Benzema: “Per anni ho lavorato per CR7, ora gioco il mio calcio”
Karim Benzema ha concesso un’intervista a France Football dove ha ripercorso tutti i momenti salienti della sua carriera, partendo con l’analisi del “nuovo Benzema”, calciatore al centro dell’attacco e del progetto Real Madrid dopo la partenza di Ronaldo : “Prima c’era un giocatore che ha segnato più di cinquanta gol a stagione e io facevo il lavoro sporco. Ho giocato in funzione di Cristiano. Abbiamo formato un buon duo. Lo cercavo sempre per aiutarlo a segnare ancora più gol. Ora sono al centro dell’attacco. Spetta a me fare la differenza. Sono molto felice perché posso giocare il mio vero calcio”.
E il suo vero calcio è fatto soprattutto di corsa, cuore e lotta per i compagni. Benzema è questo tipo di attaccante, la squadra viene sempre prima del gol: “Il calcio deve essere affrontato nella sua totalità. Per me, essere un attaccante non significa solo segnare. Il calcio sta diventando una raccolta di statistiche. Ci sono attaccanti che aprono spazi, che fanno giocare la squadra, che offrono opportunità ai loro partner, che stancano l’avversario”.
Il numero 9 del Real ricorda gli esordi con la camiseta blanca. Un club, quello della capitale spagnola, diverso da tutti gli altri: “Ho fatto molti sacrifici. Tutti sanno che in una carriera ci sono alti e bassi, e quando sono arrivato al Real nel 2009, sono stato inizialmente sorpreso. Perché Lione, rispetto a Madrid, è piccola, l’istituzione, l’amministrazione, tutto ciò che ruota attorno al club. Sapevo che ci sarebbero stati degli ostacoli da superare perché è il miglior club del mondo. E l’ho fatto”.
Infine c’è tempo anche per un commento sul ruolo di “tutore” per i giovani compagni di squadra acquisito dall’attaccante francese con l’età e l’esperienza al Real: ”I giovani mi fanno pensare a me quando ho iniziato a Lione. Lo vedo ad esempio con Vinicio, che ha solo diciotto anni. A volte gli chiedo delle cose e poi dico “Aspetta, ha diciott’anni, vai piano, ricorda come eri a quell’età …” Ma con lui parlo così perché so che mi capisce e può mettere in pratica ciò che gli dico. È molto forte”.