Pecchia: “Il mio Verona come la Juve di Lippi. A Pazzini ho detto di indossare la maglia da muratore”
Dopo 13 giornate la capolista se ne sta andando… L’Hellas Verona sembra, dopo un inizio un po’ balbettante, aver trovato l’assetto giusto per “volare”. Sei punti di vantaggio sulla terza sono già un buon margine per ragionare partita per partita, senza affanni di classifica. Merito di Fabio Pecchia e della sua grande esperienza maturata in giro per Europa come vice di Benitez:
“Siamo partiti con tanta pressione addosso ma anche con tanta voglia di vincere” – dichiara Pecchia nel corso di un’intervista concessa a La Gazzetta dello Sport – “Dopo una retrocessione bisognava gestire la situazione soprattutto a livello psicologico e creare un gruppo vincente. Punti chiave? La consapevolezza di fare il calcio che vogliamo, senza lasciare nulla al caso. L’equilibrio tra fase difensiva e offensiva. La maturità per affrontare bene le partite. Il Verona è la squadra da battere, adesso che è primo lo è ancora di più. Come siamo stati accolti io e Fusco? All’inizio qualche battuta su Totò e Peppino c’è stata… Però lo scetticismo è svanito in fretta, è bastato vedere come lavoravamo e abbiamo subito sentito la fiducia. E con le prime vittorie è arrivato anche l’entusiasmo. Quando il Bentegodi trascina è fantastico”.
Città? Accoglienza perfetta: “Io sto a Peschiera ma vado spesso a Verona. E’ stupenda. La gente mi ferma, con grande educazione, e mi fa i complimenti. Ho tre figlie che giocano a pallavolo a Castel d’Azzano: solo a Newcastle non mi hanno seguito, perché andavano a scuola a Madrid“. Principali differenze notate all’estero: “In Inghilterra c’è più fisicità, gli arbitri fischiano poco e quindi c’è più ritmo: la Premier, da questo punto di vista, ricorda la B, tutti possono battere tutti. In Spagna il Barcellona ha lasciato il segno e tutti giocano a viso aperto, anche se sono al Bernabeu. In B vedo calcio propositivo, vedi Spal, Perugia, Brescia e altre. Il calcio d’attesa non è meno redditizio, guardate Simeone. Non lo discuto, lo rispetto: a me però non piace, preferisco essere protagonista della partita”.
Il Verona ha già vinto il campionato? “La B è sempre imprevedibile, può ancora succedere di tutto. Con noi sono retrocessi Carpi e Frosinone, che in A avevano fatto più punti e hanno cambiato pochissimo: verranno fuori. Poi occhio al Bari, che ha giocatori importanti, e allo Spezia, che lavora con lo stesso allenatore dall’anno scorso”. Pazzini è un bomber ritrovato: “Il lavoro dell’allenatore è anche psicologico. Tutti erano demoralizzati per la retrocessione, lui aveva anche avuto diversi infortuni. Però ci ha dato subito grande disponibilità. Non giochiamo solo con i cross alti per lui, anzi: giochiamo palla a terra e lui partecipa. Vi svelo un retroscena. Quest’estate io e Fusco siamo andati a Montecatini a casa sua una sera a mezzanotte. Gli abbiamo detto: levati la maglia del Milan, dell’Inter, della Nazionale, metti la canottiera del muratore e facci vincere. E così ha fatto. E’ straordinario. Non mi stupirei se un domani Ventura pensasse anche a lui”.
Chi è il leader dell’Hellas? “Siamo un gruppo di leader. Anche Romulo, Coppola o Troianiello: tutti, a modo loro, sono leader nel nostro spogliatoio. Come succedeva quando giocavo nella Juve di Lippi. E cambia anche il regista, come il dj… Nel nostro spogliatoio c’è sempre la musica, ma non la mette uno solo, si cambia”. Sei mesi con Cristiano Ronaldo, oltre che a una lunga gavetta da vice di Benitez, non male: “Benitez ha un metodo di lavoro di altissimo livello, me lo porterò dietro per sempre. Cristiano Ronaldo? E’ un uomo vero, leale. E poi ama l’Italia, quando mi ha conosciuto mi ha detto: ‘Tu sei italiano, mi piaci’. Cosa esporterei dall’estero? Allenamenti solo al mattino. E vorrei abolire i ritiri prima delle partite in casa: noi l’abbiamo già fatto 4-5 volte, per la Coppa Italia ci siamo visti direttamente allo stadio”.
Pecchia è anche dottore… “La laurea in Giurisprudenza mi aiuta nell’approccio con i giocatori. Quelli che hanno studiato hanno una predisposizione diversa. Fusco? Ci conosciamo da vent’anni, quando parliamo diciamo le stesse cose. I giocatori sono i primi a percepire qualche crepa: qui non ce ne sono e la cosa aiuta. Lui comunque non voleva che io facessi l’allenatore, invece…”.