Ricchiuti racconta il Simeone di Catania: “Sempre incazzato! Per lui ci saremmo buttati nel fuoco”
“Un aggettivo per il Cholo, uno solo. Prenditi tutto il temp…”. Adrián m’interrompe, subito: “Un grande”.
26 febbraio 2006, 26 febbraio 2016. Dieci anni di Simeone allenatore, tra Racing, River Plate, San Lorenzo, Catania e Atlético. Dieci anni di? Adrenalina. Passione. Emozioni. E molto di più! Ce lo racconta Adrián Ricchiuti, il diciannove (ma dieci nel talento) di quel (2011) Catania – al momento unica esperienza italiana del Cholo in camicia… ops, panchina – che ottenne una salvezza tanto inaspettata quanto travolgente, nei modi soprattutto. Alla Cholo insomma.
“Il mio meglio come allenatore l’ho dato al Catania, sono cresciuto tra le difficoltà che avevamo con l’obiettivo di non retrocedere” Simeone dixit. Ricchiuti in esclusiva su gianlucadimarzio.com non può che annuire orgoglioso. “Sono stati sei/sette mesi incredibili. Abbiamo lavorato con un grande professionista, un grande uomo. Non lasciava nulla al caso. A livello umano è stato spettacolare, non mi sarei mai aspettato che un campione del suo calibro e della sua storia fosse così semplice”.
Sincerità, schiettezza. “Ricordo il primo giorno, quando si rivolse a me in italiano. Io gli dissi ‘mister, sono argentino come lei’ e lui si scusò subito. Non mi conosceva”.
Impegno, prima di tutto. Lui non ha mai guardato in faccia a nessuno. “Chi non s’impegnava in allenamento rischiava di non giocare. Ma per davvero eh!”.
Motivatore. “Riusciva sempre a tirarti fuori il 110%. Ci caricava come delle molle, eri disposto a buttarti nel fuoco per lui”.
Incazzato. “Praticamente tutti i giorni!” e ride. “L’ho visto litigare, spronare, urlare. E’ normale per uno come lui, uno che sente la partita in quel modo. La squadra lo doveva seguire” e ride ancora, alla grande.
Empatia argentina. “Quel Catania aveva una rosa praticamente tutta argentina. Simeone parlava molto con noi, si sentiva quasi a casa. Spesso diceva ‘mi scusino gli italiani’ perché gli veniva più facile esprimersi in spagnolo. Trasmetteva al meglio tutte le sue idee. Pensa, una volta – tra infortuni e squalifiche – abbiamo giocato con 11 argentini titolari”.
Umiltà, rapporti diretti. “Nei momenti di relax ci raccontava aneddoti della sua carriera, ai tempi di Lazio e Inter. Restavo incantato ad ascoltare, a bocca aperta. Quei momenti mi resteranno nel cuore per sempre. Poi non importava chi fossi, che nome avessi sulla maglietta: trattava tutti allo stesso modo. Ricordo che dopo un Juve-Catania 2-2 ci sedemmo vicini vicini per discutere della partita in modo molto diretto. Sembrava ci conoscessimo da 20 anni”.
Collaboratori preparatissimi, seri, persone semplici. “Il ‘Profe’ Ortega – preparatore atletico – è un fenomeno. Ci portò al top della forma in poche settimane. Personalmente il ‘Profe’ mi prese in simpatia, il mercoledì mi piazzava in sauna un quarto d’ora perché ‘dovevo assolutamente spurgare’. Che grande, un maniaco dell’alimentazione. Poi mi chiedeva informazioni sugli avversari ‘ma la Samp com’è?’ come se io fossi stato l’esperto della Serie A. Burgos invece fece una scommessa con 4/5 di noi: “in qualche mese perdo 20 chili” disse. E nel giro di poco – tra palestra e corsa – passò da 120 a 100. Vinse!”. Poi, ancora. “Una sera passeggiavo con mio papà, tranquillamente. Incontrammo tutto lo staff al completo e non ti dico, parlammo per ore di calcio, mio papà estasiato non avrebbe mai detto di trovarsi a discutere con tre mostri sacri di questo genere”.
Somiglianze con… Mihajlovic. “Li ho avuti entrambi. In quanto a grinta li metterei sullo stesso piano. Era meglio non starci troppo vicino! Ho visto palloni volare a destra, a sinistra. Il Catania di quegli anni doveva essere gestito in quel modo, sennò sai che dolori…”.
E tra poche ore, Real-Atletico. Ricchiuti non nasconde come… “So sempre quando gioca l’Atletico. Cerco di non perdermelo, mai”. E per chi faccia il tifo si può intuire in mezzo secon… “Aupa! Si dice così no?”.