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​Monopoli, come vola il Gabbiano di Scienza: “Qui sono nel mio piccolo Paradiso”

“Ero impegnato in una riunione con il presidente. C’è tanto entusiasmo, è un gran bel momento e parlare del nostro andamento oggi fa bene: viviamo un gran bel presente”. E’ raro trovare chi si scusa perché non ha risposto alla telefonata di un numero sconosciuto: Beppe Scienza, allenatore del Monopoli, fa eccezione. In campo, da centrocampista, è passato da Campania Puteolana, Foggia, Catania, Reggina, per poi maturare in piazze del Nord come Reggio Emilia, Torino, Venezia e Piacenza. Ora che siede in panchina, sta trovando in Puglia quelle copertine sfiorate con Legnano, Viareggio, Brescia, Cremonese, Feralpisalò, Alessandria e Chiasso. E’ un uomo felice e lo senti dal tono di voce dall’altro capo del telefono: in tre mesi e mezzo alla guida dei biancoverdi ha ottenuto 25 punti in 13 partite, trasformando il rischio di una stagione da metà classifica – in linea comunque con i piani estivi – in una cavalcata playoff. Squadra quarta a quattro turni dal termine. Quasi un segno del destino: “Una persona amica me lo disse qualche tempo fa: il Sud ti ha lanciato e il Sud ti rilancerà” racconta a gianlucadimarzio.com. E ti farà innamorare, sembra aggiungere: “Qui c’è una qualità della vita strepitosa, è una zona d’Italia straordinaria. Tutti gli amici e i parenti che sono venuti a trovarmi sono rimasti colpiti. Sono nel mio piccolo Paradiso: puoi sederti in riva al mare e staccarti da tutto e tutti. Peccato solo che la famiglia sia distante 800 chilometri”. E a nuoto non si possono colmare: “Il video del tuffo in mare dopo la vittoria di Rende? Nulla di studiato, è stata una cosa assolutamente genuina. Ne temevo l’effetto sui media, poi tutti mi hanno chiamato per chiedermi dove fossi. Un

Quarto posto e playoff molto vicine, altezze raramente toccate dal Gabbiano biancoverde: “Siamo in una posizione prestigiosa per la città e mantenerla non sarà semplice. Siamo partiti per una buona salvezza e arrivavamo da una permanenza maturata all’ultima giornata: siamo in grande anticipo su tutto, andare ai playoff sarebbe un sogno per tutta la città, ma anche per noi”. Con la possibilità di arrivarci in posizione privilegiata: “Mantenere il quarto posto sarebbe l’impresa nell’impresa”.

Dall’addio al Chiasso, aprile 2017, Scienza aveva saputo aspettare: studio, partite osservate sugli spalti e pazienza. “Quando sono stato chiamato qui ho subito avuto una sensazione forte – ammette – il direttore sportivo Pelliccioni mi conosceva e mi ha fatto innamorare di quest’ambiente in cinque minuti. I calciatori volevano togliersi di dosso alcune sconfitte sfortunato. Non me li aspettavo così in alto, ma ho avuto subito la sensazione che si potesse fare bene”. Con orgoglio: “Stiamo giocando bene, con coraggio, propositivi e praticando un calcio offensivo”. E nessun rimpianto: “A Chiasso ho trovato una piazza straordinaria, innamorata della squadra. Di quell’esperienza tengo il rapporto con i tifosi e l’ambiente, poi qualcuno magari giustificherà il suo atteggiamento un giorno. Ho preso una squadra in difficoltà che con dignità ha raggiunto gli obiettivi. Non è stata una parentesi negativa, mi è servita molto”.

L’album dei ricordi in biancoverde, con prime diapositive del 30 dicembre 2017 (Monopoli-Fondi 1-0) ha una copertina quasi scontata: “Il 5-0 al Catania, per tanti di noi è stata la partita della vita, ma anche il primo tempo contro il Bisceglie domenica scorsa è stato devastante. I ragazzi sono stati perfetti, mi hanno emozionato: negli spogliatoi mi veniva voglia di abbracciarli”. Bastone e carota, la ricetta è questa: “Dobbiamo essere umili durante la settimana, ma perché dobbiamo negarci la voglia di sognare? Una volta che arrivi ai playoff, tutte le squadre in gara hanno il diritto di pensare in grande”. Mai tarpare le ali al Gabbiano. Che per Scienza rappresenta presente e una porta sul futuro: “Sono molto concentrato sul mio lavoro e non voglio perdere l’ennesimo treno della mia carriera. Faccio mio il motto di un allenatore del passato: dare solide radici alla squadra e le ali per volare”.

Parlare dei singoli non lo esalta, ma un’eccezione se la concede: “Conoscevo Genchi, Sarao, lo stesso Scoppa che era a Catania. Chi mi ha stupito è Dimitrios Sounas, che non conoscevo ma avevo sentito nominare”. Nella rassegna stampa personale del lunedì: lettura e visione dei gol del campionato. “Ho scoperto un calciatore di classe e intensità, un piacere allenarlo. Sono sorpreso che non ci sia una caccia spietata per lui, è uno dei più forti della categoria”. Più di qualche osservatore, in verità, sugli spalti del Veneziani si è visto: “Va bene così, lanciare calciatori in categorie superiori può rendere orgogliosa la società”.

Centrocampista da calciatore, allenatore che pensa in grande in panchina: il ruolo di allora è un comune denominatore con tanti colleghi di oggi. A dover scegliere un predestinato tra i compagni di squadra con cui ha condiviso una maglia, nessun dubbio: “Eusebio Di Francesco: avrei scommesso sul fatto che sarebbe diventato un grande allenatore. In campo aveva una lettura immediata del gioco, a cena ci dava già lezioni di tattica, è un ragazzo intelligente e guardate cosa ha combinato l’altra sera al Barcellona (ride, ndr): è stato celebrato troppo poco dopo il 3-0 dell’Olimpico, lui e Massimiliano Allegri hanno riabilitato il calcio italiano dopo la delusione mondiale. Tatticamente hanno devastato Real e Barcellona: grazie a loro noi piccoli allenatori siamo sempre più motivati a lavorare sodo. Se ho scritto a Eusebio? Certo, un messaggio di affetto e amicizia. Affrontarli da avversario? Sarebbe un sogno, ma vivo alla giornata. Appena ho pensato più in là del giorno, sono caduto e mi sono svegliato male”. Così, meglio rinviare un’eventuale promessa per il quarto posto a fine stagione. “Un altro tuffo in mare? Magari faremo altro. La scogliera di Polignano? No, mi vengono le vertigini solo a guardare quella terrazza”. Mai dire mai, però: con un pizzico di sana follia. Perché il calcio non è una Scienza esatta. “Non proprio, ma la scienza aiuta. Il calcio non è scienza, ma i numeri possono servire. E anche Scienza”. Parola di Giuseppe da Domodossola, ormai figlio adottivo del Sud.