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Palpito, soffro e gioisco: sono il cuore del Trapani e non smetto di battere per… la maglia granata

Trapani è un piccolo grande mondo. Ho sempre fatto il mio dovere, ma qui è facile. Tutto ti aiuta… il mare, il suo profumo, lo scirocco, l’odore della primavera, la pioggia che se comincia a cadere non ti abbandona per giorni, quei colori del cielo che solo qui esistono. Il calcio non è solo calcio. E’ vita, è speranza. Nelle gambe dei miei ragazzi c’è la forza di un’intera città, sulle spalle, la voglia di riscatto, negli occhi la genuinità della sua gente. Dovresti sentirli cantare.

Una meraviglia. Si sentono avvolti i miei ragazzi, stretti forti. L’ultimo anno ci ha messi alla prova. Tutti. Pensavo di non reggere. Le emozioni, quando sono troppo grandi, ti segnano, ti tolgono il sonno, ti cambiano il respiro. Chi avrebbe mai pensato che potevo battere così forte da togliere la fame per giorni, da sentire l’inno d’Italia in una finale per la promozione in serie A? Che cavalcata quella. Ogni tifoso recitava in un amen la formazione. Ogni volta che Petkovic prendeva palla, mi gonfiavo, triplicavo la mia forza e sognavo. Ad ogni giocata di Nizzetto e Coronado mi venivano i lucciconi. Capitan Pagliarulo che continuava a rinascere. Cosmi personificava la mia grinta, il condottiero di un sogno forse troppo grande, ma toccava a noi, ed eravamo comunque pronti. Ho rischiato di non farcela quel 9 giugno del 2016, ma ho amato ognuno di quelli che hanno costruito questo grande miracolo aldilà del risultato.

Ho sofferto pure io di fronte alle lacrime dei tifosi, ma tutto serve, dicono. Ero pronto a ricominciare, lo eravamo tutti. O forse no, qualcuno ha cambiato la sua strada, troppo velocemente, e lì ho tentennato, in silenzio, per non fare più rumore di quello che c’era già. Ma le delusioni fanno parte della vita. Costruisci, cercando il massimo e ti ritrovi col minimo. Che rabbia a volte. E allora, i risultati non arrivano e inevitabilmente ti indebolisci, rallenti, ti metti in discussione, capisci com’è il calcio. Che dolore dover salutare chi ami. Ti fai piccolo piccolo, ma hai un dovere più grande dell’affetto, un dovere morale verso la gente che ti ama, verso qualcosa di così importante da non poter essere messo in discussione. Per cui di fronte, saluti e sorridi, di schiena, cadono le lacrime.

Sei come in stand by, sai che solo non puoi farcela. Ma sai che solo, non lo sarai mai. A dicembre mi rimboccai le maniche, scelsi, forse non chi ci aspettava, ma ho avuto ragione. Mi risvegliai dal torpore, ricominciai a battere, rividi i miei valori, non senza star male. Dover salutare i tuoi figli, non è facile, ma a volte è necessario. L’uomo del miracolo ha un nome ed un cognome, Alessandro Calori. Parla ancora adesso di “missione fantastica”, a volte io parlerei di miracolo. Ho rivisto l’umiltà, il riserbo, l’attenzione per gli uomini, la cultura del lavoro. In silenzio e con forza. Passo dopo passo.

Che se ragionassi con un cervello, mi metterei anche a parlare di numeri da capogiro. Un girone di ritorno da prime posizioni in classifica. Ma mi basta vedere gli abbracci dei miei protagonisti, di chi è rimasto, quando sarebbe stato più facile andare via, i gol di Manconi e di Jallow, Coronado che mi fa strabuzzare gli occhi. Ad ogni parata di Pigliacelli, sussulto e ad ogni costruzione di gioco divento un gigante. Ma ciò che davvero mi fa gioire è l’Amore, quello con la A maiuscola, per il Presidente Morace, che non sbaglia mai un discorso ed un sorriso, per i bambini che per mano ai papà corrono allo stadio, per le sciarpe granata, per le bandiere sui balconi, per quella maglia con le cinque torri che mai e poi mai potrà cambiare. Allora chiudo gli occhi e so che non potrò mai smettere di battere, di mollare, di sognare, ed improvvisamente mi risuona l’eco di quel coro che da sempre fa…”per la maglia granata e per l’onore della città…”

Firmato… il Cuore del Trapani Calcio