Siviglia: “Io, Lotito e la mia Lazio operaia. Ora voglio allenare i grandi”
Una “bugia” e una chiamata alle 2 di notte di Lotito gli hanno cambiato la carriera. Lazio, retroscena, gli scherzi tra Tare e Inzaghi e il futuro da allenatore: Siviglia si racconta ai nostri microfoni
A osservarlo oggi sembra ancora un calciatore in attività, nonostante il suo ritiro risalga ormai a 10 anni fa. La ‘garra’ che ha sempre messo sul terreno di gioco lascia il posto a una faccia pulita da bravo ragazzo, fisico da fare ancora invidia e occhi che si illuminano appena si parla di calcio. “Lo ammetto: ho affrontato avversari fortissimi – Sheva, Crespo, Ibra, Eto'o, Totti, Vieri, Del Piero, Inzaghi, Batistuta, etc – ma in campo non ho mai avuto timori reverenziali nei confronti di nessuno, sono sempre stato molto determinato e competitivo, una volta indossati gli scarpini affrontavo una battaglia di 90’. Ma se da giocatore ero adrenalinico, da allenatore sono molto più equilibrato. Sono due ruoli diversi, per leggere le situazioni di gioco e dare una mano alla squadra serve rimanere lucidi", sorride Sebastiano Siviglia.
Che oggi non è più solo l’ex difensore capitano della Lazio, ma è un allenatore in rampa di lancio, che dopo tanta gavetta a livello giovanile attende la chiamata tra i grandi. “Un po’ allenatore mi sentivo anche in campo, rispettavo i compiti che mi venivano assegnati, però specialmente negli ultimi anni magari a mente fredda mi piaceva immaginare che scelte avrei fatto io nel ruolo di allenatore”, racconta Siviglia, oggi 47enne, a GianlucaDiMarzio.com.
Presente e futuro in panchina
Percorso che porta dritto in panchina: “Nel 2013 ho conseguito il Master Uefa Pro a Coverciano e diciamo che avevo dei compagni di corso niente male, da Pippo Inzaghi e Crespo a Roberto Baggio, Ivan Juric e Fabio Cannavaro. Ho allenato la Primavera della Nocerina, poi per due anni i Giovanissimi della Lazio – dove spinsi tantissimo per avere Manolo Portanova, oggi alla Juve, intravedendo in lui qualità fuori dalla norma –, poi la Primavera della Ternana e infine gli ultimi due anni sono stato sulla panchina della Primavera del Lecce”, racconta Siviglia.
Ad agosto ha salutato la Primavera giallorossa, deciso a fare il salto alla guida di una Prima squadra: “Ho fatto la mia gavetta, ora mi sento pronto ma solo davanti a un giusto progetto. Ho già ricevuto proposte, ma non è ancora scattata la scintilla giusta. Cosa cerco? Pretendo la possibilità di lavorare liberamente e portare avanti le mie idee”. Decisamente chiare: “Mi piace un calcio all’attacco, modulo di riferimento 4-3-3 ma penso che un bravo allenatore sia colui che riesce ad adattarsi alle caratteristiche dei giocatori. Ma più che di moduli e ruoli ormai in campo mi piace parlare di compiti. Poi il calcio cambia e devi saperti adattare, a oggi le mie più grandi ispirazioni arrivano da quello che osservo guardando una miriade di partite a settimana e di tutte le categorie”, sottolinea Siviglia.
Tare, Inzaghi e gli scherzi a Formello
Uno che ha imparato tanto anche dagli allenatori che ha avuto: “Capello, Delio Rossi, Vavassori, Cagni e Delneri mi hanno sicuramente trasmesso qualcosa di particolare, stimo tantissimo Klopp e Gasperini e spesso vado a Formello a guardare da vicino il lavoro del mio amico Inzaghi: Simone ormai è un top, apprezzo moltissimo la sua capacità di gestire e valorizzare il gruppo”. Rewind immancabile agli anni da calciatore, quando Sebastiano alla Lazio era una colonna insieme ad alcuni protagonisti dell’attualità biancoceleste, Inzaghi e Tare. “Quante risate e scherzi. Dall’esterno Tare sembra duro, burbero, invece non puoi capire… Inzaghi lo 'stuzzicava' sempre e Igli replicava. Una volta per saldare un debito a calcio-tennis, Tare ha bevuto due litri di tè in 2 minuti. Tutto questo avveniva in maniera naturale perché c’era grande empatia di gruppo. Per non parlare di Pasquale Foggia (oggi ds del Benevento, ndr) con cui ho condiviso la stanza in ritiro per anni, ci lega un rapporto di vera stima e affetto, e Fabio Firmani, un grande amico. Eravamo un gruppo meraviglioso”, racconta Siviglia.
Una telefonata (di Lotito) ti cambia la carriera…
E pensare che il suo approdo alla Lazio è arrivato nel modo più incredibile. Estate 2004, Sebastiano è in tournée a Valencia con il Parma, alle due di notte riceve una chiamata. “Pronto, ma chi è a quest’ora?”, la riposta infastidita. “Sono Claudio Lotito, vieni alla Lazio? Abbiamo bisogno di te, ma sappi che devi abbassarti lo stipendio perché abbiamo bisogno di tenere i conti sotto controllo”, la replica inaspettata. “Pensavo fosse uno scherzo, glielo dissi anche…”. Invece quella telefonata dà il via alla parte più bella della carriera di Siviglia.
“Oggi ti dico che non è stato facile, specialmente all’inizio. All’epoca era una Lazio da ricostruire dalle fondamenta, il ridimensionamento degli ingaggi era un requisito essenziale per la sopravvivenza del club. I tifosi faticavano ad accettare un ridimensionamento dopo l’era Cragnotti, ma piano piano con tanto lavoro e sacrifico riuscimmo a far riaccendere la passione nel pubblico. E io sono fiero di essere stato uno dei simboli di quella Lazio ‘operaia’”. Capace però di vincere una Coppa Italia, una Supercoppa Italiana contro l’Inter fresca di Triplete e di ottenere l’approdo ai gironi di Champions League, traguardo eguagliato 13 anni dopo solo dalla Lazio attuale. Un amore reciproco tra Siviglia e i tifosi biancocelesti: “Da qualche mese sono sbarcato sui social e le testimonianze di affetto che sto ricevendo mi fanno emozionare”.
Una bugia dietro il tesseramento con la Nocerina
Così come i ricordi degli anni alla Nocerina, dove la carriera di Siviglia ebbe inizio per merito di una… bugia! “Ma una ‘bugia bianca’”, sorride divertito. È l’ottobre del 1993, Sebastiano ha 20 anni, è svincolato e si allena da solo a Palizzi, piccolo paesino in provincia di Reggio Calabria, in attesa di una chiamata che sembra un miraggio. Quando il telefono squilla, il procuratore Alessio Matrecano gli parla chiaro: “Alla Nocerina, Serie D, cercano un esterno offensivo e un portiere”. Siviglia non ci pensa su un attimo: “Portiere proprio no, ma esterno d’attacco sì”. Provino organizzato.
“Stadio di Torre Annunziata, avversario il Savoia in amichevole. Ci metto impegno, corsa, grinta, non faccio male, ma l’esterno d’attacco non è proprio il mio ruolo. A fine gara l’allenatore della Nocerina di allora, Leonardi, mi dice ‘Ma tu che ruolo hai?’, rispondo quasi imbarazzato ‘Faccio tutta la fascia’. Non si convince, però ottengo il contratto per un anno dopo una settimana in prova con loro. Alla prima gara da esterno d’attacco mi sostituisce dopo 20’, da novembre a febbraio non vengo più nemmeno convocato”, ricorda Siviglia. “A febbraio contro il Taranto sono ‘costretti’ a schierarmi per via dei tanti indisponibili. Gioco terzino, faccio una partita incredibile e da allora non esco più dal campo”. Fino all’estate del 2010, dopo 17 anni di carriera divisa tra Nocerina, Verona, Roma, Atalanta, Lecce, Parma e Lazio. Una bugia decisamente ben spesa…