha fatto una ragione di vita, come il signor Antonio Dellacà. “Ho fatto una violenza a me stesso” – ci racconta – “Cinquant’anni di abbonamento. Sempre presente. Sole, pioggia, vento, nulla poteva fermare l’amore per la squadra della mia città. Spostai pure la data del mio matrimonio per la Torres. Ma quest’anno ho detto basta, è troppo. Riabbonarmi avrebbe significato avvallare l’operato di questa dirigenza”. Un fiume in piena il signor Antonio, che dopo una pausa aggiunge: “Questi signori si rendono conto di quello che stanno facendo? La mia è la linea adottata da tutta la tifoseria, non solo dalla curva. Pagare il biglietto significa incoraggiare i dirigenti ad andare avanti. Ultimamente allo stadio stanno andando 60-70 persone, situazione mai verificatasi in 113 anni di storia. Ma poi chi? Tra biglietti omaggio, parenti di giocatori e amici quanti sono i paganti? Nessuno. Quanto sarà l’incasso? Come si può andare avanti così? Io sono preoccupato e temo situazioni ben più brutte della semplice retrocessione. Un imprenditore interessato c’è (Salvatore Sechi, n.d.r.) e si prenderebbe carico di tutti i debiti e ci garantirebbe un futuro. Il nuovo presidente l’ha acquisita per 3 euro, che aspetta a cederla? Bisogna fare in fretta, prima che sia troppo tardi”.
C’è anche chi, oltre a essere tifoso, è stato dirigente dei sassaresi. E’ il caso di Andrea Colombino, in passato collaboratore di club di A e di B e validissimo ex direttore sportivo dei rossoblù: “Io il mio staff siamo sassaresi e oltre che la passione per il calcio abbiamo anche la passione per il club della nostra città. I tifosi vorrebbero una società solida, che abbia un progetto, risorse per pianificare un futuro e riportare il club dove merita di stare. L’anno scorso il vecchio presidente è stato coinvolto nella vicenda ‘dirty soccer’ e non era stato molto presente allo stadio. Per carità, ha speso soldi nel club, ma non è riuscito a farsi volere bene dalla tifoseria. Ha lasciato dei debiti piuttosto consistenti e penso che la cessione sia quasi un dispetto fatto ai tifosi. Io ho sempre cercato di difendere il vecchio presidente, non perché volessi fare l’aziendalista, ma perché volevo evitare il peggio. Pensavo che magari un atteggiamento diverso di tutto l’ambiente, nei periodi in cui i ragazzi andavano bene in campionato, avrebbe ammorbidito un po’ la situazione”.
Risultato? Squadra smantellata e benservito a chi per la Torres ha lavorato senza sosta: “La volontà fino all’ultimo sembrava quella di continuare. Per tutto lo scorso campionato la società è stata retta da chi operava a Sassari, che aveva ben chiare le idee avendo sott’occhio la situazione. Ma avevamo divergenze evidenti con il presidente. Voleva rinforzare la squadra, mi ha fatto fare dei tagli per avere delle risorse a disposizioni, mi faceva imbastire le trattative e poi bloccava tutto. A gennaio mi ha fatto contattare 56 giocatori, tutti in grado di farci fare il salto di qualità definitivo. Perché comportarsi così? Con pochi acquisti a quest’ora saremmo in Lega Pro. Ti dico di più. Alla fine sarebbe bastato garantire ai ragazzi, il giorno della finale play-off, che i quattro stipendi arretrati sarebbero stati pagati. Quello che mi fa rabbia è che serviva veramente poco per dare continuità a quel progetto. Sarebbero rimasti tutti, tranne qualche giovane. Ma avevamo già individuato degni sostituti. In cuor mio stavo già lavorando per il futuro. Me ne sono fatto una ragione. Ora la soluzione c’è. Un imprenditore sassarese è interessato a rilevare la società e accollarsi tutti i debiti. La speranza è che la trattativa si concluda entro dicembre, in modo da dare la possibilità alla nuova proprietà di rinforzare la squadra e salvare la categoria. Spero che l’attuale presidente si metta una mano sulla coscienza: non può pretendere che qualcuno oltre ai debiti spenda soldi in più, come vorrebbe lui. Il presidente propone quote societarie, ma nessuno accetta a queste condizioni. Dove vuole arrivare?”.
Domanda che si fa anche un grande ex come Stefano Udassi, bandiera del club con oltre 200 presenze e 51 gol, tutti tra i pro: “Sono sassarese e tifoso da sempre della Torres. Vivo la città e il momento. Tra di noi ex ci sentiamo spesso per parlare della situazione. Con Alessandro Frau (ex Torres e Roma) che adesso è un mio giocatore, ne discutiamo quasi quotidianamente. C’è molta delusione. Centotredici anni di storia calpestati. C’è un senso di rabbia e di impotenza nel vedere un club come la Torres in mano a personaggi ambigui, poco chiari. Il mistero è questo. Il nuovo proprietario non vuole vendere il club e un po’ tutti si chiedono quale sia il suo obiettivo e dove voglia arrivare. Chi ha manifestato l’intenzione di acquisire la squadra ha trovato un muro. Abbiamo tutti le mani legate e siamo preoccupati. Vogliono traghettare la Torres verso il fallimento? Magari verrebbe anche voglia di andare a sostenere i ragazzi, alcuni molto giovani, ma sarebbe come dare ragione alla dirigenza. La squadra è abbandonata a se stessa. Non andare allo stadio, per il tifoso che aspetta la domenica per seguire la squadra del cuore, significa aver raggiunto il massimo livello di insofferenza. Il clima che si respira in città è di rabbia, delusione e preoccupazione”.