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​“Ricordo quando dalla panchina vedevo giocare Inzaghi e Shevchenko”. Carlo Ferrario si racconta, dal passato rossonero alla sua Pergolettese

21 gol in 20 partite: numeri da ‘numeri 9’ come Higuain, Icardi o Suarez. Invece le cifre appartengono a Carlo Ferrario, attaccante della Pergolettese (girone B in Serie D), che ha preso il vizio di far impazzire i suoi tifosi ogni Domenica. Ma la punta classe ’86 non è nuova a rendimenti da capogiro: due anni fa, con la maglia del Bra, ha segnato 32 gol in 35 partite. Come vive lui questa maturazione, iniziata a 27 anni?

“Meglio tardi che mai, dai” – ride e si prende un po’ in giro- “A parte gli scherzi, sono molto contento di questi gol, spero serviranno all’obbiettivo di fine stagione. Mi sento aiutato e sostenuto da un ambiente splendido, che mi ha voluto fortemente e mi fa sentire a casa. C’è fiducia da parte di allenatore e compagni e in campo questo rende tutto più semplice”.

Un destino segnato o una strada lunga e tortuosa? “Ho iniziato da piccolissimo ad amare il pallone, ma non era una passione ereditata in famiglia. Da bambino ho giocato qualche anno nel Porlezza, dove sono nato, finché Luigi Rampoldi, un osservatore che lavorava per il Milan, mi ha segnalato
(accompagnandomi avanti e indietro per sette anni in macchina), e fatto approdare a Milanello. Se nella mia carriera c’è qualche panchina con la prima squadra ai tempi di Gattuso, Seedorf, Shevchenko e Inzaghi, lo devo anche a lui, che ha vissuto con me sacrifici e momenti bellissimi. E’ come un nonno e da vero tifoso mi chiama ancora oggi ogni Domenica!!!!”.

Rifaresti tutto? “Sono orgoglioso di tutto ciò che ho fatto, anche mangiare in macchina o uscire prima da scuola. Sono fiero di poter raccontare ai miei due figli (Claudio Emanuele di 8 anni e Christian di 10 mesi) come sono diventato quello che sono. E poi c’è mia moglie Laura, che mi sopporta e motiva ogni giorno, che mette entusiasmo anche quando c’è da cambiare città per seguire i miei trasferimenti. Ormai prendiamo tutto come un’avventura da vivere insieme”.

Carlo parla con un amore sconfinato della sua famiglia e quando con orgoglio dice di rivedere se stesso nel più grande dei suoi bambini, gli chiediamo quanto sarà faticoso non poter tifare Italia ai Mondiali: “Ho visto la partita con la Svezia con mio figlio a casa. Al fischio finale non ci credevamo; anzi, io ho assimilato la cosa dopo qualche giorno. Già mi immaginavo a tifare con lui, ma è andata così. Sono sicuro che da qui ripartirà il nostro calcio. Chissà, magari con Mancini o Conte in panchina…”.

E di allenatori che vorresti vedere al lavoro – gli chiediamo- chi è in cima alla lista? “Ricordo di quando ho incontrato Sarri che allenava l’Alessandria in C1 e io giocavo al Monza. Ecco, mi piacerebbe vedere come gestisce la settimana uno che è partito dal basso e ora lotta per lo scudetto sulla panchina del Napoli”.

Intanto lui si affida alla guida del suo di allenatore: De Paola, che vede come suo: “Unico punto di riferimento. Con lui abbiamo ritrovato una cattiveria agonistica e una grinta che erano venute a mancare. E i risultati si vedono”.

Di sicuro si vedono quelli di un attaccante di 31 anni, che con la numero 9, oggi, ha la media gol di mostri come Higuain, Icardi e Suarez.