Roma, dalla A alla Z: in Conference l’attacco torna decisivo
Abbracci e applausi. Serata europea di gol e sorrisi per l’attacco giallorosso
Mourinho non ha voluto parlare di un singolo da quando nella conferenza alla vigilia della gara contro lo Zorya ha subito chiarito: “Non mi aspetto nulla di particolare da Zaniolo. Mi aspetto tutto dalla squadra”. Ragionamento sulla base degli undici. Nella serata in cui ad aprire le marcature è stato il numero undici (Carles Perez). Dall’undici al ventidue. Nicolò. Il raddoppio. Matematica, ma non solo. Dalla A di Abraham alla Z di Zaniolo. L’alfabeto come confine di un attacco che in Conference League è tornato ad essere decisivo. In una gara che a inizio anno, dopo i sorteggi, poteva (doveva?) essere probabilmente solo una formalità per la Roma. Invece è diventata una finale. Copyright José Mourinho. Anche se quella vera di finale è lontana sei mesi e altri tre (o quattro) turni.
Zaniolo-Abraham, abbracci e applausi
Ma partiamo dalla Z. Zaniolo ha provato in ogni modo a trovare la via del gol per tutta la prima mezz’ora di gioco. Però una volta teneva troppo a lungo la palla, un’altra il tiro era troppo alto. Sempre ‘troppo’. Un’altra volta ancora ha trovato l’opposizione di Buletsa. Calcio d’angolo. La palla sbatte sui cartelloni e lui la calcia quasi con insofferenza verso la bandierina. Vuole il gol. La porta non poteva restare ancora un target lontano; distante come il 26 agosto, la data del primo e unico gol segnato in questa stagione finora. Anche allora, contro il Tranzonspor, in Coppa e in casa.
Per ritrovare quel feeling con l’Olimpico che gli ha fatto realizzare proprio in casa ben 12 delle sue 16 reti con la maglia della Roma. Poi però eccolo, il gol. Al 33’. Come una liberazione. La rete si gonfia. Lui accenna una corsa poi fermo, braccia allargate. “Posso giocare in attacco, o esterno. Il mister mi ha detto di giocare lì. Vivo di pressioni, amo le pressioni. Mi piace rispondere sul campo. E Mourinho mi ha insegnato a non accontentarmi”, dirà poi nel post partita.
L’abbraccio dei compagni, quello dell’Olimpico e poi di Abraham prima di riprendere il gioco. E lo stesso Olimpico che, nell’ultima partita in casa in campionato (contro il Milan), al momento della sostituzione non gli aveva nascosto un certo disappunto. Fischi. Contro lo Zorya sono tornati gli applausi al 70’, quando ha lasciato spazio a Shomurodov.
Zaniolo esce e Abraham accompagna l’uscita del compagno di reparto battendo a sua volta le mani e incentivando i tifosi a fare ancora di più. Un po’ come quando durante l’inno, prima della gara, ‘ritma’ il ritornello con le braccia alzate al ‘Roma, Roma, Roma’ urlato dai tifosi. Torniamo dunque alla A. Abraham. Ha ritrovato il gol dopo quasi 20 giorni (l’ultimo contro il Venezia, il 7 novembre). Difficile restare a digiuno per tanto tempo, soprattutto senza vincere o essere decisivo. Invece Mourinho si era detto contento comunque del suo #9. “Lavora tanto per la squadra e aiuta tanto nella costruzione, anche difensivamente, nel modo di pressare. Ha imparato ad avere un’altra dimensione come giocatore di squadra. Penso che presto o tardi arriveranno più gol”.
Già, presto. Il giorno dopo. E due, per la prima doppietta con la maglia della Roma. Una Roma che doveva aspettare una (quasi) finale di Conference League per riscoprire quanto può (e deve) essere decisivo il suo attacco. Dalla A (di Abraham) alla Z (di Zaniolo).