“Sapete i loro nomi?”. Klopp, il team e il primo giorno a Melwood
“La sua prima presentazione è stata davvero incredibile”.
Parola di chi quel giorno c’era. Tutti nella sala conferenze. Tutti davvero. Perché Jurgen Klopp ha voluto così.
E la memoria torna indietro, a quando il tedesco era da poco manager del Liverpool – orfano di Brendan Rodgers – e voleva da subito cambiare qualcosa a Melwood.
Giocatori in sala, poi tutto il resto dello staff, insomma chi non scende in campo, quei volti lontano dai riflettori ma che mandano avanti un club dal dietro le quinte.
“I calciatori erano lì e poi lui ha chiamato tutti gli altri. Ha detto: ‘Ragazzi, voi conoscete queste persone? Loro sono quelli che vi aiutano ad essere sempre al 100 per cento. Sapete i loro nomi?’.
In quella riunione, Jurgen ha creato in tutti noi un nuovo senso di responsabilità nei confronti degli altri e disse: ‘Tutti sono responsabili di tutto'”.
Una presentazione unica che Pep Lijders, attuale vice del manager tedesco al Liverpool, in un’intervista al portale Joe ha ricordato come fosse accaduto ieri.
Il metodo Klopp, in vigore da subito. Per creare, oltre che una squadra, un gruppo. O meglio un team, parola che lo stesso Klopp in quell’occasione scrisse a grandi lettere: “E’ questo ciò che voglio”.
Senza farsi mancare uno spelling creativo della parola ‘team’ che è diventato ancora di più motivo di unione: “La ‘T’ sta per ‘terribile’ come la squadra che dobbiamo essere per gli avversari;
‘E’ sta per ‘entusiasmo’; ‘A’ come ‘ambiziosi’ e ‘M’ come una ‘macchina con una mentalità forte'”. Dal vocabolario secondo Klopp.