Pirlo, Maestro e regista del calcio: l’Atlante del pallone dice stop
Mircea Lucescu se n’era accorto prima di tutti: “Arbitro, un
po’ di riguardo. Questo diventerà un campione!”. In breve: uno
dei suoi ragazzi aveva subìto un fallaccio, si era dilettato “in un virtuosismo
di troppo” e il primo centrale l’aveva steso. Reazione da “Maestro” che verrà: “Ho preso le
mie legnate senza lamentarmi. In silenzio. Mai litigato in vita mia”. Ma
Lucescu, a Brescia, e in un’amichevole come tante, aveva davvero previsto tutto. “Profeta”. Il ragazzo capiva, ma il volto mostrava calma e serenità. “Predestinato”. Oppure:
“Talento, fenomeno…”. Vietato esaltarsi, parola d’ordine di vita: “Ho imparato
a migliorarmi senza adagiarmi sui complimenti. Avevo fame”. Anche
lui se n’era accorto prima di tutti.
ATLANTE DEL PALLONE
Andrea stesso. Lui che smette e dice
addio, vent’anni dopo Lucescu e quel fallaccio: “Prima o poi arriva il momento
di dire basta”. Problemi fisici, a 38 anni ci può stare. Lui, Andrea Pirlo. Quello che Hodgson “storpiava
in Pirla” e che per vent’anni è stato simbolo, icona e stendardo azzurro da
portare in alto. E a centrocampo, da regista. Forse, come lui, in quella terra
di mezzo del pallone non ce ne saranno più. Forse la sfera, nostra e mondiale,
avrà un nuovo portatore. Un atlante del calcio a cui affidarne il mondo. Andrea
Pirlo l’ha tenuto sui piedi per vent’anni e adesso dice “stop”. Le ginocchia
cedono: “Non ho più la cartilagine, bisogna dare spazio ai giovani”. Proprio
come fecero con lui. Durante le amichevoli, coi fallacci che fanno crescere e
le botte che rendono uomini. Campioni. Del Mondo e non. Dell’interpretazione di
un ruolo che lascia assiomi irripetibili. Poker di esempi: punizioni come
sentenze (28 in Serie A, un record condiviso con Mihajlovic), lanci lunghi come
garanzia di gol (Baggio, ricordi?), il no-look prima di Dinho (Grosso docet). Quell’assist
per Inzaghi che ha regalato al Milan la settima Champions. E a Pippo la storia:
“Un passaggio involontario e meraviglioso”. Idea inverosimile per il calciatore
comune, facile per lui.
L’ALTRO ANDREA
Il Pirlo-uomo, ragazzo, padre. Il Pirlo che ama i vini e ha
pure una sua azienda. Il Pirlo che dopo la rimonta di Istanbul avrebbe smesso:
“Niente aveva più senso dopo quel giorno”. Il Pirlo che nel 2006 stava per
andare al Real e qualche anno dopo al Barcellona, chiamato da Guardiola. “Ci serve uno come te”. Andrea
prima di Pirlo, inedito ma vero. Un giocherellone. Quello che una volta, durante
il ritiro azzurro, scaricò un estintore addosso a Gattuso scoppiando a ridere
insieme a De Rossi. Conseguenze intuibili. Anche Braida ne ha pagato dazio,
Pirlo gli scriveva strani sms dal telefono di Rino: “Se mi rinnovi il
contratto ti do mia sorella”. L’altra faccia di un fenomeno che iniziò “con una
palla di spugna insieme a suo fratello”. Dribblando gli ostacoli della
strada. Banale mai, pure nelle scelte: dal Milan alla Juve senza pensarci, ma
con gli stessi risultati.
UN EPILOGO ALLA PIRLO
Vince, convince e sceglie Conte come miglior
allenatore di sempre: “Ne ho avuti tanti bravi, come Mazzone, Ancelotti, Lippi”.
Un solo Antonio: “Mi ha impressionato, era penetrante e convincente”. Come un
palmarès che parla da solo: sei Scudetti, due Champions, due Coppe Italia, tre Supercoppe, due Supercoppe Europee e un Mondiale per club, più 116 presenze
e 13 gol con la Nazionale azzurra (e altre 755 coi club in cui ha giocato). Piedi da 10 su un 21
preso “a caso”. Il 10 era di Ronaldo, il 20 di Recoba. Pirlo prese il 21 cambiando
anche posizione: da fantasista a regista. E tanti saluti a chi non lo faceva giocare: “Stavo male, soffrivo”. Così è diventato Pirlo. From Reggina to New York, dove ha
scelto di finire la carriera, prima di dire addio stasera in quel San Siro che lo ha visto protagonista per tanti anni insieme agli amici di sempre. Lontano dai riflettori, dall’Italia e dai suoi
club, con moglie e figli, in una semifinale di conference giocando 3 minuti. Ora il golf e il tennis. Un epilogo che lo rispecchia, tranquillo e pacato. Spiazzante come il cucchiaio ad Hart durante gli Europei. Uno scavetto alla vita. E al mondo del calcio. Da oggi, purtroppo, non più sui suoi piedi.