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Prima amici, poi fratelli: Inzaghi&Inzaghi, le grandi cose si fanno in silenzio

Quando giocano insieme c’è un bel dilemma a casa Inzaghi: “Simone o Pippo?”. Indecisi su chi guardare perché “sono entrambi permalosi”. Ps: più Pippo. Invidia zero però, soltanto stima. E un rispetto reciproco che nasce da lontano: “Allora? Vieni a giocare al parco con noi?” chiedevano a Filippo. Lui così: “Sì, vengo! Ma solo se viene anche Simone”. Risultato: chi li aveva in squadra vinceva sempre. Mamma Marina, inoltre, si toglieva un bel pensiero: “A casa hanno rotto di tutto”. Anche se poi era la prima a portare i sughi a entrambi quando giocavano fuori Piacenza. Più scalmanato Simone, uno che ai tempi del Piacenza, nello spogliatoio, cercava sempre di “accattivarsi la simpatia dei più grandi”. Un paravento, diremmo. Più riflessivo Pippo invece, preferiva “stare sulle sue” e restare concentrato. Quando giocava negli Allievi andava già a studiare la prima squadra perché in futuro “avrebbe potuto affrontare uno di loro”. I due hanno vissuto anche insieme, quando Pippo giocava a Bergamo e Simone alla Lumezzane. Convivenza e segreti.

Entrambi sapevano tutto poi: a Piacenza è una miniera di storie e racconti di ogni tipo. Già a 16 anni erano in grado di elencare pregi e punti deboli dei difensori che avrebbero affrontato, sfruttandoli poi a loro favore. Un po’ come Niki Lauda, a cui bastava sedersi nella macchina per capire che problemi avesse. “Due mostri”. Specie Pippo, presentatosi a Venezia con “un’infinita lista di giocatori”. Maniacali. Anche se i due caratteri erano diversi, Simo “giocherellone” e Pippo “riflessivo”. In campo, poi, storia ormai nota, riassunta egregiamente da Mondonico: “Non è Inzaghi ad essere innamorato del gol, è il gol ad essere innamorato di Inzaghi”. Amen. Tra i due c’è un legame unico, sincero, vero. Oltre la parentela: “Prima amici, poi fratelli”. Quando Pippo ha vinto la Champions ad Atene segnando una doppietta, Simone era sugli spalti a tifare per lui. Infine l’aneddoto più bello, emblematico. Vi ricordate il famoso polsino bianco di Filippo? L’ha usato in ogni partita per vent’anni, anche per scaramanzia (su cui si potrebbe scrivere un libro) Bene: sotto c’era una medaglietta con scritto il nome del nipote, Tommaso. Oltre il legame.

Ora “Simo” è cresciuto ed è la rivelazione di una bella Lazio, quarta “con merito”. Ottimo risultato considerando il prologo (Bielsa sì, Bielsa no, Salernitana, Auronzo deserta). Momenti difficili, coi tifosi pronti a disdire le prenotazioni dopo il “no” del Loco. Ma Inzaghino, in silenzio, ha saputo riportare entusiasmo e voglia di vincere, risultati e bel gioco, dignità e credibilità. Il tutto “coi suoi ragazzi” della Primavera: Murgia, Crecco, Lombardi, Strakosha. Da Auronzo a Piancavallo poi, dove il Venezia ha svolto il suo ritiro e ha posto le basi per il sogno Serie B. Distanza? 87 chilometri e neanche due ore di macchina. Così vicini, sempre uniti. Pippo ha lavorato tanto per portare la sua squadra al primo posto, a +5 dal Parma. Arrivò in vaporetto, c’era tanto entusiasmo ma un po’ di scetticismo legato al Milan. Piancavallo era deserta: c’erano un pugno di tifosi, un drone a riprendere tutto e le sue urla per tutta la valle. Intensità la parola chiave, allenamenti di 2 ore, rimproveri continui per migliorare. Poi, alla fine, giocatori a lezione dal “maestro del gol” su come buttarla dentro: “Vedete? Dove fare così!”. Squadra a terra, lui che spiegava, a fine allenamento tutti via: tranne lui, che per ultimo rimetteva a posto i pali, i conetti e le attrezzature. Con un sorso alla solita bottiglietta scaramantica: “Prima di entrare in campo lo faccio sempre” diceva. A un’oretta di macchina di distanza, infine, suo fratello faceva lo stesso. Messaggino: “Come va?”. Risposta comune: “Bene, dai quest’anno ci divertiamo”. Promessa mantenuta. Perché le grandi cose, forse, si fanno in silenzio.