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Ottovolante Lazio, schiaffi e carezze per sognare (ancora) la Champions

Un viaggio all’Inferno e l’altro in Paradiso, schiaffi e carezze, un ottovolante al lunapark. Su e giù tra emozioni e delusioni, sorrisi e pugni nello stomaco, in balia del dubbio. La Lazio è così. 

Inzaghi come Harvey Dent, la sua squadra come una moneta da lanciare in aria ogni partita, e non sai mai cosa uscirà. Testa o croce, imprevedibile nei risultati, nel gioco e negli interpreti. Due vittorie da big contro Roma e Inter per dimostrare a tutti che la Champions non è più la sua retta parallela, bensì un obiettivo incrociato, finalmente alla portata. Il sogno di cristallo che diventa diamante, poi lo schiaffo.

Spal e Sassuolo per tornare di nuovo giù, negli inferni. Una sconfitta al 90esimo giocando male e un pareggio all’ultimo per sperare ancora, sempre, per una storia passata a inseguire momenti straordinari. È arrivato il momento di raggiungerne un altro: 49 punti in campionato, una gara da recuperare contro l'Udinese e la sfida al Milan di sabato prossimo. Lazio a -3, quest'anno a San Siro non ha mai perso. Sbagliare non si può. 


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In sala stampa si fa leva sul ‘salto di qualità”, la ‘sindrome di Crotone’ tradotta in ‘braccino del tennista’. Gare stregate, dicono. Gare in cui la Lazio manca ancora la vittoria che dà la scossa e dice ‘allora sì, ci siamo anche noi”. Il 2-2 lo sigla Lulic, l’uomo del 26 maggio, quello che regalò a Petkovic la Coppa Italia e che ora – sei anni dopo – vuole andare per la prima volta in Champions. L'ultima volta fu il 2007, 12 anni fa, l'aritmetica che arriva dopo la sconfitta contro l'Inter. Ricordi sbiaditi. 

Immobile segna il rigore, sigla l’assist del 2-2 e fallisce due reti. L’immagine di una Lazio imprevedibile, in balia di un ottovolante, dentro un lunapark dove non c'è musica. Inzaghi vorrebbe mettere quella della Champions, ma è solo nei suoi pensieri. La realtà è ancora uno schiaffo.