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Premier League – I 5 giovani talenti del 2016

Una parola per definirli: Wonderboy. Giovani, forti, più maturi della loro età. Quei giocatori per cui la carta d’identità non conta. Nel calcio inglese, fatto di icone storiche, star dal cartellino o dall’ingaggio monstre, ci sono anche loro. Mine vaganti in attesa di esplodere che aspettano solo di essere lanciati e mettersi in mostra. Sono il futuro, i manager li crescono e i tifosi se li coccolano.

Ecco le 5 note liete più ‘green’ di questo 2016 di Premier (nati dal 1995 in poi):

Dele Alli (Tottenham, 1996)

‘Dele’ sulla maglia, perché quel cognome non lo rappresenta e gli ricorda un’infanzia difficile. Accolto al Tottenham come un ‘centrocampista normale’, arrivato dal piccolo – e semi-sconosciuto – Milton Keynes Dons Football Club, squadra della sua città. Cresciuto col mito di Gerrard, nell’anno che ha portato il Tottenham a sfiorare il titolo è esploso tanto da guadagnarsi anche la convocazione all’Europeo. Centrocampista ma con licenza di avanzare. Trequartista quando serve. E la via del gol la trova eccome. In campionato, nel 2016, Pochettino non ha mai fatto a meno di lui (fermato solo dalle squalifiche o da un infortunio).

Demarai Gray (Leicester, 1996)

E’ diventato parte delle Foxes nel gennaio di quest’anno, dopo essere cresciuto nelle giovanili del Birmingham. Il 2016 per lui è stato l’anno degli esordi: in Premier, in FA Cup, nel Community Shield, nell’EFL Trophy e anche in Champions League. Il primo e unico gol della stagione finora l’ha segnato allo United; emozionante comunque, anche se alla fine ha vinto Mourinho 4-1. Ranieri l’ha voluto, Gray si è sempre detto felice della sua scelta e di crescere sotto l’ala del manager italiano: “Era proprio la persona con cui volevo lavorare. Ho scelto Leicester perché l’allenatore mi ha detto che mi avrebbe fatto crescere

Kelechi Iheanacho (Manchester City, 1996)

Nel gennaio 2014 il City pesca un giovanissimo Iheanacho dalla nigeriana Taye Academy e fa crescere questo attaccante nel suo settore giovanile. La concorrenza di certo non gli manca ma le qualità si vedono da subito e l’età aiuta. Così si guadagna il titolo di vice-Aguero, con la fiducia prima di Pellegrini poi di Guardiola, sapendo che allenandosi e giocando insieme al Kun può crescere ancora e bene. Mentre il consiglio di Pep è: “Per diventare un attaccante top studia Messi e Lewandowski”.

Alex Iwobi (Arsenal, 1996)

“Uscendo dall’Emirates un tifoso ha iniziato a seguirmi. Ha cominciato a cantare ‘Iwobi, Iwobi’ per 20 minuti. E’ pazzesco, sono anche un po’ preoccupato da questa cosa”. Il peso e il prezzo della fama. Quella conquistata da Iwobi quest’anno, diventando un punto fermo dell’Arsenal. Ma lui preferirebbe camminare in città… quasi nell’anonimato. Sanchez e Ozil (“Lo chiamo ‘my boss’”) come guide, e pensare che anni fa faceva allenamenti extra perché il fisico era troppo esile. Cresciuto nelle giovanili dell’Arsenal, Wenger l’ha promosso e da quest’anno è diventato per il manager francese un ‘problema’, perché lasciarlo fuori ormai non è così facile.

Marcus Rashford (Manchester United,1997)

L’uomo dei record. Forse la nota più lieta del 2016 dello United e della nazionale inglese, il più bel lascito che van Gaal potesse fare ai Red Devils. Un giocatore per cui ‘esordio’ fa rima con ‘gol’: in Europa League (Midtiylland e Old Trafford ricordano), con l’Under 21 (fu tripletta), con la nazionale maggiore (e Hodgson decide di portarlo all’Europeo), in Premier League (doppietta più assist all’Arsenal) e nel derby di Manchester. Qualcosa più di una favola perché la sua storia non è sulle pagine di un libro ma nella realtà di una Premier che l’ha definito da subito un ‘predestinato’. Il 2016 è stato il suo anno.