Pigliacelli, il portiere… pescatore: “Voglio la salvezza con il Trapani! Io, cresciuto tra Totti e Pjanic”
Un pescatore… di palloni. E sogni. Abituato ad afferrarli e stringerli forte al cuore, con determinazione. Questo è Mirko Pigliacelli, portiere romano, classe ’93. Dopo 6 mesi al Pescara, da secondo, con zero partite giocate, alla chiamata di gennaio del Trapani, ultimi in classifica, non ha rinunciato. “Temerario”, direbbe qualcuno. Forse sì. O forse ha solo voglia di giocare, vivere di adrenalina, come sabato scorso contro l’Ascoli e contro Gatto. Para una volta, anzi due. “Avevo studiato l’avversario con Franco Paleari, il mio allenatore. Ho scelto prima di restare fermo e poi l’angolo della ribattuta. E’ andata bene”. Si bene, benissimo. Un punto per il suo Trapani, che non perde da cinque partite e che adesso sogna la salvezza anche grazie alle sue mani, ma che passa pure dai piedi di Mirko: “Mi piace far ripartire e velocizzare l’azione. Sono convinto che il ruolo del portiere non sia solo tra i pali”. Una convinzione rafforzata da Stramaccioni con cui ha vinto anche uno scudetto e che di Pigliacelli si è sempre fidato. “Mi ripeteva di giocare come sapevo, come pensavo fosse giusto”.
Parla (e para) di ruolo Mirko. Come suo papà Stefano, portiere anche lui, che non era poi così d’accordo quando ha visto che il suo piccolo Mirko non voleva lasciare più la porta: “Mi diceva di lasciar perdere, che avrei fatto meglio a starci lontano da quei tre pali”. Figuriamoci.
E’ cresciuto Mirko, a suon di punizioni di Totti e di Pjanic. E’ cresciuto tra i grandi: “Totti è una persona splendida. Guardando lui ho capito come si comporta un campione”. 1,81 di altezza, piedi veloci e personalità da vendere. Pigliacelli ha delle certezze, come Martina: “L’ho conosciuta tre anni e mezzo fa a Porto San Giorgio nelle Marche durante una vacanza. Sarei dovuto partire per Ibiza con i miei amici, ma io non sono più partito, non volevo lasciarla, e ad Ibiza non ci sono più tornato”. Gli si illumina lo sguardo e sorride quando parla di lei: “Martina sa cos’è il sacrificio e cos’è lo sport. Insegna ginnastica artistica. Quando mi vede un po’ svogliato, è lei a rimettermi in riga”. Il potere delle donne. Come mamma Maria, che troppo ansiosa, si fa raccontare dal marito la partita del figlio. “Segue le mie partite dagli sms di papà”.
Pigliacelli. Estroverso, ma semplice e umile, legato a Rignano Flaminio, il suo paese, dove puntualmente ritrova i suoi amici. Un po’ matto, come tutti i portieri. Cresciuto col mito di Peruzzi e Casillas: “Quando ho visto Casillas giocare a Roma è stata una grande emozione. Non è il classico portiere. Ha saputo fondere struttura e capacità, ha saputo dare il meglio di se stesso. E’ a questo che aspiro”. Ma c’è anche un lato intimo e personale, fatto di silenzi e… pesci. Lui non resta di certo muto e racconta, in esclusiva. “La pesca è la mia grande passione. Anche se la giornata è no, se non si vede un pesce, io sto bene. Mi piace stare immerso nella natura e viverne i suoi ritmi, condividere questo momento con i miei amici”. Ovviamente ama la pesca a spinning, dove il pesce deve essere “conquistato”. Esattamente come la salvezza del suo Trapani. Ma non avevamo dubbi per un pescatore di sogni (e palloni) come lui.
a cura di S.Renda e M.Moretto