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Palermo, Bruno Henrique: “Affascinato dall’Italia. Idoli? Pirlo e Zidane”

Bruno Henrique alla conquista di Palermo. Per il centrocampista brasiliano l’amore è già sbocciato e i suoi lampi di classe e tecnica cominciano ad attirare anche le simpatie del popolo rosanero. Ma chi è veramente Bruno Henrique? Il Corriere dello sport ha provato a scoprire qualcosa in più sul nuovo centrocampista dei siciliani attraverso una lunga intervista.

Si parte dal nomignolo: ” ‘Mamona‘ (seme di zucca) mi chiamavano così. Un soprannome che mi hanno affibbiato da piccolo quando, ogni fine settimana, sul pullman che ci accompagnava alle partite di calcio a cinque, mi mettevo nel corridoio tra mio fratello Douglas e altri bambini, i mister, i parenti, i compagni e facevo casino. Cantavo e ballavo, scuotendo mani e corpo, il rock satirico dei Mamonas Assassinos, una band in voga negli anni novanta, oggi riscoperta, cancellata nei suoi componenti originari da un incidente aereo. Musiche particolari per bambini, con salti, giravolte, vestiti da Batman o Robocop. Ero bravo e facevo ridere. Avevo sei anni e scoperto da poco il mondo del pallone. La testa mi girava, andava fino in cielo, mi divertivo, sognavo, per me era tutto nuovo… Così mi è rimasto “mamona”. Dopo la partita, si mangiava a sacco sul posto, al massimo un dolce in un bar, soldi non ce n’erano. Ugualmente ricordi meravigliosi, incancellabili”.

Primo anni di carriera vissuti lontano dalla famiglia: “Mi sono staccato a 10 anni finendo a 350 km di distanza. Fu un periodo sofferto. Immaginate un bambino, da solo, con genitori che non vanno a trovarlo perché senza soldi. E viaggi interminabili fino a notte. Mi addormentavo nel pullman e, alla stazione, papà non mi vedeva. Così, scendeva in garage e doveva svegliarmi per portarmi a casa. Sul più bello sono rimasto fermo sei mesi. Ero in prestito alle giovanili dell’Atletico Mineiro, volevano trattenermi, ma il boss, che nel frattempo aveva comprato il Lodrina, oggi in B, mi negò quello che sarebbe stato un clamoroso lancio. Come perdere il treno per il Milan o un’altra grande. Ho sofferto tantissimo ma sono arrivato lo stesso”.

L’Europa? Il sogno di quasi tutti i calciatori sudamericani: “Il Palermo è una grande società, l’Italia mi affascinava, il mio desiderio era di entrare nella favola del calcio europeo e per questo ho studiato l’inglese. Il calcio italiano che non è poi così diverso dal nostro. L’ostacolo casomai è la lingua. Più imparo più semplice sarà il mio inserimento. La maestra mi ha fatto i complimenti… Maglia 25? L’ho scelta perché la nonna paterna Ovatalina era nata proprio a Natale. Una nonna speciale, di una bontà infinita. Con il 25 ho fatto bene in Brasile, lo tengo anche qui”. Ruolo? “In Brasile, ho giocato sia da regista che da interno, mi adatto facilmente. Voglio solo giocare. A chi assomiglio? Penso di essere me stesso. Pirlo e Zidane erano idoli, non modelli perché le mie caratteristiche sono diverse”.

L’ex Corinthians è rimasto affascinato dall’impatto con il nuovo allenatore De Zerbi: “Sono arrivato in Italia e in tribuna a Milano contro l’Inter ho visto il Palermo di Ballardini. Poi è arrivato De Zerbi. Capita anche in Brasile, gli esoneri sono problemi della società. I giocatori pensano alla partita e agli allenamenti. De Zerbi? E’ giovane con idee di gioco fantastiche, schemi aggressivi, d’attacco, tanta tattica e possesso palla. La squadra lo segue, farà sempre meglio. Che gol vorrei segnare io che ne ho fatti pochi? Non ho in testa un avversario o una data, mi piacerebbe un gol soprattutto utile per una vittoria e per fare felici compagni e tifosi”.