#Russia2018 – Mosca, tappa… finale: dentro il Luzniki nell’occhio del Mondiale
Oggi lo traduciamo così: Kràsnaja Plosciad’ =
Piazza Rossa. Domande frequenti da turisti: “Rossa… per il
comunismo?”. Niet. “Rossa… per le mura del
Cremlino?”. Niet. “Rossa… perché?”. Le guide non vedono l’ora di rispondere. Merito di una lingua che ha più varianti della Vodka: “Kràsnaja” (quasi) come “krasnij”. Che in russo antico significava… bella. Ergo: “Piazza bella”. Oggi Piazza Rossa, la radice è rimasta la stessa ma è cambiato il significato. Gli inverni trascorsi hanno fatto il resto, mantenendo l’identità di Mosca. Solida, inespugnabile e fiera. Che era bella pure nel ‘500, quando Ivan il Terribile fece costruire
la Cattedrale di San Basilio e accecò il suo architetto per “impedirgli di
costruire qualcosa di più maestoso”. Almeno secondo la leggenda. Termini che
tornano col tempo, ora formato “wow”.
Che poi è ciò che pensi quando arrivi al Luzniki Stadium, teatro
della finale dei Mondiali (più 4 partite della fase a gironi, un ottavo e una semifinale), percorrendo la strada principale. Oppure quando vedi una gara di Champions dello Spartak, con la curva piena e
i cori per Carrera: “Massimo! Massimo”. Gladiatore dell’Otkrytie Arena, costruita nel 2014 sempre per la Coppa del Mondo (ospiterà 4 gare della fase a gironi e un ottavo di finale). Coi fratelli Starostin, fondatori del club, a fare la guardia alla tribuna. E Spartaco all’intero stadio. Giochi di nomi. Emblemi e simboli di un impianto da 45mila posti prontissimo per il grande evento.
Mosca è così, bella come la Piazza
(Rossa). Pure di più. Ora anche in “World Cup mode”. Coi suoi
misteri, la sua storia, i suoi segreti e la sua metro, coi cani di
bronzo dal muso usurato. Dicono che toccarli porti fortuna. E tutti lo fanno.
Passano lì vicino, strofinano il viso del cane in Piazza della
Rivoluzione come fosse un’abitudine, poi passano oltre. Vezzo totalizzante.
Anzi: rassicurante. Come in guerra, negli anni ’40, quando la metro divenne un
rifugio e una seconda casa al riparo dalle bombe. Oggi è stata valorizzata a patrimonio
culturale. I russi sono così, attaccati al passato che non passa ma al tempo
stesso proiettati nel futuro. Parla un esempio: all’interno della statua per i
difensori di Leningrado c’è un metronomo. Se ti avvicini lo senti. Batte ancora
come 70 anni fa, quando ai tempi dell’assedio tedesco era l’unico suono
trasmesso dalle radio per dare speranza agli abitanti. 900 giorni di “toc-toc”
e preghiere. I russi sono così, tengono stretti i ricordi. Anche quelli meno
“belli”. Meno “wow”. Trasportando il tutto nel presente.
Adesso, infatti,
vicino il Luzniki c’è un altro orologio sempre acceso, un altro countdown verso il 14 giugno 2018, quando un’altra storia inizierà. L’inaugurazione, i Mondiali, la prima gara della Russia e il Mondo che guarda, come per
le Olimpiadi del 1980. Stesso stadio, contesti differenti, un’assonanza: gli Stati Uniti mancheranno anche stavolta. E dopo aver visto
Ekaterinburg, Kazan e Niznij Novgorod vi portiamo anche nell’impianto in cui si
giocherà la finale. Dove Buffon vinse la Coppa Uefa insieme a Cannavaro e Ronaldo la sua prima Champions. In esclusiva, qui, su gianlucadimarzio.com. Per l’ultima tappa del nostro #RussiaTour.
IL LUZNIKI STADIUM
Noti subito i seggiolini dello stadio: 4 tonalità di rosso
per 81mila posti. E una curiosità dettata dal colore, scelto dai cittadini di
Mosca attraverso un sondaggio su internet (ps: 147mila voti). Sistemi di sicurezza
all’avanguardia poi: in caso di emergenza, infatti, l’intero piano di
evacuazione è studiato per portar fuori tutte le persone dello stadio in soli 15
minuti (il tutto attraverso 44 scale situate nei vari anelli). Precisione e
puntualità in primis. Con un occhio alla cronaca nera: nel 1982, proprio in
questo stadio, morirono 66 persone durante una partita di Coppa dello Spartak.
“Colpa della calca ammassata lungo un’uscita” dissero i sovietici. Il
caso fu insabbiato dal governo, il custode fu costretto a prendersi la colpa
dichiarando il falso. Che “si sentiva psicologicamente colpevole”. Mai vero, come da lui stesso dichiarato quasi 30 anni dopo. Lui fu
condannato ai lavori forzati per 3 anni, nessuno ha mai chiesto scusa alle famiglie delle vittime. E oggi, a distanza di 40 anni,
c’è ancora un memoriale in onore di chi ha perso la vita. Pagine da cancellare, la parte
meno bella di Mosca.
Il Luzniki di oggi è un altro stadio rispetto a quello in cui il Parma vinse la Coppa Uefa del 1999, è stato ristrutturato togliendo la pista d’atletica e modifcando leggermente il tetto, permettendo agli
spettatori di avere una visione decisamente più all’inglese. Moderna. I russi lo chiamano “casa dello
sport”. Merito di una sfilza di eventi ospitati negli anni, fin da quando
si chiamava “Lenin Stadium” e all’ingresso c’era una sua statua.
Luzniki uguale storia, trofei, un complesso sportivo intorno allo stadio (campi
da calcetto, calciotto e calcio a 11). Tribunette. Concerti di Madonna e
campionati mondiali di Atletica leggera. C’è stato di tutto, a 10′ di distanza
c’è anche la metropolitana. Location suggestiva tra parchi e il lungo-fiume: di fronte al Luzniki, infatti, c’è la Moscova che
scorre veloce, mentre l’Università di Mosca lo sorveglia dall’alto, da una collinetta che “guarda” il campo. Intanto, le lampade artificiali lo riscaldano, il tunnel si prepara ad accogliere i giocatori, lo stadio “riposa” coi suoi seggiolini suggestivi. Rossi, belli. Come la Piazza. Come i cani di bronzo. Come Mosca, silenziosa e fiera, che aspetta il suo Mondiale. Forse ancora più bella.
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