“Ricordo tanti schiaffoni…”. Cagliari, dall’esordio in A al sogno azzurro: “Alfonsino” Barella si racconta
“Esordio in serie A? Ricordo tanti schiaffoni: per fortuna erano affettuosi…”. Ride Nicolò Barella, carattere solare per il ragazzino della “cantera” rossoblù. Se è in vena di scherzi non capitategli vicino, potreste avere “simpatiche” sorprese… Ma “Su piccioccheddu” si è fatto grande, in tutti i sensi. Un anno da favola per “Barellino”, prima “mascotte” e adesso padrone del centrocampo rossoblù: “E’ stata una stagione molto positiva quella passata” – racconta Nicolò ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com –“Ma non mi piace darmi voti: quello deve darmelo Rastelli. Non mi aspettavo di giocare così tanto, ma ho messo sempre il massimo dell’impegno sperando che accadesse: alla fine sono stato premiato”.
Tutto meritato. In campo qualità e quantità, Barella è capace di passare dal dribbling stretto al tackle sradica palloni in meno di 1 minuto. Ti manca forse il gol? “Eh sì. E’ una soddisfazione e una grande emozione vedere il pallone che gonfia la rete: l’essenza del calcio. Mi piacerebbe segnare di più, ma devono essere reti decisive, altrimenti non ci proverei gusto. Non deve essere una gioia fine a se stessa ma deve aiutare la squadra”. E Rastelli che ti dice? “Parliamo tanto, con il nostro allenatore, è sempre stato così. E’ una persona diretta, leale. All’inizio mi disse che dovevo impegnarmi di più, che quello che stavo facendo non bastava a guadagnarmi il posto. Quest’anno, invece, sono arrivati molti complimenti e gli devo tanto: è lui che mi ha permesso di guadagnarmi un posto in serie A”.
L‘episodio indimenticabile? Risata… “Non uno scherzo, sono troppi e al momento non me ne viene in mente uno in particolare. Mi viene in mente, invece, il giorno dell’esordio, il rientro nello spogliatoio. Tutti quegli idoli come Conti, Cossu e Dessena stavano aspettando me per farmi le feste… Ricordo tanti schiaffoni, per fortuna erano affettuosi (ride ancora). Poi pacche sulle spalle, complimenti e frasi di incoraggiamento: per me indimenticabile. Poi ricordo il battesimo rossoblù: io in piedi sul tavolo a cantare“ tu corri” dei Gemelli Diversi. Eravamo in ritiro a Sappada e con noi c’era anche Daniele Conti”.
A proposito di Conti so che è tra i tuoi modelli… “Essendo tifoso del Cagliari, da piccolo il mio idolo era lui. E non ti parlo solo di quello che faceva in campo, ma anche come persona: è un esempio per tutti i giovani che iniziano nel settore giovanile del Cagliari. Poi mi piacevano Stankovic e le sue bombe: i gol da fuori area sono proprio quello che mi manca.Tra i giocatori di adesso, nel mio ruolo, il più forte è sicuramene Radja Nainggolan: ho anche avuto la fortuna di allenarmi con lui qualche volta. Ma se dovessi chiedere la maglia a qualche collega la chiederei a Messi, secondo me il più fort in assoluto: lui è di un altro pianeta”.
E’ vero che hai iniziato con il basket: “Sì e ricordo un aneddoto che mi racconta spesso mia madre. Mi portò a fare basket, ma mentre gli altri cercavano di fare canestro io calciavo il pallone contro il muro: forse un segno premonitore. Evidentemente il mio posto era nel calcio. Al resto ci ha pensato mio padre: la passione me l’ha trasmessa lui“. Quanto è difficile giocare con la pressione del pubblico di casa? “Io a differenza di quello che si pensa in giro, non ho mai avvertito questa pressione. O meglio, l’ho presa come uno stimolo: sono fatto così di carattere. Da piccolo ero un po’ testardo, era difficile farmi cambiare idea. Lo sono anche ora, ma in modo diverso. Adesso ogni consiglio e preziosissimo e ringrazio chi me lo dà, significa che ci tiene a me: prima lo vedevo quasi come un affronto. In questo sono cambiato, maturato”.
Che numeri ci consigli di giocare? “I miei! Il mio numero preferito è il 18, semplicemente perché è il numero che mi è stato assegnato quando sono salito in prima squadra: mi fa venire i brividi. Penso che non lo cambierò mai: troppi ricordi. Poi giocatevi il 4,un altro numero a cui tengo, quello che porto in Nazionale. Ma arriva secondo…”. Soprannome e perché? “Tutti mi chiamano Barellino, è partito dalla Primavera perché sono sempre stato il più piccolo: anche l’anno di Como è capitato. Poi alcuni mi chiamano Alfonsino perché so un po’ di tutti: mi piace leggere… (ride di nuovo)”.
Premier, Liga o Bundesliga? Barella va controtendenza: “In questo momento… la serie A. E’ il nostro campionato, io gioco con la mia squadra del cuore e sono felice, non sono esterofilo”. E alla Nazionale ci pensi? Tu e Verratti a dirigere il centrocampo azzurro: “Certamente sì. Poi giocare con lui a fianco sarebbe ancora più bello: è un fuoriclasse assoluto a livello mondiale. Detto questo a chi non piacerebbe giocare per l’Italia? E’ il sogno di ogni bambino che inizia questo sport, incrociamo le dita”.
La passione per il basket intanto è rimasta, il tuo cagnolino “Lebron” ne sa qualcosa: “Seguo tutta la stagione dell’Nba, una grande passione: nella mia famiglia giocano tutti a Basket, è inevitabile. A volte le gare iniziano tardi e quando posso sto alzato anche alle 2 o 3 del mattino, se non ho allenamento. Ogni tanto faccio qualche tiro con miei cugini. Il resto del tempo libero lo passo facendo passeggiate con la mia ragazza e il mio cane: sai già come si chiama… (altra risata). Poi adesso c’è Rebecca, la nuova arrivata. Faccio tutto quello che facevo prima, però magari ci metto un po’ più tempo. Ma desideravo così, avere un figlio, in questo caso una bambina, da giovane: è una cosa bellissima. Ho più responsabilità, sono un papà: anche questo aiuta a crescere”.
Obiettivo per la prossima stagione? “Personale fare gol, magari nel nuovo stadio, nella Sardgna Arena. Di squadra piazzarci il più in altro possibile, darò tutto.Sogni? Di essere accettato per quello che sono, io ci metto sempre il massimo, sperando che basti…“. Sembra proprio di sì, “Barellino”.