Pirlo e i ricordi di una carriera: “Da piccolo tifavo Inter. La delusione maggiore? Istanbul”
Nella serata di Svezia-Italia. Nel pre partita ai microfoni di Sky Sport 24 a parlare è Andrea Pirlo. L’ex centrocampista di New York City, Juventus, Milan tra le altre ha parlato del suo passato appena trascorso di calciatore, rivelando anche una piccola curiosità sulla sua fede calcistica.
“Cosa ho provato al termine dell’ultima partita? Ero emozionato, era la mia ultima partita da calciatore, ma avendo già deciso ero preparato a reggere l’emozione. Già l’anno scorso a fine campionato avevo deciso di lasciare il calcio, gli acciacchi si facevano sentire e non volevo trascinarmi in campo. Il soprannome The Maestro? Mi fa piacere, già lo sentivo in Italia, ma anche in America dove sono stato accolto benissimo dai tifosi era una cosa molto bella. Ho sempre pensato di venire qui a finire carriera. Qui ho trovato un movimento forte, dove tutti vogliono migliorare. C’è voglia di diventare un campionato importante nel mondo, ma ci vuole tempo e qualche regola diversa per esserlo. Quando torno? Sto qui fino alla fine dell’anno, poi toorno in Italia e inizierò un nuovo percorso. Allenatore? Non lo so. Non ho le idee chiare ora, sicuramente andrò a fare il corso a Coverciano, poi se scatterà la scintilla farò l’allenatore, ma vediamo. Il dirigente? Anche quello mi piacerebbe. Amo il calcio guardo le partite, conosco un sacco di campionati e seguo i giovani, ma vedremo”. Tanti i ricordi della sua carriera, giocate straordinarie, eleganza e quelle punizioni chirurgiche, che spettacolo! “Le mie punizioni? Mi ispiravo a Juninho. Ho provato tanti modi per tirarle, ma dopo molti allenamenti ho trovato un modo mio. I primi tre? Juninho, Mihajilovic e poi ce ne sarebbero tanti altri, ma i migliori due sono loro”. Tanti grandi allenatori oltre che alle grandi giocate a cui ci ha abituato Pirlo in carriera. “Tutti i miei allenatori hanno avuto grandi meriti nella mia carriera. Lucescu mi diede fiducia a 15 anni, Simoni all’Inter, Mazzone mi ha cambiato ruolo, poi anche Lippi, Ancelotti e Conte sono stati fondamentali”. Ma tra tante gioie c’è spazio anche per i ricordi tristi. “La delusione maggiore della carriera? Istanbul. E’ stata una notte bruttissima. Perdere una finale dopo un 3-0 nel primo tempo è qualcosa di inspiegabile. Una delusione enorme. Per fortuna dopo due anni ci siamo ripresi la Champions League e la rivincita, ma è stata comunque una delusione enorme”. E a fine carriera si può lasciare andare anche a qualche rivelazione. “Da piccolo tifavo l’Inter grazie a mio papà. Idolo? Baggio. Ho avuto la fortuna di giocare con lui all’Inter e al Brescia. Era una persona stupenda dentro e fuori dal campo. Eravamo anche compagni di camera in qualche trasferta. Era bellissimo per me che ero un ragazzo stare in camera con il mio idolo”.
E ancora: “L’addio al calcio e quello alla Nazionale sono due cose diverse. Quello in azzurro era un addio dettato dal dover passare la mano a qualcun’altro. Devo ringraziare sia Mazzone che Ancelotti per il cambio di posizione, ma anche da trequartista avrei cercato di arrivare al top. Da sempre, sin da quando ero bambino, volevo diventare uno dei migliori. I compagni sono sempre stati molto carini. Vuol dire che qualcosa di bello e buono lo ho fatto”.