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Da Santa Lucia alla Cattolica Virtus: i primi gol di Pablito

Santa Lucia è la frazione più a nord del comune di Prato. La sera del 5 luglio 1982 una processione di motorini movimentò Via Bologna, dove abitavano Amelia Ivana e Vittorio. Paolo, loro figlio, aveva appena segnato tre gol al Brasile di Zico, Falcao e Socrates, trascinando l'Italia alla semifinale del Mondiale. Oggi, quasi 40 anni dopo, dai balconi e dalle terrazze che si affacciano su quelle stesse strade pendono ancora i tricolori. Lo ha chiesto ai suoi concittadini il sindaco Matteo Biffoni, che allora era un bambino ma che adesso lo piange come tutti. Paolo Rossi è nato lì e ha tirato i primi calci in quello che oggi è il Coiano Santa Lucia, società nata nel 2001 dall'unione di due frazioni vicinissime. Mattia Di Vivona ne è il direttore generale e il suo cellulare ha iniziato a squillare molto presto. Tutti volevano avere foto e testimonianze dei primi calci di quel bambino di appena nove anni, che avrebbe vinto un Mondiale da capocannoniere con tanto di Pallone d'Oro. 


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"Il campo è dedicato a suo padre, Vittorio – ci racconta Mattia – all'ingresso c'è un palo. Se si alza lo sguardo, vengono i brividi". Già, perché – così facendo – si può ammirare un cartello con le facce di Vieri, Diamanti e… Paolo Rossi. Tutti campioni cresciuti qui e arrivati a vestire l'azzurro: "Aveva sempre una buona parola per tutti – ricorda Mattia – è diventato grande per le sue doti tecniche ma anche per l'umiltà". Quattro anni fa, di questi tempi, migliaia di persone invasero Palazzo Banci Buonamici per Pablito. Presentava una mostra, fatta di cimeli, racconti, articoli, foto e filmati: "Doveva tornare qui lo scorso marzo – svela Mattia – poi il coronavirus lo ha obbligato a rinunciare. Ci eravamo dati appuntamento a fine pandemia. Purtroppo non sarà possibile", sospira. 

"Dai, cambiati e vieni a giocare!"


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Come a Coverciano, anche al Centro Sportivo San Michele le bandiere sono a mezz'asta in segno di lutto. Firenze, quartiere di Soffiano. Paolo ha giocato con la maglia della Cattolica Virtus dai 12 ai 16 anni. Per arrivare da Prato prendeva tre pullman. E poi il babbo lo portava a vedere la Fiorentina del secondo scudetto, in curva. Una squadra straordinaria. La formazione Paolino, come lo chiamavano alla Cattolica grazie a Don Ajmo Petracchi, la conosceva a memoria: "Qui giocava suo fratello Rossano – ci racconta l'attuale presidente Maurizio CammilliPaolo lo veniva a vedere: 'Dai, cambiati e vieni a giocare pure tu', gli dissero un giorno". La Cattolica è una squadra di assoluto prestigio in Toscana, ne ha lanciati tanti come Barzagli e Cragno tanto per dirne due: "Già all'epoca chi giocava qui si sentiva bravino e lo guardava di traverso, ma nessuno quel giorno riuscì mai a prenderlo", commenta divertito Maurizio, impegnato con le tantissime chiamate fra Italia 7, Rai Tre e Radio Toscana

Quel sorriso…


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L'album dei ricordi è infinito. Paolo esprimeva gioia, sempre: "Ho ritrovato la foto di una finalissima del campionato Juniores Regionale giocata con il Picchi Livorno – prosegue Maurizio – fece un gol partendo da centrocampo, come Baggio o Maradona. Il terzino che lo marcò uscì con il mal di testa, mentre Paolo si vede benissimo che, mentre corre, sorride. Proprio come faceva nel Mondiale del 1982 prima di tirare e fare gol". Quando tornava al Centro Sportivo San Michele da giocatore affermato, una volta ripercorsa la celebre "salitina" che porta al campo, era disponibile con tutti: "Parlava con i capi di stato ma anche con l'ultimo dei ragazzini. Una volta, disse loro: 'Ho provato tante emozioni, ho giocato negli stadi più belli e il calcio mi ha dato tanto. Ma ritornare qui ed incontrarvi è l'emozione più grande che abbia mai provato". Fece commuovere tutti, proprio come oggi. Lui, che amava sorridere e che lo ha fatto fino all'ultimo respiro.