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Real Madrid, Morata: “Nell’ultimo periodo alla Juve mi sentivo perso, dopo un allenamento ho pianto. Conte? Un giorno mi allenerà”

Mentre uno arrivava, l’altro andava via. Non si sono incrociati per questione di giorni, eppure fu proprio Antonio Conte a volere fortemente Morata alla Juve. Storia di un rapporto mai nato, ma di una stima reciproca mai nascosta: “Conte è stato l’allenatore che più ha puntato su di me anche se non mi ha mai allenato – Ha raccontato lo spagnolo al Guardian -. Ha scommesso su di me alla Juve ma andò via prima che arrivassi. Mi conosce meglio di quanto immagini e questo è importante, è una cosa che ti spinge a lavorare duro. Mi sento in debito con Conte e sono sicuro che prima o poi avrò la fortuna di essere allenato da lui“. Non solo in bianconero, perché Conte ha cercato di portare Morata al Chelsea la scorsa estate: “Vari allenatori della Premier mi hanno chiamato l’estate scorsa e mi sarebbe piaciuto andare in Inghilterra, ma non sapevo quali fossero le intenzioni del Real, se voleva tenermi o cedermi. Ho parlato personalmente con Pochettino e Conte ma il Real non ha voluto cedermi e ora sono qui. Ho bisogno di giocare da titolare con continuità e questo non è successo negli ultimi tre anni, è una situazione difficile con cui convivere fino a quando non cambierà. Ma sono felice al Real e la società mi sostiene, se poi arriva un’offerta e vogliono vendermi, non chiuderò la porta. Mi sono trovato bene in Italia ma se un giorno dovessi andare via, sarà per la Premier League”.

Niente più Juventus per ora quindi, anche se lo spagnolo a Torino ha vissuto 2 anni indimenticabili. Fatti anche di lacrime però, come ha svelato al quotidiano britannico: “La gente pensa che siamo macchine, non si rende conto che dietro una brutta striscia c’è sempre un problema personale o una questione familiare. Abbiamo sentimenti, commettiamo errori, siamo persone. Alla Juve mi sentivo un po’ perso, stavo discutendo con gente che era importante per me, c’era questa clausola di recompra a favore del Real che non dipendeva da me e non conoscevo il mio futuro. E tutto questo mi ha condizionato e distratto. Un giorno avevo finito di allenarmi, era stata una delle peggiori sedute della mia vita, non riuscivo nemmeno a controllare la palla. Il preparatore mi chiese cosa non andava e gli risposi che ero triste. Piangevo e accanto a me c’era Buffon, che mi disse che se volevo piangere, dovevo farlo a casa. Mi disse che, se mi avessero visto piangere, le persone che mi volevano male sarebbero state felici e quelle che mi volevano bene si sarebbero rattristate”.