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“Mors tua, vita mea…”. Sette gol in una settimana, “Sir Alex” Buonaventura trascina il suo Rimini

“I tifosi mi chiamano Sir Alex, il Baronetto”. Lui è Alex Buonaventura, con una “u”, altra storia rispetto al quasi omonimo Jack. A Rimini l’attaccante friulano è un idolo: con i suoi 28 gol ,alla prima stagione in biancorosso, ha trascinato i romagnoli dall’Eccellenza alla serie D. Adesso Buonaventura vuole tenere il passo, nonostante il salto di categoria non sia stato dei più semplici. A secco nelle prime sette partite, il gigante di Pordenone ha segnato sette reti nel giro di una settimana: sei in tre giorni nel girone D della serie D.

Alex, dacci la tua ricetta: cosa hai mangiato da domenica? Risata… “Se ci fosse una spiegazione facile potremmo farci una vitamina da prendere tutti i giorni” – spiega Buonaventura ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – “E’ stato un inizio non semplice per me, agli attaccanti capita. Bisognava solo continuare a crederci, prima o poi arriva il tuo momento. E’ una questione psicologica, dopo senti sensazioni speciali e quella carica per andare a calamitare ogni pallone che ti capita in area”. A Rimini tutti si aggrappano alle reti di Sir Alex per sognare il ritorno nel professionismo: “L’obiettivo è quello di fare il massimo, senza usare la parola magica. All’inizio puntavamo a fare un campionato di consolidamento, ma in una realtà del genere è difficile accontentarsi. Siamo convinti di essere un grande gruppo e un’ottima squadra e faremo di tutto per realizzare l’impresa: sarà il campo a dire dove potremo arrivare. Io non mi pongo limiti e voglio aiutare questo club a tornare tra i professionisti”.

Romeo Neri traboccante di passione, cosa significa indossare la maglia biancorossa? “Significa avere delle responsabilità verso una piazza che ha un passato importante. Il Rimini sarà sempre ricordato per l’esordio in B della Juventus: in quell’occasione riuscirono a fermare i bianconeri. Il gol di Adrian Ricchiuti rimane nella storia, adesso è arrivato il momento di aggiungere nuovi capitoli: c’è la giusta fame di tornare nel calcio che conta. La gente è fantastica, molto accogliente e poi qui c’è il mare. Le città di mare ti danno qualcosa in più dal mio punto di vista. Io continuo a lavorare per fare sempre meglio. Ripetere i 28 gol della passata stagione sarà difficile, ma voglio farne comunque tanti: più reti facciamo più aumentano le possibilità di lottare per i vertici”.

L’aneddoto sulla Juventus non è casuale: “No, sono juventino dalla nascita. Negli ultimi anni i bianconeri ci hanno abituato bene in campionato: manca invece una vittoria europea. Idolo? Da piccolo Del Piero e Totti, punti di riferimento. Modelli tanti, nel mio ruolo ne potrei citare dozzine e sarebbe ingiusto fare un solo nome”. La storia di Buonaventura parte dal suo Friuli, ma ha conosciuto diverse tappe: “Sono stato un po’ in giro per l’Italia. Ho iniziato nel Conegliano, poi ho fatto il settore giovanile dell’Udinese: con noi giocavano Felipe, che poi ha fatto carriera, e Goitom, che in Italia ha fatto solo un gol, all‘Inter. Dopo Udine ho girato l’Italia, tra Puglia, Marche, Sicilia, Piemonte e questo mi ha aiutato a conoscere meglio più realtà del nostro Paese. La cosa più bella che mi è capitata è notare l’umiltà che contraddistingue i giocatori che scendono di categoria e non si atteggiano a divi. Ne ho conosciuti tanti, ultimo esempio Adrian Ricchiuti, che ha giocato la serie A. Magari qualcuno potrebbe pensare che ci snobbi e invece ha avuto sempre la parola giusta per tutti e ci ha dato preziosissimi consigli e lo fa tutt’ora. Un modello da cui imparare”.

Mai avuto paura di non farcela? “No, sono sempre stato convinto delle mie scelte e di ciò che facevo, e con la voglia di migliorare. Nel momento in cui ti senti arrivato cadi. Ho avuto un po’ di sfortuna, ma c’è sempre il tempo per recuperare e adesso può essere la volta buona per tornare nel professionismo. Occasione mancata? Dopo l’Udinese rimasi sei mesi fermo, perché scelsi Castel Di Sangro e trovai una brutta situazione societaria: lì si ruppe un trampolino. Per fortuna non ho mollato”. E se non fosse andata con il calcio Sir Alex cosa avrebbe fatto? “Andavo bene a scuola, sarei rimasto nell’ambito sportivo. Scienze Motorie o Giurisprudenza, magari ora sarei un preparatore o un procuratore”. Frase di battaglia o canzone che ti carica prima dei match? ” ‘Mors tua, vita mea’ penso che nell’ambito sportivo sia perfetta: qualcuno deve perdere, si spera non noi (ride). Ultimamente mi sono appassionato all’Haka degli All Blacks. Canzone? La colonna sonora de “Il Gladiatore”, che tra l’altro ho tatuato sulla coscia. Quando scendo in campo mi sento un gladiatore, mi trasformo”.

Gesto tecnico preferito? Lo ha reso famoso un altro Alex: “Sterzata improvvisa e tiro a giro: la giocata perfetta. Vedendo l’altezza uno potrebbe pensare che il mio pezzo forte sia il colpo di testa, invece mi piace molto giocare la palla”. Prima di concludere l’intervista ci dici come mai “Sir Alex”? “Dopo qualche anno a Civitanova mi hanno messo questo soprannome, il baronetto: sono state stagioni importanti. Da lì me lo sono portato dietro: me lo hanno dato i tifosi e me lo tengo stretto”. L’obiettivo? “Tornare tra i professionisti con il Rimini, che mi ha dato la possibilità di rimettermi in gioco alla grande. Sono sicuro che arriveremo in alto”. E se Sir Alex continuerà con la sua strepitosa media, a Rimini possono sognare in grande.