Nel mondo di Petriccione: “Mi chiamavano ‘riccioli d’oro’. Io e Petagna l’incubo del Triveneto. Firenze e Pizarro…”
Testa alta, cambio di gioco o dribbling. Destro, sinistro…Ma quanto corre? Tanto, domanda retorica. E poi, non puoi non notarlo. I capelli biondi giocano dalla sua parte, “ma prima lo erano ancor di più. Da piccolo mi
chiamavano riccioli d’oro”. Una
trottola, o beyblade per i più giovani, non si ferma davvero mai. Trasuda vitalità Jacopo Petriccione,
centrocampista della Ternana, che in confronto D’Annunzio… “No, no lasciamo perdere. Io ho scelto
l’indirizzo socio-psicopedagogico e andavo pure bene i primi tre anni! Media
del 7.8…Mica corro solo in campo”. Poi
il pallone, teacher of life. Latino? No, grazie.
Sabato
il primo gol in Serie B. D’istinto,
di corsa…Alla Petriccione! “E’ ancora presto per un’etichetta del genere,
dai. E’ stata un’emozione bellissima, davanti ai miei tifosi. Lo dedico ai miei
genitori, senza di loro nulla di tutto questo sarebbe stato possibile”. Dicci la verità, ma hai segnato
davvero tu? Siete tutti biondi, impossibile
distinguervi, soprattutto a centrocampo… “Ne riconosco la paternità!
Per questa storia dei capelli ci prendono tutti in giro, ci dicono di cambiare
colore perché siamo uguali”. Quindi, al prossimo gol, spray
rosso? “E poi chi glielo dice a
Carbone?”.
No, infatti, sarebbe troppo…Meglio
viola! Brunelleschi,
Dante, Firenze città d’arte, “la
più bella d’Italia, assolutamente. Appena posso ci torno”. Arte e calcio, Petriccione è di proprietà della Fiorentina, “tutti
sanno quanto ci tenga a tornare là”. Schietto, sincero. Come i consigli
del suo mentore, David Pizarro. “Qualche volta mi capitava di allenarmi con la
prima squadra e lui ogni volta si ‘arrabbiava’ con me… ‘Fregatene di quello che dice la gente,
prendi palla e gioca con personalità perché sei forte’. Lui e Pirlo i miei
modelli”. Un’investitura di
quelle importanti, che in confronto quelle feudali… “Ok, allora meglio D’Annunzio e il panismo”.
Ce
n’è di panismo a Gorizia?Senz’altro
– tautologia inconfutabile – a tre minuti di macchina c’è il confine con la Slovenia… “Qualche volta andiamo là. Gorizia è casa mia,
anche se papà è originario di Napoli. Pure lui ha giocato a calcio, faceva
l’attaccante e mio fratello gioca, siamo una famiglia di sportivi. Infatti – racconta Petriccione ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – quando torno, andiamo al campetto davanti
casa e facciamo le sfide con punizioni e rigori. Spesso vinco io, ma pure loro
due hanno un bel piedino”.
Sfide state of mind. Costante, quasi matematica, nella giovane
carriera di Petriccione. “Sì, ne facevamo anche il
primo anno che giocavo in Primavera alla Fiorentina con mister Semplici e Capezzi. Ci fermavamo a fine allenamento e via
a calciare. L’anno dopo ho fatto un sacco di gol su punizione! A Semplici devo
tanto, ora sabato ci rincontriamo…spero di segnargli”. Tra un sorriso e l’altro, palesa
il suo grande amore… “La Fiorentina è una grande famiglia dove tutti ti aiutano e ti fanno stare
bene”.
Lui, comunque, si fa voler bene. Tranquillo, pacato. Sempre in
movimento Petriccione… “E ci credo, mica
è facile star dietro a Kobe, il mio cane”. Passeggiate al parco quotidiane,
ma solo quando non ci sono i replay delle partite NBA in tv, “tifosissimo di Golden State, dai che quest’anno
è quello buono”. Giochi,
imposti, manovri, l’allusione viene abbastanza automatica. “Diciamo che sono un po’ il
Curry del calcio…Ridiamoci su”.
Senz’altro per tre o quattro anno sei stato l’incubo
del Triveneto, ‘se becchiamo l’Italia San Marco è finita’. Da Rovigo a Trieste, da Trento
a Vicenza. E chi li ferma quei due là. “Confermo, tutti
temevano la coppia Petriccione-Petagna. I tornei finivano sempre allo stesso
modo, lui miglior marcatore ed io assistman o miglior giocatore. Tutte le
squadre avevano paura del biondino e del suo compagno. Andrea
è fortissimo, sta dimostrando tutto il suo valore. Ce ne sono
pochi di attaccanti che hanno quella forza fisica e anche una buona tecnica”.
Si sentono ogni tanto, soprattutto tra genitori. Una di quelle
persone che ti colpisce Petriccione. Mai
una parola fuori posto, sempre col sorriso. Indole avventuriera, “sono
fuori casa da quando ho 14 anni”. Masterchef provetto, dunque? “Lasciamo perdere, al massimo posso prepararvi
un’insalatina con crudo e grana”. Quindi
niente titolo di masterchef, al massimo Ibrahimovic. “Mi ci chiama qualche compagno di squadra per il nasone. Mi vendicherò…”.
Rapido di gamba e di pensiero, il biondo D’Annunzio di Gorizia. Esteta nel vestirsi, enfant
prodige in campo. Capelli al vento, “peccato
si siano scuriti”. Piace ai tifosi, per il suo modo di fare:
impegno e umiltà. Un minor mundus di un ragazzo di ventuno anni, ma con la
testa sulle spalle. E il piede sempre incollato al pallone. Guai
a non provare qualche punizione a fine allenamento,
consuetudine assolutamente vincolante. “Sabato voglio il bis”. Lo
ripete con tono chiaro. Impresa? Forse, ma Gorizia-Fiume non è che sono poi
così lontano…