“Nazioni limitrofe rispetto al calcio ora stanno mettendo da parte la FIFA”: Bellinazzo torna con ‘I veri padroni del calcio’
Chi muove i fili. Chi indirizza i flussi economici alle spalle di uno sport che sarebbe riduttivo definire soltanto così. Chi fonde il calcio con la politica, sfruttandone l’onda. E’ questo il tema conduttore del nuovo libro di Marco Bellinazzo, scrittore e giornalista de Il Sole 24 Ore, che da sempre analizza e mette in luce il volto più oscuro di una materia tanto mutevole. I veri padroni del calcio, emblematico già nel titolo, è una finestra sulla sala di controllo. Per gianlucadimarzio.com, l’autore ha anticipato diversi contenuti dello scritto, oltre a fornirci un’analisi su ciò che è e ciò che diventerà il gioco più amato dagli italiani.
Il nuovo lavoro arriva due anni dopo Goal Economy. “Adesso siamo passati al piano superiore, dall’aspetto economico a quello politico. Il calcio è governato dai leader di nazioni che avevano svolto sempre un ruolo marginale rispetto al calcio” spiega Bellinazzo. Che lascia intendere chiaramente che è giunto il momento di distaccarsi dall’immagine di un’Europa così centrale in questo ambito: “Stati Uniti, Russia, Cina e i paesi del Golfo stanno mettendo da parte la FIFA. La conferma arriva da quanto si è visto nell’assegnazione dei Mondiali, rimasti a Russia e Qatar nonostante gli scandali. Con tanto di prenotazione di USA e Cina per quelli del 2026 e del 2030”. L’idea che gli uomini più potenti del mondo entrino con decisione nel calcio, che anche più della legge rende tutti uguali dinnanzi ad una partita, può suggestionare. Ma l’autore non si perde in allarmismi e predica pazienza: “Ogni fenomeno comincia in modo essenzialmente neutrale, si dovrà attendere una piega più definita. Queste potenze hanno capito che il calcio è uno strumento di soft power, un generatore di consenso. Putin avrà le elezioni a ridosso del Mondiale che ha organizzato, un’espressione della sua potenza”.
Allargando ulteriormente la visuale, Bellinazzo mette in risalto la valenza culturale e sociale di questo fenomeno. “I paesi arabi che stanno accogliendo il calcio vivono dei conflitti: diversi estremisti non vogliono accettare un simbolo del modo di vivere che combattono nella propria terra. La FIFA, col suo potere di riconoscere le nazionali, diventa più influente dell’ONU: ora siamo tutti concordi infatti nel definire il Kosovo una nazione e un passo importante in questo senso può avvenire con la Palestina” osserva lo scrittore. Dopo aver delineato il quadro generale, ci si chiede che ruolo occupi l’Italia in questo sistema: “Se avessi scritto vent’anni fa, avrei dovuto parlare quasi soltanto di Berlusconi. Ne I veri padroni del calcio analizzo i percorsi paralleli di Milan e Forza Italia e delle reciproche influenze, per i discorsi di consenso che abbiamo fatto in precedenza. Qui siamo ancora intrappolati in una Lega Calcio che sembra un condominio, che non è in grado di eleggere un presidente e intanto veniamo colonizzati. Se non si prendono dei provvedimenti, rimarremo ai margini”.
L’arrivo degli investitori cinesi, che hanno rilevato Milan e Inter, potrebbe essere l’inizio del processo accennato. Il dubbio principale legato alle nuove proprietà è relativo ai tempi che ci vorranno per rivederle ai vertici del calcio italiano: “Suning si muove su input del governo cinese e ha le risorse economiche per affrontare la Juve ad armi pari. I rossoneri invece non possono contare sull’aiuto statale e per questo in diversi momenti Yonghong Li ha avuto difficoltà a reperire risorse economiche, trovate grazie all’aiuto di un fondo americano. Il Milan quindi preferirà muoversi con decisione fin da subito, perché ha bisogno di riportare entusiasmo per ripianare i debiti; l’Inter potrà ragionare più sul medio periodo”. Eppure c’è ancora chi riesce a resistere, nell’élite del calcio, alle influenze politiche. “Juventus, Real Madrid, Barcellona e Bayern Monaco restano estranee a tutto questo, ma comunque saranno costrette a scendere a patti con simili realtà. E rimarranno autonome finché arriveranno i risultati sportivi. Ma più che riflettere sul loro destino, io penso a quello delle società di fascia medio-alta, che hanno un blasone forte ma che non riescono ad imporsi tra le prime in Europa, come il Napoli, la Roma, la Lazio, la Fiorentina. Finora resistono con una proprietà individuale, ma fino a quando ci riusciranno?” si chiede l’autore.
Il fatturato è uno dei tormentoni di questa stagione. Ma non è (soltanto) un’ancora di salvezza per allenatori e dirigenti che devono giustificare un risultato mancato. Anzi: “I numeri dicono che nel 90-95% dei casi ai quarti di Champions League ci arrivano le squadre più ricche. Nei campionati, le prime spesso sono quelle che fatturano di più, con un margine di eccezione del 10-15%. Già il Leicester è un miracolo relativo, perché fattura circa 170 milioni: meno delle grandi di Premier League ma più del Napoli, per intenderci. Prima la percentuale di imprevedibilità era più alta, basti pensare al Porto campione d’Europa nel 2004. Oggi è più ridotta e bisognerà prevedere in che verso si andrà”. Il bilancio complessivo, quindi, è impietoso. Specialmente per il calcio italiano. “Sarebbe un errore analizzare il benessere del nostro calcio usando la Juventus come parametro. Se in tutt’Europa si è in una fase di transizione, in cui si prendono le misure ai nuovi equilibri politico-economici, in Italia siamo in pieno declino” conclude Bellinazzo.