Alle origini di Retegui, Coqui Raffo: “Preciso grazie all’hockey e potente, mi ricorda Vieri”
Intervista all’ex coordinatore del settore giovanile del Boca Juniors, Jorge Coqui Raffo su Mateo Retegui
Un ragazzo con le spalle larghe e la chioma bionda accompagnato da suo padre Carlos. Questa è stata l’immagine dell’arrivo del Chapita nel 2015 a La Candela, la casa delle giovanili del Boca Juniors. Più o meno dev’essere andata così anche quando ha varcato il cancello di Coverciano nei giorni scorsi. “Aveva 15-16 anni, dopo essere stato in qualche altro club argentino, Retegui è arrivato da noi per una prova. Veniva da un periodo in cui aveva lasciato il calcio per l’hockey da prato, lo sport di famiglia”, così l’ex coordinatore delle giovanili xeneizes e attuale responsabile del settore giovanile dell’Elche, Jorge ‘Coqui’ Raffo a gianlucadimarzio.com.
Il nome della squadra da cui arrivava il giovane Mateo non lo ha pronunciato. Non una semplice dimenticanza. Anzi. “Aveva deciso di lasciare il River per un tema particolare. Per noi è stato importante che venisse, anche il padre era d’accordo che si trasferisse al Boca”. Dal Monumental alla Bombonera. Da Las Gallinas ai Bosteros, una delle rivalità calcistiche più grandi al mondo, ma sempre continuando a giocare ad hockey sul prato. L’attuale dirigente franjiverde rimase subito colpito da alcuni aspetti del classe 1999. “Aveva una fisicità importante ed era molto preciso. Giocava da esterno e restai impressionato dall’uno contro uno, perché quando trovi un giocatore forte nel saltare l’uomo e in grado di giocare sulla linea laterale si tratta di un grande talento: non è facile giocare lì, in spazi ridotti perché richiede tanta improvvisazione”. Abilità affinate anche grazie all’altro sport che praticava. “Credo che l’hockey lo abbia aiutato ad acquisire una grande capacità realizzativa davanti alla porta: era sicuro quando andava al tiro. Per me, quando l’attaccante deve tirare le calcia angolato è un giocatore di élite, al contrario di quello di medio livello che calcia centrale”.
Le ore nel potrero e la riflessione di Mancini
41 gol in 142 presenze dall’esordio in Primera con il Boca Juniors, oggi il 23enne di San Fernando è il capocannoniere del campionato argentino con la maglia del Tigre e la nuova punta dell’Italia di Mancini, che nell’ultima conferenza stampa a Coverciano ha fatto una riflessione riguardo alla mancanza di ore trascorse dai ragazzi italiani col pallone per strada e lo ha paragonato alla realtà del potrero sudamericano. “Per situazioni socio-economiche, per le strutture edilizie delle città, oggi i bambini hanno difficoltà a giocare per strada. Le scuole calcio dovrebbero riorganizzare le modalità di allenamento, condivido il pensiero di Mancini: serve una metodologia per riprodurre lo spazio naturale perché negli ultimi anni si è lavorato molto in luoghi predefiniti e così è impossibile che nasca un giocatore creativo. In Sudamerica si è conservata questa realtà e speriamo di poterci riorganizzare anche qui in Europa per gli allenamenti quotidiani”.
Da esterno a centravanti e la somiglianza con Vieri
Dalla linea laterale a punta centrale. La svolta tattica nella carriera di Retegui è avvenuta nelle giovanili del club azul y oro. “Per la sua capacità di prendere decisioni nello spazio centrale e la sua potenza doveva cambiare ruolo. Con compagni che lo servono nello spazio è mortale per gli avversari. Ne parlammo con lui, che all’inizio non era convinto perché non gli piaceva giocare spalle alla porta, ma la sua mentalità e la sua voglia di migliorare lo hanno aiutato, per le sue caratteristiche fisiche ha capito che avrebbe avuto un futuro migliore da attaccante. Negli ultimi 2-3 anni ha avuto un rendimento impressionante ed è diventato il goleador del calcio argentino: spero che questa esperienza con la nazionale italiana sia utile per la sua carriera. Sono felice per lui, perché è un grande professionista. E glielo dissi già quando aveva debuttato in Primera, che era il suo grande sogno”. Ma se c’è un giocatore che glielo ricorda, Raffo non ha dubbi. “Per come attacca lo spazio e per come cerca combinazioni con i compagni, credo che sia simile a Bobo Vieri. È un attaccante d’area. È quella che può essere considerata storicamente la prima punta italiana: meno tecnico di Paolo Rossi, ma sa usare meglio gli spazi”. Parole che fanno ben sperare Mancini e l’Italia, in attesa del verdetto del campo.