Miami, la città rosa per l’effetto-Messi. “Tutti i proprietari hanno contribuito al suo ingaggio”
Tony Iafrate, agente FIFA e pioniere del calcio in Florida ha raccontato in esclusiva come l’arrivo di Messi abbia cambiato gli Stati Uniti
Rosa. Rosa da tutte le parti. Nei centri commerciali, al mare, nei locali, nei ristoranti: ovunque si giri Miami (e non solo), il rosa sarà il colore predominante. E no, il motivo non è dovuto a Barbie, film che domina ormai da oltre un mese ai box-office, ma dal calcio. Infatti, dietro le maglie c’è un dieci, con sopra la scritta Messi.
Chi l’avrebbe mai detto, solamente cinque, dieci anni fa, che il calcio avrebbe potuto cambiare il costume della città più “appariscente” degli Stati Uniti? Nessuno probabilmente. Per farlo, è servito l’arrivo di Messi. Curioso, non essendo mai stato l’argentino un personaggio noto per i suoi eccessi o per l’interesse alla moda (a differenza di David Beckham, divo per eccellenza). Ma la sua fama, il luccichio dei suoi sette palloni d’oro, ha plasmato e modificato la Florida (e non solo): “Miami è una città molto show-off, molto luccicante, ma Messi ha cambiato la moda. Tutto è rosa. La sua maglietta è ovunque, sono spuntati murales…”. D’altronde, il suo acquisto è stato voluto da tutta la lega, con tutti i proprietari delle franchigie MLS che hanno contribuito a finanziare il suo ingaggio, ma ne parleremo dopo. A raccontare in esclusiva per gianlucadimarzio.com i retroscena e l’effetto prodotto dall’arrivo di Messi negli Stati Uniti è Tony Iafrate, italiano esportato in Florida, agente FIFA e pioniere del calcio a Miami, general manager del Miami United.
La Miami calcistica pre-Beckham e pre-Messi. Iafrate: “Noi pionieri. Ma l’Inter Miami ci ha cambiato la vita in meglio”
Tony Iafrate Miami la conosce bene. Infatti, è stato un vero e proprio pioniere calcistico in Florida: “Sì. Pensa che Miami ha avuto una squadra professionale, il Miami Fusion, dove ha giocato Valderrama, fallita nel 2001, poi il Miami FC, ultima squadra dove ha giocato Romario. Il calcio torna in pianta stabile a Miami nel 2010 grazie a Roberto Sacca, fondatore e presidente del Miami United, squadra della quale sono il general manager. Poi io ho fondato il Miami Beach, portando Paolo De Ceglie, Bryan Perea ex Lazio”. Poi, l’avvento (parola non scelta a caso) di David Beckham. “Nel 2014 quando è stato annunciando l’arrivo di una squadra di MLS il calcio è cambiato in città, il calcio è esploso, con la volontà di giocatori di venire qua”. Beneficio totale in seguito alla nascita dell’Inter Miami. “Da un lato, l’Inter Miami ci ha privato del sogno di arrivare in MLS (il sistema calcio negli Stati Uniti funziona per franchigie, come nella NBA, ndr), ma dall’altra parte abbiamo beneficiato per il grande richiamo, quindi gli sponsor che non sono riusciti a entrare all’Inter Miami a cascata sono arrivati a noi, ma anche a livelli di giocatori: chi non ce la fa a entrare nel roster di Beckham, è felice di venire da noi. Siamo due società amiche. Ho conosciuto Beckham, persona umilissima. L’ho ringraziato perchè ci ha cambiato la vita in positivo“.
E pensare che non si sarebbe dovuta chiamare Inter Miami
L’Inter Miami, però, non si sarebbe dovuta chiamare così. Iafrate, infatti, racconta come l’idea di Beckham fosse un’altra: “La squadra di Beckham è nata nel 2018 e ha iniziato a giocare nel 2020. Noi siamo più anziani di loro. Il pool di avvocati di Beckham inizialmente provò a rilevare il nostro marchio: volevano chiamarsi Miami United. Alla fine non se ne fece nulla”.
“Messi è stato l’acquisto dell’MLS, non dell’Inter Miami”
Ma se già quello di Beckham fu un avvento, non ci sarebbero parole (senza risultare sacrileghi) per descrivere cosa sta apportando Messi. Iafrate continua nel racconto “Ciò che abbiamo vissuto con Beckham lo stiamo vivendo dieci volte tanto con Messi, senza esagerare“. Non soltanto a livello sportivo, ma anche a livello di comunità, l’arrivo della Pulce è stato fondamentale: “Miami è la città più latina degli Stati Uniti, l’unica dove la lingua spagnola è più parlata dell’inglese. Solo di argentini ce ne sono 150mila. Qui il calcio è il primo sport, è un polo di attrazione anche per le squadre estere per i ritiri”.
Tutto terreno fertile per il colpo più importante della storia dell’MLS. Un colpo non solo dell’Inter Miami, ma di tutta la lega, come raccontato da Iafrate: “Ti do un retroscena: Messi non lo ha comprato l’Inter Miami, ma l’MLS intera. Tutti gli owners hanno contribuito a pagare il contratto di Messi, che è di 54 milioni di dollari annui, più una grande percentuale su merchandisging Adidas e Apple TV, per arrivare a pareggiare le offerte ricevute dall’Arabia Saudita”. Una mossa quasi più di immagine, di marketing, che sportiva: “I proprietari pagano parte dell’ingaggio milioni, perchè del suo arrivo beneficiano tutti. I biglietti per gli stadi (ovunque si giochi) vengono esauriti, a prezzi elevatissimi (a Nashville, per la finale giocata e vinta di League Cup, i biglietti si aggirano dai 700 agli oltre mille dollari, ndr). Poi è chiaro, in qualsiasi squadra metti Messi il livello calcistico cresce, per osmosi. Questa è stata la mossa definitiva che mancava all’MLS per porsi tra le prime dieci leghe al mondo“.
MLS in crescita esponenziale: Messi ha rivoluzionato i diritti televisivi. Cosa manca? Aprire a promozioni e retrocessioni
L’arrivo di Messi incrementa e cavalca l’onda dell’ascesa del calcio negli Stati Uniti. “Ti dò un po’ di dati a supporto: il primo sport praticato dai bambini dai 6 ai 14 anni è il calcio: 25 milioni bambini. Il calcio femminile fa da padrone”. Altra questione non banale, la visibilità: “La MLS prima dell’arrivo di Messi aveva dei diritti televisivi molto modesti, neanche paragonabili alla lega scozzese . Adesso, grazie a lui, i diritti sono cresciuti, andando quasi a raggiungere quelli della Serie A. L’americano medio guarda il calcio, è un ottimo utente”.
A cosa è dovuta l’ascesa dell’MLS? A un progetto sostenibile. “In MLS non puoi giocare se non hai uno stadio a norma. Ci deve essere un progetto sportivo e di infrastrutture adeguato, sennò non è possibile creare la franchigia. Un peccato che non sia così anche in Italia: si creerebbe un indotto allucinante”. Adesso, il Mondiale è nel mirino degli Stati Uniti:”In occasione dei mondiali 2026 ci sarà un boom ancora più grosso di quello che ha portato Messi. Gli Stati Uniti già sono cresciuti molto. Ciò che gli manca per competere alle 5 grandi d’Europa è aprire a promozioni e retrocessioni. Questo il loro più grande handicap, perchè il calcio non si vive come sport democratico, manca l’adrenalina e le polemiche. Ancora troppo showtime”.