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Parla Mazzarri: “Watford come Napoli, tranne per la pioggia. La cessione dell’Inter cambiò tutto. L’inglese? Very well”

L’ultima sconfitta contro il Liverpool, 6-1 ad Anfield, non ha intaccato le sicurezze di Walter Mazzarri e del suo Watford: “Certo, però ho battuto il mio record…: in tutta la carriera, non avevo mai subìto una sconfitta di quelle proporzioni”. Sincero e schietto, come sempre. Watford, Inghilterra. Un cambio radicale rispetto al passato fatto solamente di Italia: “Com’è la mia vita qui? Non molto diversa da quella di Napoli o di Milano. – ammette l’allenatore del Watford sulle colonne del Corriere dello Sport – Cambia solo il clima, in modo repentino anche: da una giornata bellissima, si passa alla pioggia in un attimo. Siamo sempre bagnati, qui. Ma per me è casa e campo.Quando fai il mio mestiere, il posto, la città incide poco. Abito a venti minuti d’auto dal centro sportivo, arrivo la mattina e lavoro fino alle 6 o le 7 del pomeriggio. Potrei andare più spesso a Londra, in auto si impiega meno di un’ora, ma se becchi il traffico sei finito. Ci sono stato qualche volta nei giorni di riposo”.

Inghilterra dopo Milano e dopo un periodo di stop: “Dopo l’Inter mi sono fermato per riflettere, per capire e ripartire. Non penso mai allo stato della carriera, non posso dire se Watford è un punto d’arrivo o di ripartenza, non lo so. Non mi pongo il problema. Quando ero alla Samp, pensavo solo a far bene in quella società, così come prima col Livorno, la Reggina e dopo col Napoli e l’Inter. Perché proprio Watford? Per almeno cinque ragioni. La prima: con Pozzo avevo avo tre o quattro contatti negli anni passati ma per un motivo o l’altro non eravamo mai riusciti a lavorare insieme, è un presidente italiano che ha le mie stesse idee sul calcio. Cercavo un programma condiviso fra tecnico e società e qui l’ho trovato. Posso dirle che proprio dalla Premier League avevo avuto un paio di richieste da club più prestigiosi, ma io volevo il programma, non solo la panchina, volevo lavorare come piace a me. La seconda: in Italia non avevo più nulla da dimostrare a me stesso. La terza: come conseguenza avevo bisogno di trovare nuovi stimoli. La quarta: quando in Champions League ho incontrato il Chelsea e il Manchester City, sono rimasto affascinato, anzi, folgorato, dall’ambiente degli stadi inglesi, dal clima che si vive prima e durante la gara. A ogni partita del Watford mi sembra di giocare in Champions per la scarica di adrenalina. La quinta: oggi la Premier League è il campionato più importante al mondo, quello con maggiore visibilità, e se fai bene qui puoi andare ovunque».

Mazzarri torna a parlare di Inter e di quello che non è andato sulla panchina nerazzurra: “Non voglio fare polemica, non mi interessa. Ma quello che posso dire, riguardo all’Inter, è che tutto è cambiato con la cessione della società. Io sono stato ingaggiato da Moratti dopo il 9° posto della stagione precedente e con lui eravamo secondi in classifica, prima del passaggio del club avvenuto durante la stagione. Alla fine siamo arrivati comunque al 5° posto. E’ palese che dopo la cessione della società la situazione si è complicata”. Ora Watford, che sembra Napoli, non come clima ma come situazione tecnica: “Passo indietro? Assolutamente no. Ho già detto che il calcio inglese è il top del pianeta e qui ci sono grandi allenatori con cui mi posso confrontare. Da un punto di vista calcistico, questa è una situazione simile a quella di Napoli. Io sono arrivato nel 2009, il Napoli era tornato in Serie A nel 2007, dovevamo ricostruire e siamo cresciuti insieme, la squadra ed io. Dovevamo iniziare un ciclo, come qui a Watford. Per questo ho firmato un contratto triennale. A Napoli, i risultati più importanti sono arrivati dopo la prima stagione. Qui, per il momento, sta andando tutto bene: nella sua storia, il Watford non aveva mai avuto una partenza così lanciata».

Folgorazione. Questo è il termine usato da Mazzarri per descrivere la Premier League: “Lo spirito è fantastico. Dico così perché è anche il mio spirito, non mi piace arrendermi mai e fino all’ultimo secondo è battaglia. Come gioco, l’arrivo di allenatori di Paesi diversi e tutti molto preparati ha portato a un miglioramento generale. Il resto lo ha fatto la nuova e ricca ripartizione dei diritti televisivi: tutte le squadre della Premier si sono rinforzate. Chi vince? L’elenco delle candidate è lungo: Manchester City, Manchester United, Chelsea, Tottenham, Liverpool e Arsenal. Non c’è in tutta Europa un campionato più incerto di quello inglese”. Mazzarri poi riserva un commento per Mourinho e Guardiola: “Se un anno fa anche un allenatore come Van Gaal ha avuto dei problemi allo United, vuol dire che serve un lavoro fatto in profondità e col tempo Mourinho sistemerà ogni cosa. Il City ha avuto qualche piccola battuta d’arresto, ma niente di eclatante. Mou e Guardiola hanno dimostrato sul campo, nel corso della loro carriera, cosa sono capaci di fare. E poi sono passate appena 11 giornate, è presto per ogni considerazione definitiva. L’esempio della Juventus nella Serie A dell’anno scorso può essere sufficiente: era a metà classifica e ha vinto lo scudetto”. Manchester, ma non solo. Anche Chelsea e Leicester, dove lavorano gli altri due italiani Conte e Ranieri: “Se alleni il Chelsea, sei per forza fra i candidati. La qualità dei Blues è notevole e anche l’allenatore è bravo. Claudio? Lo scorso anno ha fatto un miracolo, ma lui stesso sapeva che quest’anno sarebbe stato impossibile ripetersi. E’ in testa al girone della Champions e questo lo paga nel campionato». Le parole migliori però Mazzarri le offre per Klopp e il Liverpool: “E’ la squadra più in forma della Premier. Ha una qualità incredibile, una condizione straripante, nessuno corre quanto loro. E poi ha un organico ricco, così ricco da portare Sturridge in panchina per metterlo dopo il quarto gol”.

Dopo gli elogi però si torna a parlare di Watford e degli obiettivi di quest’anno: “Il presidente è stato molto chiaro, prima di tutto la salvezza. La squadra è tornata in Premier l’anno scorso e per le neopromosse il primo anno di solito non va male, perché la squadra è carica e va a mille. E’ il secondo quello più difficile, ma per ora i giocatori stanno rispondendo bene. Questo campionato è particolare, ci sono tante candidate al titolo e tante altre che, pur essendosi rinforzate molto, lotteranno per la salvezza. Il caso del Newcastle della stagione scorsa è lampante. Noi abbiamo fatto il mercato in ritardo, i rinforzi sono arrivati alla terza giornata e il calendario, all’inizio, è stato terribile per noi: Southampton, Chelsea, Arsenal, West Ham e Manchester United nelle prime cinque giornate. Siamo ottavi, con 15 punti in 11 partite. Alla vigilia era impensabile mettere insieme così tanti risultati. Il nostro maggior difetto? Dopo una partita fatta bene, ci rilassiamo e siamo irriconoscibili rispetto alla gara precedente. Ma questo fa parte del percorso di crescita”.

La conclusione è per il suo Napoli, forse l’esperienza che gli ha regalato le emozioni più forti: “Il percorso di crescita a Napoli fu costante, una vera e propria escalation. Grazie al lavoro svolto in quel quadriennio, partendo dalla bassa classifica e arrivando al secondo posto e a una doppia qualificazione in Champions, da qualche anno il Napoli ha un forte appeal anche per giocatori celebrati e consolidati. Quando io ereditai la squadra, Hamsik aveva 22 anni ed un’esperienza limitata, così come Lavezzi che ne aveva 24 e Cavani, preso dal Palermo, ne aveva 23. Erano giovani con grandi potenzialità: in quella nostra cavalcata, li abbiamo aiutati a diventare campioni”. Infine anche un commento sulla lingua, ormai fatta propria dopo diversi mesi di studio: “L’inglese? Me la cavo bene. La mia insegnante dice che non ho problemi, ma io sono un perfezionista, ho paura di sbagliare e quando vado in sala stampa, con conferenze lunghe come in Italia, preferisco farmi tradurre perché voglio che i miei concetti siano chiari. Con i giocatori, invece, parlo già in inglese”.