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Palermo, Nestorovski: “Napoli, Juve e Real? Voglio essere felice, se sto in panchina non lo sono”

Nel mondo di Ilija Nestorovski. L’attaccante macedone del Palermo, già 9 gol alla prima stagione in serie A si è raccontato nel corso di una lunga intervista concessa al Corriere dello Sport. Si parte dall’infanzia:

Se sei maschio, i genitori ti impongono il calcio. Per fortuna già a sette anni ero un fenomeno. Finita la scuola, mi fermavo con gli amici nel campetto allora di cemento: calcio, basket, pallamano. Sono andato a scuola fino al ginnasio. Senza un pallone non avrei saputo cosa inventarmi. Ho sempre creduto di essere un grande, di poter sfondare. Adesso sono tutti alle prese con internet e facebook e quei campetti restano vuoti. Gol? Pur di giocare dicevo che ero portiere. Non sono cambiato. Mi chiedono: il Napoli, la Juve, il Real? Voglio essere felice, se sto in panchina non lo sono. La mattina, mi alzo e sono allegro, faccio quello che mio piace e con entusiasmo. Un caffè non deve mai mancare, poi quello che capita: toast, cornflakes con latte, cornetto. I giornali li leggo sul cellulare, assieme alla rassegna dell’ufficio stampa. Rabbia per i giudizi negativi? No fa parte del gioco. Non sono come altri che sognano Real Madrid o Barcellona, Ronaldo o Messi, cerco la mia felicità. Se guadagno qualche soldo in più meglio. Ma la mia vita è bella… Ho una moglie fantastica, una bambina magica, la piscina, gioco in A, ho soldi, tutto. Intanto, aiuto il Palermo a salvarsi. Non penso ad altro fino al termine della stagione“.

La famiglia e gli hobby dell’attaccante macedone: “Papà Goran lavora come manutentore in un liceo. A 19 anni gli hanno proposto un prestito in terza categoria e si è arrabbiato: finisco la scuola e smetto. E’ stato di parola. Impiegato statale. La mamma Giordana in una fabbrica di vestiti. A Prilep ci si arrangia. E poi mia sorella, Natali, più piccola di un anno, fidanzata. Soprannomi? Nel mondo del calcio “Nestor” e ora, dopo tanti gol, anche “maestro”. Segreti? Non ho Playstation, la politica non mi interessa, sono cristiano. Guardo la tv per il calcio anche dieci volte lo stesso gol. Musica? Motivetti per bambini, io ascolto quella balcanica. Ultimo libro letto? All’asilo… Ne sarà passato di tempo? Adesso dopo dieci pagine mi annoio. Ho provato con la storia di Ferguson… Nessuna emozione. Guardare film? Ore buttate. Al massimo “X Factor“. Le auto? Non sono il tipo che copio il compagno che arriva in Porsche. I soldi preferisco investirli nel mattone“.

Traguardi ambiziosi e gesti scaramantici: “Come diventare capocannoniere in A. Essere il migliore, sempre. Del resto anche a carte con mia moglie o a palla con mia figlia, voglio solo vincere. Se sei il migliore, gli occhi saranno puntati su di te. Prima non avevo grandi squadre o soldi. Oggi sono in paradiso. Lo sono sempre stato dove ho lasciato il cuore. Qui a Palermo rappresento un simbolo, vivo bene, è la mia dimensione. Posso andare anche a Roma o a Torino ma se non gioco il fuoco si spegne. Superstizione? Una volta in Croazia segnai con le mutande blu e chiesi a mia moglie di conservarle solo per la partita. Se faccio gol, ripeto gesti e situazioni. Comunque debbo essere il primo ad entrare in campo. Contro il Napoli, ho preso un’omelette a colazione e ora continuo a farlo. Avevo promesso di tagliarmi barba e capelli se avessimo vinto contro il Crotone. Poi ci ho ripensato: vuoi vedere che va bene così? Sono del segno dei pesci, nessuno ci crede. I pesci sono tranquilli, io mi sento un coccodrillo. Carattere? Tu mi vuoi bene, io te ne voglio; tu mi vuoi male, io trenta volte di più”.

Anche il calcetto nel passato di Nestorovski: “Gol più bello? Ricordo nella palestra indoor della scuola. Non avevo sei anni. Dribblai tutti, pure portiere. Il futsal mi è servito. Guardate i gol al Crotone e all’Atalanta. E con il Sassuolo l’assist di tacco a Quaison. Il più bello? L’avrei segnato a Buffon se non avessi preso la traversa. Mi resta quello in Zapresic contro Istra: palla a giro all’incrocio dal limite. Quello che vorrei segnare? All’ultimo minuto, decisivo, su rigore e col cucchiaio. Magari domenica… Il gol per me è gioia, Immaginate che prima, anche con un cinque a zero in tasca, se non segnavo, era come se non avessi vinto. Ora sono cresciuto. Totti urlava da ragazzino che il gol è come un bacio? Per me, lo scriva, è il sesso”.