Matheus Pereira, detto Pirulão: tanta classe e un soprannome da evitare
La Copa São Paulo, più conosciuta come Copinha, in Brasile è un evento capitale. In un Paese che ha sempre puntato sullo sviluppo dei settori giovanili e dei talenti, quel torneo unisce speranze di futuri trionfi e desideri di importanti guadagni, oltre al gusto tipico di chi ama il calcio in qualsiasi posto del mondo di scovare i futuri campioni prima che diventino dei fenomeni affermati. Per questo nella finale del 2016, dopo il vantaggio per 2-0 sciupato da una rimonta subita e da rigori sciagurati, il giovane Corinthians è stato pesantemente criticato dai suoi tifosi.
E il più bersagliato dalla caldissima Fiel, la torcida del Corinthians, è stato Matheus Pereira. Il talento più brillante. Eppure Pirulão, come viene soprannominato per il suo fisico slanciato, aveva tradito il Timão nel momento decisivo: aveva segnato il secondo gol, ma poi aveva fallito il suo calcio di rigore regalando la Copinha agli odiati rivali del Flamengo. E lo aveva fatto con una cavadinha, col cucchiaio, finito fuori. Un espressione di coraggio e talento venuta male che aveva attirato altre critiche su di lui, accusato di esser diventato uno spaccone nello spogliatoio dei ragazzini suoi compagni di squadra e di trattarli male da quando di lui si era cominciato a parlare come di un potenziale fenomeno.
Numero 10 dell’Under 17 brasiliana, vincitore di moltissimi titoli a livello giovanile in giro per il mondo con il Corinthians, dal Giappone, a Singapore, alla Spagna dove affrontò anche il Barcellona, Matheus Pereira, che non ama esser chiamato Pirulão, è stato protagonista di ulteriori polemiche. Quella tra i suoi procuratori e altri soci del Corinthians. Il suo cartellino, infatti, venne venduto per il 95% agli agenti, legati all’ex presidente Andrés Sanches, per aiutare il club a ripianare debiti. E una volta uno degli uomini da lui scelti per curare i suoi interessi lo portò via dal Brasile a insaputa di tutti per farlo conoscere a Marcelo Bielsa, che si innamorò delle sue doti ma poi non fece in tempo a portarlo al Marsiglia prima di andarsene. La sua situazione venne paragonata a quella di Malcom, passato al Bordeaux senza lasciare grandi ricchezze nelle casse del Corinthians. E in effetti allo stesso modo, e senza praticamente neanche arrivare in prima squadra, il più promettente dei giovani del Timão ha cambiato il bianconero della squadra brasiliana per quello della Juventus. Sognava di diventare un punto di riferimento in Brasile e di entrare nella storia della società che lo aveva lanciato, prima di fare il salto verso l’Europa. Ma forse, viste tutte le chiacchiere sorte su di lui dopo quel cucchiaio amaro, il suo arrivo in Italia sarà la mossa vincente per non sentire mai più quel sapore triste e trasformarsi da promessa in realtà.
Rosario Triolo
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