Quando il razzismo ferma il calcio: da Zoro a Boateng, Muntari l’ultimo caso
Un nuovo incredibile passo indietro, in fatto di cultura sportiva. Un altro episodio di razzismo s’è verificato oggi al Sant’Elia: stavolta il bersaglio è Sulley Muntari, che ha deciso di abbandonare il campo in segno di protesta per gli insulti discriminatori arrivati da una parte della tifoseria cagliaritana. Eventi a cui, purtroppo, il calcio italiano non è nuovo.
Marc Zoro aveva minacciato di tornare anzitempo negli spogliatoi durante un Messina-Inter del 2005. Tuttavia, i giocatori lo convinsero a terminare la gara, soprattutto grazie alla mediazione di Martins e Adriano. Difficoltà di questo tipo, il difensore le ha dovute affrontare anche in Grecia dove poi ha proseguito la carriera. A Mario Balotelli è capitato sia a Verona con la maglia dell’Inter sia a Milano in un Milan-Roma, quando Rocchi fu costretto a sospendere l’incontro per qualche minuto. In tempi recenti, Balo ha denunciato episodi di razzismo anche in Ligue 1: protagonisti i tifosi del Bastia. In Francia, però, il giudice sportivo è intervenuto con durezza esemplare: un punto di penalizzazione e tre giornate a porte chiuse per il club transalpino.
Muntari era stato già destinatario di cori razzisti nel 2014, in un Verona-Milan che aveva portato alla chiusura della curva per due giornate e ad un’ammenda nei confronti della società veneta. Ancora, famoso è anche il caso di Samuel Eto’o in Cagliari-Inter nel 2010: il camerunense, dopo esser stato ricoperto di fischi e ululati, siglò il gol decisivo per la vittoria dei nerazzurri. Addirittura Ebagua, cinque anni fa, fu contestato con dei “buu” di connotazione razziale dai propri tifosi dopo aver segnato in Coppa Italia quando giocava a Varese. L’episodio più recente di razzismo in Italia ha visto coinvolto Kalidou Koulibaly un anno fa, durante Lazio-Napoli: Irrati sospese subito la partita e nel turno successivo i tifosi azzurri indossarono maschere raffiguranti il volto del calciatore senegalese in segno di solidarietà. Caso controverso fu quello di Busto Arsizio, quando durante l’amichevole tra Pro Patria e Milan, diversi rossoneri divennero bersaglio di scherno a tema razzista da parte dei tifosi locali. Boateng (che calciò con stizza il pallone verso la tribuna), Muntari, Emanuelson e Niang erano i giocatori colpiti, ma sorprendentemente il Tribunale di Milano capovolse il verdetto del primo grado e assolse i sei imputati per insussistenza del fatto ad inizio 2013.
All’estero, si è arrivati addirittura al lancio di banane: in Russia, fu tirata a Roberto Carlos, che la lanciò via e abbandono il campo. In Villarreal-Barcellona, invece, Dani Alves raccolse il frutto, lo sbucciò e ne mangiò un pezzo, prima di gettarlo via e riprendere il gioco. Tuttavia, nonostante il clamore provocato da episodi di questo tipo, il razzismo continua ad essere una piaga tutt’altro che debellata.