Favelas, Serie A e Casalnuovo, Reginaldo: “Posso giocare a lungo”
L’infanzia in Brasile, gli anni d’oro della Serie A e il Real Casalnuovo, Reginaldo: “Voglio portare entusiasmo”
L’infanzia in Brasile tra i campetti delle favelas, le partite a cinque con gli amici di una vita e un sogno: “Affermarsi come calciatore in Europa, in particolare in Italia”. Parola di Reginaldo Ferreira da Silva, per tutti semplicemente Reginaldo. Ma perchè proprio l’Italia da sempre nel cuore? “Per Ronaldo “Il Fenomeno”, a quei tempi giocava nell’Inter ed era il mio grande idolo: il sogno nel cassetto era quello di emularlo e giocare in contesti del genere” – racconta Reginaldo a SerieD24.
Un desiderio che, dopo tanta gavetta e qualche torneo giovanile di prestigio in Italia, diventerà presto realtà. In Europa, infatti, il primo club a scovare il talentuoso Reginaldo fu il Padova, ma qualcosa non andò come previsto: “Durante un torneo riuscì a mettermi in mostra, ma i biancorossi mi scartarono dopo le fasi iniziali”. Sembra essere già la fine di un sogno per il brasiliano, che rientrò in patria e riprese la vita di tutti i giorni. Dall’Italia però, arrivò presto un nuovo interesse: il Treviso, che aveva notato le qualità del ragazzo di Jundiaí. “Devo molto a quella società. Grazie a loro sono arrivato in Italia e mi è stata data l’opportunità di fare tante stagioni meravigliose” – spiega Reginaldo, quasi emozionato nel raccontare del suo impatto con un Paese che per lui diventerà presto casa.
Firenze, Siena e il rapporto con Conte: “Un predestinato, trasmetteva una determinazione unica”
Arrivato a Treviso nel 2000, per Reginaldo questa sarà una tappa fondamentale della carriera. Dopo aver trascorso tutta la trafila del club fino all’esordio in prima squadra, in totale saranno 102 le presenze con i veneti. Dopo sei stagioni però, nel 2006 arriva l’addio: la Fiorentina di Cesare Prandelli punta con forza sul talento verdeoro. “Fu una stagione incredibile, abbiamo fatto la storia” – afferma Reginaldo. Con rammarico, il brasiliano racconta di quel periodo a Firenze: “Facevo parte di una squadra forte, che riuscì a raggiungere i propri obiettivi anche con una penalizzazione di undici punti in classifica. Peccato – prosegue – perchè potevamo giocarci davvero lo Scudetto…”
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