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Massese, Paolo Fusco: “Potevo morire, ho lottato guardando mio figlio e ora spero di tornare a fare gol insieme a Ibra”

Ci sono cose che non si possono spiegare, che sembrano impossibili, che non hanno nessuna razionalità. Però a volte succedono. Paolo Fusco poco più di una anno fa era a terra con l’osso del collo spezzato di netto dopo un terribile incidente con il suo scooter, oggi festeggia il ritorno al calcio con la sua Massese e anche i primi minuti giocati con la Juniores: “Sto abbastanza bene, non sono troppo limitato nei movimenti ma ancora lontano dal top della condizioneracconta in esclusiva ai microfoni di gianlucadimarzio.comLavoro tanto senza darmi scadenze e vediamo quel che viene, quando l’allenatore deciderà e mi riterrà pronto potrò aiutare i miei compagni in prima squadra“. Paolo ha vinto la sua partita più importante, ha vinto in un campo dove è difficile, quasi impossibile, fare gol ma lui ce l’ha fatta, per se stesso e per chi gli ha dato la forza di andare avanti: “Guardavo negli occhi mio figlio e dovevo andare avanti per lui. Non ho mai perso conoscenza, anche quando ho fatto l’incidente volevo alzarmi per andare da mio figlio ma non potevo neanche alzarmi o muovermi. Dico grazie a lui, a mio padre e a mia madre, anche loro sono stati la mia forza. Ho capito tante cose, il significato di essere figlio e quello di averne uno”.

Un lavoro straordinario, una forza di volontà fuori dal normale e una smisurata dignità stanno aiutando questo ragazzo di 33 anni a ritrovare tutte quelle sensazioni che “solo quel campo verde ti sa regalare“. Paolo Fusco è un attaccante che conosce bene il suo mestiere, ha segnato tanto in D e non solo e adesso “spero di tornare a fare gol come prima. Aver la possibilità di farlo a casa mia, dove sono cresciuto, è davvero il massimo. Ho i migliori stimoli e indossare questa maglia è un sogno, un orgoglio.” Si tratta di un ritorno, 30 presenze e 11 reti nel 2014-2015, ma questa volta ci sono mille valori in più, magari aiutare la Massese a volare ancora, nelle ultime 5 partite i suoi compagni hanno portato a casa 4 vittorie e un pareggio: “Si siamo contenti, è periodo molto positivo. Speriamo continui“. In panchina c’è Cristiano Zanetti, uno che il calcio lo conosce bene: “L’ho già avuto. E’ un allenatore che ci tiene al suo lavoro, vuole far bella figura. E’ molto scrupoloso, sa di calcio. E’ giovane ma può sicuramente dare tanto anche perché ha un grande bagaglio di esperienza. Può ambire a categorie maggiori.” Un percorso, quello di Paolo, che ancora non si è completato ma con la dedizione e la pazienza lo rivedremo segnare come ha sempre fatto: “Sto facendo quasi tutto con la squadra, ai miei ritmi, il tecnico mi lascia libero di gestirmi. Faccio due allenamenti al giorno, 1 da solo e uno con la squadra. L’obiettivo era porter tornare a fare quello che più mi piace e, dai, ce l’ho quasi fatta. Non ho limitazioni funzionali, i fattori esterni che potevano influire sul mio rientro sono arrivati. Ora sta a me. Non ho idea di quanto ci vorrà e non ci penso neanche”.

Una storia, quella di Paolo Fusco, dove il calcio è parte fondamentale ma dove c’è molto altro. C’è vita, dolore, sacrificio: “Quello che mi è successo è talmente strano che a volte non so spiegarmelo nemmeno io. Però mi ha insegnato tanto. La vita è davvero un attimo, chi non lo prova non lo capisce come non lo capivo io prima. Io ho un bimbo e questa cosa mi ha cambiato radicalmente anche il rapporto con mio figlio. Ti godi tutto e provi a trasmettere a lui un po’ di roba essenziale che la vita ti può regalare“. Queste esperienze sono quelle che ti segnano, nel bene e nel male, ma se riesci a raccontarle ne prendi solo il buono: “Non ricordo nulla dell’incidente. Ricordo l’ospedale ma è come se non l’avessi vissuta io. Forse le ho rimosse ma so bene quel che ho passato. Sapevo che sarebbe stato transitorio, di certo sono stato fortunato. Per quel che mi è successo la normalità era morire, o al più restare paralizzato dal collo in giù“. Per fortuna c’era il calcio: “I dottori dicevano ai miei genitori che l’esser allenato, l’aver un fisico sportivo, mi avrebbe aiutato“. E così è stato. Quel pallone Paolo non l’ha mai abbandonato, e di contro il pallone l’ho ha sempre aiutato. Da piccolo mentre si affacciava alla vita e sognava di diventare un calciatore guardando “Baggio che era il mio idolo“, e ora quando alla vita ci voleva tornare, quando doveva lottare per tornare a fare ciò che ama: “La storia di Acerbi mi ha dato tanto forza. E poi c’è lui, Ibra. Ibrahimovic per me è un dio. Quando si ruppe il crociato mi dissi se ha fame lui perché non devo averla io… Sognavo di rientrare più o meno nel suo stesso momento… Diciamo che l’abbiamo fatta.” Sì perché Zlatan sette mesi dopo l’infortunio ai legamenti del ginocchio è tornato in campo così come sta facendo Paolo. “E’ stato un giorno speciale. Non avevo paura, perché so quanto ho lavorato duro, i sacrifici che ho fatto. Era la mia testa a dirmi le cose da fare, ho seguito lei. Non ho mai temuto di non farcela, perché i leoni recuperano in modo diverso rispetto agli umani“. Queste le parole di Ibrahimovic subito dopo il suo ritorno in campo. Ci piace immaginare le abbia dette pensando a Fusco perché per una volta, solo una, ma quella più importante Zlatan e Paolo hanno vinto insieme.