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“Rigore? Se non batte Lulù lo tira Vincenzo”. Dalla serie A alla serie D, Marruocco si racconta

“La serie A fu un sogno, purtroppo capitò nel momento sbagliato”. L’ultima tappa di Vincenzo Marruocco passa per Cava de’ Tirreni, a un passo dall’amata Napoli. Tutto iniziò nel settore giovanile degli azzurri, con uno scudetto: che possa essere di buon auspicio per i ragazzi di Sarri? Intanto Vincenzo si dedica alla Cavese, nella speranza di dare una mano, anzi, due, per riportare i campani tra i professionisti. Inizio di stagione con alti e bassi, quelli che hanno caratterizzato un po’ tutta la storia del portiere di Napoli.

“Conoscevo la proprietà e così ho scelto Cava de’ Tirreni” – dichiara Marruocco ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com Mi sono avvicinato a casa, anche se ormai ho scelto di vivere a Manfredonia. Mi sono trovato subito con il progetto della Cavese e ho deciso di dare il mio contributo. L’obiettivo è quello di arrivare tra le prime tre e provare a stare in alto fino a fine campionato. Dopo un inizio non facile adesso ci siamo ripresi. Il Potenza ha dimostrato di avere qualcosa in più, ma il campionato è lungo e puntiamo ad arrivare alla promozione“.

Tra i pali da una vita, tutto è nato grazie a… “Un po’ di pazzia, la passione di buttarsi in mezzo alla mischia e mettere mani e testa dove gli altri mettono i piedi: un amore nato da subito, da piccolo. Tutti facevano a gara a giocare in attacco, io mi piazzavo in porta senza grossa concorrenza. Prima era più dura, ci voleva più coraggio, ma giocavo per strada e dunque ero già svezzato quando mi presentai alla prima scuola calcio. A casa guardavo le partite della Nazionale e rimanevo incollato per vedere le parate di Walter Zenga, all’epoca era il top. Anche se mi affascinavano molto i portieri un po’ piùestrosi come Michel Preud’homme.

Il tifo per gli altri “azzurri” ha fatto il resto:Tifo Napoli da sempree coronai il sogno di entrare nel loro settore giovanile proprio il campionato in cui vinsero lo scudetto. In questi anni è tornato tutto come in quel periodo e magari, visto che ora smetto, è la volta buona che vincono di nuovo il campionato (ride): me lo auguro con tutto il cuore. Purtroppo dopo qualche anno la mia scalata si è sviluppata altrove, ma devo dire che mi è andata bene: ho fatto una buona carriera, non ho rimpianti”.

La prima vera opportunità a Messina, dalla serie D alla serie B: “Facemmo una splendida cavalcata. Quando arrivai la squadra era tra i dilettantie salimmo fino alla cadetteria.Quel gruppo arrivò a fare un settimo posto in serie A e ciò che è successo dopo è incredibile. Mi piange il cuore a vedere il Messina faticare in serie D, con quella tifoseria, due stadi e un glorioso passato. Questo è il male più grande per i tifosi, assistere impotenti alle disgrazie societarie e trovarsi catapultati dal paradiso della massima serie al dilettantismo senza poter fare nulla”.

A Foggia la definitiva esplosione. Proprio in Puglia Vincenzo si è specializzato nei rigori, parati e… segnati: “Già… (ride di nuovo). Giocavamo a Martina Franca e Luis Oliveira sbagliò un rigore decisivo. Stiamo parlando di un campione assoluto, che in carriera ha segnato valanghe di reti: ma quell’anno era un po’ in difficoltà. L’allenatore, Giuseppe Giannini, disse ‘se non tira Lulù tira Vincenzo’. Rimasi un po’ stupito ma non ci pensai due volte: per un giorno mi sono sentito un po’ Chilavert. Non avevo mai tirato un rigore, neanche in allenamento, ma già da ragazzino, dai 16-17 anni, ero abituato a giocare la palla e dunque ero sicuro che sarebbe entrata”.

Ci insegni qualche trucco per parare i rigori? “Merito di Stroppa, proprio nel periodo in cui stavo a Foggia. Passammo ore a studiare il corretto posizionamento del corpo, le tecniche che usano gli attaccanti per calciare. Bisogna stare fermi fino all’ultimo, chi calcia si trova in difficoltà perché a quel punto è lui che ha lo stress di scegliere dove indirizzare il pallone. E poi, ovviamente, un po’ di fortuna non guasta mai (ride ancora). Qualche rigore l’ho parato, dai…”.

Dopo tanta “gavetta” a Cagliari la grande occasione: come mai non andò bene? “Peccai un po’ di presunzione, errori di gioventù. Non capii da subito quale opportunità mi stavo giocando. Giocai contro alcune delle migliori squadre, come Roma e Inter, emozioni incredibili, ma accompagnate dal rammarico di non essere riuscito a rimanere in ‘paradiso’. Purtroppo a certi livelli devi essere veramente al massimo delle tue capacità psico-fisiche e non mi aiutò neanche la fortuna. Il Cagliari in quel periodo non se la passava benissimo”.

Cosa racconterai ai tuoi nipotini? “La cosa più bella che ricordo della serie A è l’umiltà e la sensibilità di un grande portiere come Julio Cesar, all’epoca il più forte del mondo assieme a Buffon. Gli chiesi la maglia prima della partita e quando ormai avevo perso le speranze si presentò di persona nel nostro spogliatoio. Un gesto che mi colpì molto e che ancora ricordo con piacere: un campione del genere che mi viene a portare la maglia? Grandissimo rispetto per lui“.

A 38 anni Marruocco ha deciso cosa fare da grande? “Spero di rimanere nel mondo del calcio. Mi piace molto andare in giro a vedere i ragazzi, dai 15 in su: è una cosa che mi appassiona. Questo è l’ultimo anno, è giusto dare spazio ai giovani. Prima però darò tutto per aiutare la Cavese a raggiungere il suo obiettivo. Una volta smesso, come avrai capito, mi piacerebbe fare l’osservatore. Vediamo cosa mi riserverà il futuro…”. Non è ancora il momento per Vincenzo, terrore dei rigoristi della serie D.