Questo sito contribuisce all'audience di

Panchina d’Oro 2015/2016: la rivincita della gavetta

“Non sono per la gavetta, io faccio un altro ragionamento. C’è chi può bruciare le tappe”. Anno 2013. Parola di Galliani, mica uno qualunque. Questioni di filosofia. Guardiola docet: dopo appena nove anni da allenatore può già vantare 3 Liga, 2 Coppa del Rey, 3 Supercoppe di Spagna, 3 Bundes e 2 Coppe di Germania. Ah, anche 2 Champions, 2 Supercoppe Europee e 3 Mondiali per club. Dettagli.

Ma guardando la premiazione per la ‘Panchina d’Oro’ 2015/2016 andata in scena oggi possiamo notare che la gavetta ha ancora un suo perchè. Voce del verbo ‘farsi le ossa partendo da lontano’. Maurizio Sarri l’emblema, con la sua prima ‘Panchina d’Oro’. Dagli inizi in Seconda Categoria allo Stia nel ‘90/’91 fino alla vetta. Dalla banca al campo. Tuta, caffè e sigarette. Scaramantico. Al punto da non presentarsi agli allenamenti ai tempi della Promozione perchè “un gatto nero aveva attraversato la strada”. Maniacale nella cura del dettaglio. “Spesso considero ritirare un premio come tempo tolto al mio lavoro”. Questione di mentalità, che ci volete fare. Anche se per una volta si può chiudere un occhio: “Mi dà gusto e mi emoziona, perché la giuria è formata dagli allenatori e questo riconoscimento, per me che fino a pochi anni fa facevo la Serie C, è davvero emozionante”. Un record di punti (82) e di vittorie (25) col Napoli in Serie A che non ha fatto rima con scudetto ma che è valso ugualmente un primo premio. Frutto della fatica. Ricompensata in parte. Mica male piazzarsi davanti ad Allegri “per una volta battere Massimiliano è bello”.

Ma l’allenatore toscano non è l’unico. Anzi. I compagni di gavetta certo non mancano. Ranieri, Juric, Semplici ed il premio speciale a Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice. Tutta gente che è partita da lontano. E si è costruita col tempo. “Non sapevo se avrei fatto carriera da allenatore e dopo 30 anni ci sono riuscito. Se ricevo questo premio vuol dire che qualcosa di buono l’ho fatto”, parola di King Claudio. Più umile di così. Per chi cominciò ad allenare nel 1986 la Vigor Lamezia, vincere il primo campionato in carriera a 65 anni deve avere avuto un significato davvero speciale. Un insegnamento per chi vuole trionfare subito: c’è tempo. Senza abusarne, logico.

E Ivan Juric, fresco vincitore della ‘Panchina d’Argento’ per aver trascinato il Crotone in Serie A per la prima, storica volta, lo sa. Uomo del popolo, lui. “Crotone è una città con tanti problemi, siamo fieri di far sognare la gente grazie ai nostri risultati”. Anticonformistico. Che all’odiato “possesso palla sterile” preferisce “castigare gli avversari”. Calcio aggressivo, come la sua amata musica Metal: “Ne ascolto molta e vado spesso ai concerti”. Anche se la sua ascesa è stata più rapida in quanto a tempistiche rispetto agli altri colleghi, non si può certo dire sia stata meno tortuosa. Una continua escalation anno per anno, dal Mantova in Lega Pro nel 2014 fino al Genoa. E gli 82 punti nella scorsa Serie B col Crotone sono tanta roba. “Devo tutto alla mia ex società”.

Leonardo Semplici invece agli accostamenti con le big risponde “Fa piacere dopo tanta gavetta“. Ci crediamo, Leonardo. Ma la Serie A… “Me la devo guadagnare sul campo”. Dall’Eccellenza col Sangimignano nel 2004 fino alla B, passando per Figline, Arezzo, Pisa e le giovanili della Fiorentina. “Tanta roba essere qui visto dove sono partito”. Miglior allenatore della Lega Pro. Con la possibilità di replicare l’impresa di Juric. Ma dalla personalità opposta. “Pacato e tranquillo ma ambizioso”. Amante dei tweet e della sua bicicletta “regalata dal presidente” e dopotutto “Ferrara è la città delle bici”. Merito della sua SPAL che nemmeno in B intende fermarsi. Work in progress.

Ultima ma non certo per importanza la ‘Panchina d’oro speciale’ stabilita dall’AIAC (Associazione Italiana Allenatori Calcio) consegnata a Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice. Ex allenatore anche lui, tra l’altro. Nell’ASD Trastevere in Serie D. Premio sì, ma dal retrogusto amaro. “Quando ho saputo di questo premio ero molto felice, poi però ho pensato che tutto ciò scaturisse da una grande tragedia”. Ma con una dedica speciale “alle 17mila persone che hanno sottoscritto la petizione, a Giancarlo Di Meglio e a tutti coloro che quotidianamente si battono per gli altri. La panchina non sarà di Sergio ma di tutti voi“. Come i premi vinti dagli allenatori prima citati saranno certo da condividere con chi li ha accompagnati in questo viaggio partito da così lontano. Per chi crede ancora che dopotutto arrivare in alto step by step non sia così male. La forza delle idee abbinata al lavoro quotidiano. Culminata col riconoscimento più bello dopo un percorso ricco di ostacoli. Che probabilmente non varrà tutti i trofei di Guardiola ma che in quanto a soddisfazione non ha eguali.