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UEL | Mkhitaryan, Ramsey e l’esperienza di Wenger: il volo-Milan si ferma contro l’Arsenal

Conoscendone un minimo il carattere, il primo ad ammetterlo sarebbe proprio lui: il protagonista della rinascita rossonera, attualmente (nonchè incredibilmente, valutando la situazione rossonera fino a poco tempo fa) in corsa per un posto in Champions League, costretto a fronteggiare una prestazione che forse non si aspettava dai suoi, deludenti da più punti di vista. E allora eccola, la sentenza europea arrivata sul tavolo di Rino Gattuso e del Milan: con ogni probabilità, in un tema affrontato nella conferenza stampa di 24 ore prima, squadra non ancora pronta per lottare alla pari con chi di esperienza ne ha, in più elementi e soprattutto in panchina, da vendere. Per un’avventura continentale che a meno di imprese compiute, con la gara di ritorno fissata per giovedì prossimo, potrebbe terminare tra una settimana esatta in quel di Londra.

Guardarsi allo specchio e fare un passo indietro, senza timore, vergogna o con il dubbio di aver volato troppo vicino al sole, “icarianamente” parlando, dopo il filotto di 13 risultati utili consecutivi inanellato: dal derby di Coppa Italia contro l’Inter il Milan ha svoltato, eccome, nella testa e dal punto di vista delle proprie convinzioni. Perché nel K.O. odierno, netto al di là della buona volontà nel cercare di riaprire il discorso qualificazione, a spiccare nella diversità delle due squadre è stata una qualità tra centrocampo ed attacco totalmente differente: non ingannino le 4 sconfitte consecutive dalle quali era reduce la squadra di Wenger, in uno dei peggiori momenti degli ultimi anni. L’Arsenal è squadra più esperta di un Milan che ancora tanto ha da imparare, tra qualche elemento in campo e soprattutto grazie alla propria guida in panchina, e ben più abituata a determinati palcoscenici: e se lo stesso Gattuso aveva parlato di discrepanza d’esperienza con il Ludogorets, per valori in campo tuttavia troppo differenti per far pendere il confronto dal lato bulgaro, non può che constatare ora, al termine del primo round degli ottavi di finale, di quanto l’ammissione fatta si sia puntualmente stavolta verificata.

Battuta e furbizia, dalla vecchia volpe Arséne, contro chi in confronto si è definito “Allenatore dei Pulcini”: “Consigli a Gattuso? Potrebbe darmene lui…”, nella provocazione lanciata ieri con il sorriso. Ma al di là di ogni dichiarazione, a spazzare ogni parola ci ha pensato il vento del campo: dialoghi mortiferi sulla trequarti, inserimenti letali tra corsia centrale (Ramsey) e laterali e una qualità di palleggio estremamente alta, capace di mandare in bambola più volte la difesa rossonera. E rieccoli, i due gol subiti in casa dal Milan: gol incassato dopo 599′ di imbattibilità e passivo di 0-2 che mancava dalla sfida pre natalizia contro l’Atalanta, affrontata in ben altre condizioni rispetto ad ora, per lo stesso risultato maturato in uno dei 3 confronti già andati in scena a San Siro tra le due squadre nel lontano 2008, in Champions League, con Fabregas ed Adebayor a far volare la squadra di Wenger ai quarti.

Una meta ora un po’ più vicina, seppur in differente scenario a livello di competizione, contro i favori del pronostico: un Arsenal “psicologicamente distrutto”, con un’empatia tra squadra e allenatore ridotta ormai al lumicino, capace invece di regalare bel calcio nel primo tempo e reagire nella prova forse più complicata dell’ultimo periodo. Quella che in 180’, a meno di prolungamenti, avrebbe determinato la continuazione di una possibile corsa dei Gunners nell’unico obiettivo realmente rimasto in piedi in questa stagione, con la zona Champions ormai distante 13 punti in Premier. Per il Milan, invece, è tempo di tornare a poggiare i piedi per terra, evitando ogni tipo di contraccolpo psicologico: in una serata storta, pur davanti al quasi tutto esaurito del “Meazza”, a tornare d’attualità è stata la luce spenta nel reparto offensivo, con Suso e Calhanoglu ben lontani dagli standard ultimamente offerti. Lampadina da riaccendere il più in fretta possibile, con la difficile trasferta di Marassi alle porte: lì dove forse, a livello di prestazione generale, i rossoneri avevano offerto la peggior prova stagionale., contro la Sampdoria. Ma la grande differenza, ora, può stare proprio in panchina: senza battute, tra consigli e “categorie Pulcini” gattusiane come nella sfida con Wenger, ma con tanta consapevolezza in più. Anche dopo una serata dura, ma con gli applausi dei 72mila di San Siro dai quali ripartire: spinta emotiva per riprendere subito, dopo un lungo volo senza sconfitta, quota e risultati positivi.