Mourinho: “E ’la prima volta che non vinco nessun trofeo per 18 mesi”
Josè Mourinho torna a parlare dopo l’addio al Manchester United. E lo fa nel suo stile, spiegando gli aspetti che devono essere presenti in una squadra per poter lavorare bene e ottenere risultati e… riservando qualche frecciatina
In una lunga intervista concessa al “Telegraph” Mourinho torna a parlare dell’esonero dal Manchester United, raccontando di come sta affrontando in questo periodo, con lo sguardo puntato sempre al futuro: “La gente dice che si impara di più da una sconfitta, forse c’è del vero in questa cosa. Sento che il mio habitat naturale è la vittoria. Questa è la prima volta in cui non vinco nessun trofeo per 18 mesi, mentre alcuni non vincono trofei per 18 anni. Non ho vinto nessun trofeo per 18 mesi. Ora ho tempo per pensare, riflettere, provare a capire tutto e cercare di essere più pronto per il prossimo futuro. So che sta arrivando. Non è ancora arrivato perché non lo volevo”.
Lo Special One ha messo in chiaro i criteri che devono essere soddisfatti da un club che potrebbe potenzialmente essere interessato a lui affinché lo convinca a sedersi sulla propria panchina in un futuro prossimo: “Il requisito fondamentale è che deve essere un club che anche se non è pronto a essere subito un cacciatore di trofei, ha l’ambizione giusta per diventarlo. Non andrei in un club senza ambizioni. Ho respinto un’offerta economicamente molto vantaggiosa perché amo il calcio ad alti livelli. Questo è il secondo elemento che cerco quando valuto le offerte, il primo è l’empatia strutturale. Voglio lavorare con persone che amo. Persone con cui voglio lavorare, con cui sono felice di lavorare, con cui condivido le stesse idee. Non voglio essere in conflitto permanente tra ciò che penso io e ciò che pensano gli altri”.
Una situazione idilliaca dunque, che Mourinho ricorda bene di aver vissuto quando allenava l’Inter, che con lui ha vinto tutto: “Era quello che avevo all’Inter, un ambiente ideale. Ci sono club come questo. Normalmente, questa è una parte molto importante di un club di successo”.
L’allenatore portoghese sembra avere le idee chiare sulle strategie di reclutamento di giovani promesse che un club ideale deve avere, in discontinuità con gli aspetti organizzativi in cui si è imbattuto in passato: “Preferisco avere cinque scout molto vicini piuttosto che 500 scout che non ho mai incontrato nella mia vita”.
L’ex Chelsea, Inter e Real Madrid tra le altre sferra anche una critica al mondo che circonda i calciatori, fatto di troppe figure con cui è difficile rapportarsi: “Al giorno d’oggi hai il giocatore, la famiglia, l’agente, l’entourage, il direttore della comunicazione. A volte hai i medici e in una situazione estrema hai persino quello che chiamano i loro “personal fitness”. Un giocatore ha tutte queste distrazioni. E se non c’è empatia nella struttura del club ci si imbatte in così tante contraddizioni che è davvero, davvero difficile lavorare”.