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Mancini: “Mihajlovic era un guerriero. Da ieri non ho più un fratello”

La lettera di Roberto Mancini strappa lacrime e racconta chi era Sinisa Mihajlovic, “compagno di 28 anni di calcio e di vita”

Chi più, chi meno, la morte di Sinisa Mihajlovic ha addolorato il mondo intero del calcio e non solo. Il CT della nostra Italia Roberto Mancini, che per molto tempo ha condiviso lo spogliatoio con Mihajlovic, da giocatore e da allenatore, era diventato soprattutto un amico. Anzi, un fratello, come scrive in una lettera meravigliosa, che riportiamo in parte qui, pubblicata sulla Gazzetta dello Sport nell’edizione del 17 dicembre, giorno successivo rispetto alla scomparsa dell’allenatore serbo.

 

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La lettera di Roberto Mancini per Sinisa Mihajlovic

Da ieri non ho più un fratello. E anche se di questo legame di sangue a volte ormai si abusa, nel parlare di amicizie, non mi sento di esagerare nel definirlo così: per me Sinisa lo era davvero, perché è stata la vita a renderci tali. Prima il calcio, e poi la vita”.

“Questo è un giorno che non avrei mai voluto vivere. Penso solo a quanto sia ingiusto che una malattia così atroce si sia portata via un ragazzo di 53 anni, un uomo buono, una persona perbene. È difficile trovare altre parole quando è passato così poco tempo dall’attimo in cui mi sono detto: «Roberto, stavolta davvero non potrai più vederlo»”.

 

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“Ce ne siamo dette tante, in quasi trent’anni. Sono stati ventotto, per la precisione. Ventotto anni di calcio e di vita: ho visto crescere il calciatore e il leader che chiunque sa di calcio avrebbe voluto nella sua squadra. Ho visto come punizioni straordinarie possono diventare perfette, «impossibili», perché davvero io non ho mai visto nessuno calciarle come lui, per me era senza dubbio il migliore del mondo”.

Sinisa era un guerriero, non per modo di dire: la sua guerra era dimostrarsi più forte di chi lo sfidava. Per se stesso, non per far sentire deboli gli altri. Lo faceva con gli avversari, lo ha fatto con la leucemia. Per lui era sempre troppo presto per smettere di combattere e non era mai tardi per incoraggiare qualcuno, un amico, un compagno o un suo giocatore, a non mollare. Sinisa ha lottato fino all’ultimo istante come un leone, esattamente come era abituato a fare in campo. Mi piace pensare che in realtà non è vero che non ho più un fratello: semplicemente, è andato da un’altra parte, ovunque sia, e da lì continuerà a farmi sentire la sua forza come faceva con quelle mani d’acciaio. E a darmi assist come quel giorno a Parma: da anni si parla di quel mio gol di tacco, ma il corner che aveva battuto Sinisa era disegnato”.

 

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Lo sento ancora al mio fianco, e lì sarà per sempre.

LA LETTERA COMPLETA È SULLA GAZZETTA DELLO SPORT