Proto, nel nome del nonno: chi è il portiere dai due destini
La Lazio avrà un vice-Strakosha di esperienza e qualità, con uno stadio intitolato a lui: origini italiane, una vita all’Anderlecht, suo nonno emigrò in Belgio per lavorare nelle miniere di carbone
A Troina c’è uno stadio intitolato a lui: “Impianto comunale Silvio Proto”. Un omaggio alle sue origini e alla scelta di suo nonno, siciliano doc, che anni fa emigrò da Leonforte per lavorare in Belgio, nelle miniere di carbone: “Porto il suo nome, all’anagrafe sono Silvestro ma tutti mi chiamano Silvio”. Oggi portiere della Lazio, chioccia belga d’esperienza e sicurezza. Soprattutto personalità: una volta parò due rigori in Champions League con la maglia dell’Anderlecht, rimediando un’espulsione nei minuti finali. Mentre in campionato, sempre coi belgi, rispose a tono ai tifosi del Lokeren, rei di averlo insultato. Paratona in extremis, linguaccia alla curva e silenzio. Nel 2009 squarciò la monotonia di una partita segnando un gol di testa. Imprevedibile. Nel 2014 perse i Mondiali a causa di un infortunio al braccio. Sfortunato. Silvio Proto è uno così, portierone dai due volti e altrettanti destini, pronto a rimettersi in gioco a 35 anni.
VICE-STRAKOSHA
Proto è uno che si è sempre rialzato, forte nelle difficoltà e negli intoppi della vita. Preso per responsabilizzare Strakosha, dargli un riferimento di qualità al posto di Vargic. Sana competizione da numeri uno, Thomas titolare e Proto riserva (probabilmente giocherà da titolare nelle coppe). Inzaghi si fida, il belga sta imparando l’italiano, ha già creato un feeling con i compagni. Il tutto sotto gli occhi attenti di Grigioni, storico preparatore dei portieri della Lazio che lo sprona di continuo.
CHI È SILVIO PROTO
Da piccolo “tifava Milan e impazziva per San Siro”, il suo primo ricordo è una sciarpa rossonera, regalo di zio e sogno di suo nonno, che prima di morire disse al padre di “portarlo a giocare a calcio”. Destino, la parola ad hoc per descriverne la storia. Nel 2012 strappò uno 0-0 proprio contro il Milan: “Immaginavo che prima o poi sarebbe successo, mio nonno sarebbe stato fiero”. Una vita in saliscendi, tenendo botta fin da piccolo: il suo cognome, italianissimo, in fiammingo significa “andare a quel paese”. Immaginate un contesto di bambini, magare alle elementari, prese in giro ed ironia. Ci siamo. Ma a lui non è mai importato: miglior portiere del campionato belga per 3 anni, più di 400 presenze in carriera, 6 campionati vinti con l’Anderlecht di Biglia, che magari gli avrà parlato della Lazio. Qualche difficoltà poi, un “ginocchio a pezzi” e un liscio contro lo Zulte che fa il giro del web. Il Newcastle che sfuma per l’ennesimo problema fisico, la “voglia di smettere” dopo gli anni nell’Oostenda. Infine l’ultima chance chiamata Olympiakos, una sfida vinta: 37 gare e titolare in Champions League con la Juve: “Mi sento più in forma che mai, anche più forte”. La Grecia e il golf l’hanno calmato, sua moglie Barbara è il suo rifugio dopo le tempeste, ora può godersi il suo triennale con la Lazio con la voglia di un ragazzino. Finalmente in Italia, patria di suo nonno e di uno stadio intitolato a lui.