Pordenone, c’è un Arma in più per sognare: “Vi spiego perché siamo dei privilegiati”
Chi è il marcatore più prolifico di questo inizio stagione in Italia? La curiosità porta a individuare un nome, un volto e, a sorpresa, l’ennesima bella storia da raccontare, quella di Rachid Arma. Rachid è arrivato in Italia dal Marocco quando aveva 10 anni e, mosso dalla passione che lo accomuna a circa 30 milioni di persone del Bel Paese, adesso è uno dei più temuti bomber della Lega Pro: settanta gol negli ultimi 5 campionati. Sette reti nelle prime sei partite del Girone B, più due in Coppa Italia lo rendono il goleador più prolifico dei campionati italiani, dalla Serie A alla Serie D, davanti a Marco Borriello e Salvatore Caturano, fermi a otto.
E’ arrivato il momento giusto per scoprire chi è “piattone” e Arma accetta volentieri l’invito. Rachid, è il tuo miglior inizio di stagione in Italia? “Assolutamente sì, sarà l’aria di Pordenone. Ho trovato un ambiente fantastico, che ti stimola e le prestazioni positive sono una conseguenza. Mi hanno accolto benissimo e sono più che felice della mia scelta. Ho segnato 9 reti e la maggior parte hanno portato punti pesanti alla squadra, non potrei veramente chiedere di più. Speriamo che questo momento duri il più possibile, perché la Lega Pro è un torneo difficile, non si può mai staccare. Vogliamo arrivare il più in alto possibile”. Ma perché “piattone”? Gli strappiamo una risata, la prima di una lunga serie: “Il piattone perché la mia caratteristica è tirare di piatto, riesco a imprimere maggior forza al pallone piuttosto che tirare di collo, da qui è nato il soprannome. Me l’hanno dato i tifosi della Spal, al mio primo anno tra i professionisti”.
Le strade di Agadir sono state la prima “palestra” , ma il “grazie” devi? “Non a papà, non era un appassionato, non si intendeva molto di calcio. La passione è nata grazie a miei zii che quando ero ancora in Marocco giocavano per alcune squadre locali. Avevo circa sei anni e bastò poco per fare del pallone il mio migliore amico: eravamo inseparabili. Poi a 10 anni mi trasferii in Italia e quello che era soltanto il sogno di un bambino cominciò a diventare realtà. Iniziai a giocare in alcune scuole calcio e mi trovai subito a mio agio, mi sono integrato bene e ho vissuto bellissime annate in tutte le squadre nelle quali sono stato: mi reputo fortunato. L’unica difficoltà che ebbi all’inizio fu allenarmi con il freddo: tutt’ora lo soffro, ma per amore si fa questo e altro (ride di nuovo)”.
Mi è giunta voce che tu fossi un “secchione” a scuola: “Forse ti sembrerà strana come cosa, visti i luoghi comuni, ma è proprio così. A me piaceva molto studiare, in particolare ho una passione per le lingue. Volevo fare il linguistico, ma papà, quando l’abbiamo raggiunto in Italia, era l’unico che lavorava e non guadagnava abbastanza soldi per mantenerci tutti. Allora, avendo un fratellino piccolo, dopo qualche anno decidemmo assieme che anche per me era arrivato il momento di dare una mano: accettai volentieri. Lavoravo in un’azienda metalmeccanica, la Pegaso, in provincia di Verona: trovai così il modo di dare una mano in casa. Però, visto che a calcio me la cavavo, non abbandonai la mia passione. Durante la mia militanza alla Sambonifacese, serie D, sono riuscito a far coincidere lavoro e allenamenti, anche se non è stato facile”.
Ma alla fine i sacrifici hanno ripagato. Quarantatré gol in 3 stagioni hanno convinto la Spal: “Il sogno che si realizzava: la mia grande passione stava diventando un lavoro. Già solo per questo mi sentivo e tutt’ora mi sento un privilegiato. Un bel salto quello dalla D alla C1 e permettimi di ringraziare pubblicamente il mio primo allenatore, Aldo Dolcetti, che ha creduto veramente in me: devo tanto a lui”. Appena un anno e arriva il doppio salto, dalla serie D alla serie B: “Il Torino è un club che ha un fascino incredibile ed è stato un onore rispondere alla loro chiamata. Purtroppo per me questa grande opportunità era arrivata troppo presto, avevo solo un anno di esperienza tra i professionisti alle spalle. Di fronte poi avevo un grande centravanti come Rolando Bianchi, che in quella stagione segnò più di 20 gol. Però, nonostante le poche partite in cui sono sceso in campo, mi sono levato la soddisfazione di giocare la finale play-off contro il Brescia e di segnare anche un gol”.
Potendo scegliere, per quale Nazionale ti sarebbe piaciuto giocare? “La Nazionale italiana ha uno standard qualitativo piuttosto elevato, ma sarebbe stato sicuramente un grande onore. Probabilmente avrei avuto più chance optando per la Nazionale del Marocco”. Negli ultimi cinque campionati hai segnato la bellezza di 70 gol: ti saresti aspettato una nuova chiamata dalla B? “Ho preferito sposare un progetto nel quale ero considerato importante. Il calcio per noi è un lavoro ma è anche passione. Magari in B poteva andare bene stavolta ma, viste anche le precedenti esperienze, rischiavo di giocare poco e quando non vedi tanto il campo anche la passione comincia a calare. Ho preferito optare per il Pordenone che più di tutti mi ha fatto capire che credeva in me”.
E fuori dal campo com’è Rachid? “Un ragazzo semplice. Mi piace tanto pescare e quando vado Marocco vado spesso a pesca con i miei amici. Poi, come tutti i ragazzi della mia generazione, ho il vizietto della playstation. Piatto preferito? Il couscous, un tipico piatto del Nord Africa. Cosa avrei fatto se non fossi diventato un calciatore? Beh, conosco bene l’arabo, sia parlato che scritto, il francese e l’italiano. Forse sarei diventato un traduttore, chi lo sa”. Hai ancora la speranza di calcare un giorno i prati della serie A? “E’ il sogno nel cassetto e farò di tutti per realizzarlo finché ci sarà la possibilità: mai dire mai. Con i sacrifici e il lavoro si può arrivare dove non avresti mai pensato e ci sono tanti esempi che mi lasciano ancora accesa la fiammella.Tutto passerà comunque da una grande stagione con il Pordenone”.