“Mi chiamano piccolo Ibra…”. Dai corteggiamenti di Milan, Inter e Villarreal ai gol per la Cavese: la storia di Martiniello
“Mi chiamano piccolo Ibra…”. Stagione da incorniciare, per chi ha sfiorato il paradiso e si è ritrovato nell’inferno del dilettantismo con la voglia e la carica giusta per riemergere dal basso. Doppietta anche contro la Sarnese per Antonio Martiniello, bomber della Cavese, 12 gol in 20 partite nel girone H della serie D. Talento sprecato per la categoria il “piccolo Ibra”, che già a 16 anni mostrava qualità e caratteristiche da predestinato. Il soprannome se l’è guadagnato nelle giovanili della Salernitana, dove tra Allievi Nazionali e Berretti ha messo a segno 55 goal in due stagioni. Primi calci nella squadretta vicino casa, il Real Carinaro, poi 4 anni con i granata. Forza fisica, abilità nel gioco aereo, fiuto del gol e grande spirito di sacrificio: Milan, Inter, Villarreal, Bologna, Chievo, Nizza, Fiorentina… Erano tutte pazze per Antonio, ma Lotito non ne volle sentire. Era il futuro centravanti della Lazio nei suoi pensieri, dopo tre stagioni non è andata proprio così. E Martiniello? Timido ma determinato, ha saputo ricostruire le motivazioni e il morale per la stagione del rilancio definitivo. Troppo stretta la serie D per lui e per la Cavese: entrambi vogliono salire mano nella mano.
“Poche domande, ti prego: non sono preparato…” – attacca subito Antonio ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – “Come è nata la storia con la Cavese? Dalla passata stagione, stavo ancora a Campobasso quando mi arrivò la chiamata del nostro allenatore che mi chiese la disponibilità a sposare questo progetto. All’inizio ho tentennato, perché la piazza è importante e avevano preso già qualche attaccante e io avevo necessità di giocare per rilanciarmi. All’ultimo giorno di mercato ho detto sì, nonostante le offerte di Nardò e Manfredonia che mi davano maggiori garanzie. Per fortuna, toccando ferro, fino a questo momento sta andando tutto bene. La piazza è fantastica, i tifosi ti riconoscono, ti riempiono d’affetto, i bambini ti chiedono l’autografo e i selfie. Tutte cose positive e il mio rendimento in campo ne ha giovato”.
Di fronte il Potenza di Carlos Franca, testa a testa appassionante: credete nella promozione diretta? “Società, giocatori e tifosi ci credono fermamente. Come ha più volte detto il nostro presidente, siamo un grande gruppo, affiatato, tutti remano nella stessa direzione: non molleremo un centimetro. Il Potenza è un osso duro, gioca bene, c’è grande entusiasmo lì e hanno Franca che è un esempio per tutti i giovani attaccanti: ogni anno segna valanghe di gol. Ma non siamo da meno e vogliamo giocarci le nostre possibilità fino all’ultima giornata. Questo club non ha nulla a che fare con la serie D e non lo dico solo io: dobbiamo riportarlo nel professionismo”.
Qual è la tua situazione contrattuale? “Mi sono svincolato dalla Salernitana lo scorso anno e adesso sono della Cavese: voglio indossare questa maglia tra i professionisti. Ho giocato la serie C ad Aversa, ma per un ’96 nel 2013 era difficile trovare spazio tra i grandi: però in due stagioni ho fatto 16 presenze che vista l’età non è poco. L’anno scorso, diviso tra Aversa Normanna e Campobasso, ho messo a segno 7 gol in 20 presenze. Quest’anno ho quasi raddoppiato la quota nello stesso numero di presenze, sento che può essere la stagione giusta per la svolta. Sono stato uno dei primi a firmare, insieme a Vincenzo Marruocco: era il 31 di luglio. La squadra è stata allestita in tempo record e quindi vanno fatti grandi complimenti al presidente Fariello e al ds Raffaele Sergio”.
Il soprannome, “piccolo Ibra”, da dove nasce? “Mi è stato messo a Salerno, per la mia stazza fisica e perché esulto sempre come lui. E perché facevo tanti gol… Fui portato alla Salernitana dal direttore del Real Carinaro, Luciano Lisbona: era la mia prima squadra. In granata ho trascorso cinque anni bellissimi e gli sarò eternamente grato. Sono sempre stato tifoso del Milan, fin da piccolo, perché lo era mio zio, morto in campo a 13 anni: giocava nelle giovanili del Torino. Mia madre decise di chiamarmi come lui e io di acquisire questa passione speciale per il Milan. Da lì è nato anche l’amore calcistico per Zlatan Ibrahimovic, il mio idolo”.
Nel 2012 il provino fallito con il Napoli, nonostante l’ottima impressione destata: come mai? “Eh… me lo chiedo ancora. L’allenatore Liguori mi voleva fortemente, nonostante fui schierato come centrocampista centrale in tutte le partite del torneo disputato in provincia di Benevento. Saltò tutto e ancora non so il perché, da lì presi la decisione di firmare per la Salernitana con il direttore Angelo Belmonte. Feci diversi allenamenti con la prima squadra dove c’erano Pasquale Foggia, Massimo Coda, Alfredo Donnarumma, Zito, tutti grandi giocatori e persone da cui imparare tanto: mi volevano bene. Interessi delle big? Mi riempì di orgoglio e mi fece un enorme piacere, ma alla fine non ci furono offerte concrete: il mio sogno era il Milan, sarebbe stato il massimo”.
Quali sono i tuoi punti di forza e dove credi di dover migliorare? “C’è sempre da migliorare, in tutto. Penso che i miei punti di forza siano la capacità di difendere il pallone spalle alla porta, la capacità di attaccare la profondità e di partecipare al gioco della squadra e infine il gioco aereo. Tecnicamente posso e devo migliorare ancora tanto, ma per fortuna riesco a buttarla sempre dentro. Alla fine conta quello, Pippo Inzaghi insegna… (ride). Mi sono sempre dedicato al calcio, quindi ho imparato con il tempo cosa mi fa rilassare e trovare la concentrazione e cosa no. Leggo libri, sto con mio nipote, gioco alla play-station, esco con gli amici. E poi tante canzoni napoletane. Tutte cose tranquille, che mi permettono di arrivare poi al campo con la mente sgombra e le energie giuste. Tatuaggi? Quelli importanti li devo ancora fare. Speriamo presto… (ride ancora)”.
Quali sono i tuoi obiettivi? “Spero di fare ancora tanti gol per vedere felici i nostri tifosi, magari in rovesciata: mi riuscì soltanto nelle giovanili della Salernitana. Non c’è soddisfazione più grande per chi arriva allo stadio con un panino, sotto sole, pioggia, vento e qualsiasi condizione climatica, di regalargli la gioia di una vittoria. Se riusciamo a fargli iniziare la settimana con un sorriso siamo felici anche noi. Poi se mi permetti lancio un appello a Ibra e Lorenzo Insigne: aspetto la vostra maglia, siete i miei idoli. In futuro spero anche io di arrivare ai loro livelli”. Per ora è Antonio Martiniello, il “piccolo Ibra”, terrore delle difese di serie D.