Il percorso di Mandragora: da Scampia fino alle 200 presenze in Serie A
Partito da Scampia, trasferitosi a Genova a 14 anni per poi toccare le 200 presenze in Serie A: la storia di Rolando Mandragora
Cultura del lavoro. Voglia di arrivare. Dedizione. Chi ha delle ambizioni, dei sogni e li insegue con caparbietà, prima o poi riuscirà a realizzarli. Questa convinzione trova molto spazio anche negli ideali di Rolando Mandragora, nato e cresciuto a Scampia e che ha superato da pochissimo la soglia delle 200 presenze in Serie A. “È un grande traguardo se solo penso da dove sono partito. Tanti chilometri e tanti sacrifici mi hanno portato sin qui“. Queste le dichiarazioni del calciatore sul suo profilo Instagram per celebrare questo grande step.
Quando il calcio è tutto o quasi tutto
Nella sua famiglia il calcio è praticamente una cultura, e Rolando lo percepisce già da piccolino, come rivelato a Torino Channel nella primavera del 2022: “È una passione innata: era dentro le mura di casa, era nei discorsi quotidiani. Io sono cresciuto a pane e pallone“. La sua maturazione prosegue a Genova, città in cui arriva all’età di 14 anni. Mandragora lascia la famiglia, gli affetti e gli amici per inseguire il suo sogno, per il quale utilizza ogni granello di energia che ha in corpo. Lascia anche il mare di Napoli, a cui si rivolgeva quando aveva bisogno d’aiuto.
Mandragora si trasferisce in Liguria in seguito a un provino con esito positivo con il Genoa. Tutto questo è accaduto nel mese di giugno del 2011, poco prima degli esami di terza media. “Ho ricevuto tanti no, ho iniziato a girare l’Italia per fare dei provini. Ci ho provato fino all’ultimo giorno, fino all’ultimo provino, quello con il Genoa, che poi si è rivelato vincente. Non ho mollato e mi sono aggrappato al sogno. I sogni ci tengono vivi“. A Genova Rolando sboccia e fiorisce: “Ho imparato a fare tante cose da solo, a piangere su un letto da solo e a rialzarmi con le mie forze“.
Apprende e si arricchisce anche al Pescara in Serie B – dove arriva nel 2015 -, tanto da ricevere la prima chiamata dalla Nazionale U21, tanto da attirare l’attenzione della Juventus. Con i bianconeri, però, Mandragora colleziona una sola presenza in Serie A (soprattutto a causa della frattura del metatarso), ma sarà l’esperienza al Crotone che gli consentirà di rimpolpare questo suo bottino. Sono 36, infatti, le partite disputate in A con la squadra calabrese. Il suo giro per l’Italia prosegue, ma non per fare provini come a 14 anni, stavolta per giocare, per vestire delle maglie che hanno fatto la storia del campionato italiano. A Udine ci arriva nel 2018, e sotto la guida di Igor Tudor e Luca Gotti mette in cassaforte 71 presenze.
Educazione, rispetto e umiltà sono i valori su cui Rolando costruisce la sua carriera. Questo suo carattere genuino lo rende una persona benvoluta, sia dai calciatori che dagli allenatori. Uomo spogliatoio, che cerca di trattare tutti allo stesso modo, soprattutto quando indossa la fascia da capitano. Ragazzo serio e discreto. Tra lui e i suoi allenatori germogliano sempre dei rapporti idilliaci. È stato così con Tudor e Gotti, e sarà lo stesso con Ivan Juric al Torino. Il carisma e la maniacalità nella cura del dettaglio rendono Juric una persona affascinante agli occhi di Rolando. Nella sua avventura in granata, tra il 20/21 e il 21/22, scende in campo 38 volte.
Torino è una città che trova uno spazio considerevole nel cuore di Mandragora. Il parco del Valentino e il fiume Po sono luoghi di grandi passeggiate. Ama Torino tanto quanto ama il Torino. Nell’estate del 2022, però, suona il campanello la Fiorentina, che corteggia Mandragora presentandogli un progetto ambizioso e la possibilità di giocare in Europa. Nella Viola riesce sempre a ritagliarsi un buon minutaggio. Ma soprattutto, con questo club taglia un traguardo enorme, che difficilmente il Rolando di 14 anni a fine terza media poteva immaginare: le 200 presenze in Serie A. Duecento come i sacrifici e i pianti fatti. Duecento come il numero di ringraziamenti che deve porgere al piccolo Rolando, per non aver mai spostato gli occhi dall’obiettivo, per essere sempre riuscito a rialzarsi.