Mattia Valoti, una doppietta per rialzare il Verona. Nel nome di papà Aladino, eroe del Bentegodi negli anni ‘90
Due zampate per tornare a credere della salvezza. Una per tempo, quanto basta per piegare il Torino e ridare speranza al Verona. Mattia Valoti ha scelto il momento giusto per trovare la prima doppietta in serie A. Lo ha fatto alla fine di una settimana speciale, quella in cui ha deciso di legarsi al club del presidente Setti fino al 2021. Dal rinnovo al rinascimento gialloblù in pochi giorni, il premio per un ragazzo del ’93 che in questi mesi ha pedalato duro anche nei momenti più difficili.
Virtù di famiglia, perché suo zio Paolo è stato un professionista del ciclismo fra il ’96 e il 2006. Gregario di Bugno, qualche vittoria importante – la coppa Bernocchi su tutte – oggi è sceso dalla bici e si è messo a correre maratone. Sacrifici, come quelli fatti per tutta la vita, col pallone fra i piedi, da suo fratello Aladino, padre di Mattia. Una vita a fare il motorino di centrocampo in serie B. Fatica tanta, glorie saltuarie. Alcune però indimenticabili, come la promozione in serie A col Verona nel ’96. Mattia aveva solo 3 anni, pochi per averne memoria.
Meglio rinfrescarla con una nuova promozione, il 18 maggio scorso a Cesena. Mattia in campo, papà Aladino in tribuna, come qualche mese prima a Ferrara: Spal-Verona 1-3, doppietta e assist del figlio e nipote d’arte. Un nuovo Valoti protagonista, la conferma del talento di un ragazzo cresciuto in fretta. Le giovanili all’Albinoleffe, dove il padre iniziava la carriera di direttore sportivo – oggi è al Sudtirol – poi il passaggio nella Primavera del Milan, quella con Cristante e Ganz in campo e Dolcetti in panchina. Allegri, all’epoca allenatore della prima squadra rossonera, lo studiava con attenzione, affascinato da quel mix di atletismo e tecnica, un po’ Montolivo, un po’ Pastore.
Un assaggio del grande calcio, qualche amichevole con i grandi, poi il ritorno nell’Albinoleffe, dove intanto sbocciava il talento di Andrea Belotti. Anche per Mattia era il momento di fare il salto. Il ds del Verona Sean Sogliano crede in lui, Mandorlini lo lancia in serie A. Salto triplo, nessuna paura. Il 10 gennaio del 2015, l’allenatore gli predice il primo gol in serie A. “Col Parma me la risolverai tu”. Il giorno successivo Mattia entra in campo a venti minuti dalla fine. Pochi secondi dopo regala a Toni l’assist del 2-1. E, ovviamente, al 90’ Mattia trova la prima gioia personale. Un trionfo celebrato con un lungo abbraccio al suo “veggente”.
Dieci presenze in tutto, poi via per altri due giri di gavetta, prima a Pescara poi a Livorno. Tappe necessarie per crescere e tornare in gialloblù, in tempo per l’assalto alla serie A. Pedina fondamentale del centrocampo di Fabio Pecchia, sia da centrale sia da esterno. Una stagione chiusa in gloria nella notte di Cesena: 22 presenze, 3 reti e 8 assist.
Quest’anno non aveva ancora trovato il gol. Oggi ci è riuscito. Due reti per avvicinare il Verona a due punti dalla quartultima. Il fratellino Alessandro, inseparabile portafortuna, avrà gioito più di tutti. Papà Aladino, che ieri ha bloccato il Padova col suo Sudtirol, ha di che essere felice. Lui di gol ne faceva pochi. Uno, quando giocava nel Piacenza, chiuse la carriera milanista di Óscar Tabarez. Era il dicembre del ‘96. Pochi mesi prima aveva vinto un campionato a Verona. Mattia aveva 3 anni. Come nel giorno di quella promozione.
Più di vent’anni dopo il Bentegodi grida ancora lo stesso cognome.